World Alzheimer Report: le sfide per migliorare la vita dei malati e delle famiglie
Secondo l’Oms, sono 55 milioni le persone che nel mondo convivono con la patologia, ma nel prossimo trentennio cresceranno fino a 150 milioni di casi. Servono risorse per la gestione delle cure e per il supporto dei familiari.
di Andrea Stefanoni
È stato presentato il 21 settembre, in occasione della Giornata mondiale dell’Alzheimer, il World Alzheimer Report 2022 “Life after diagnosis: Navigating treatment, care and support” a cura dell’Alzheimer’s desease international (Adi). Con lo scopo di sensibilizzare e dare consapevolezza, il rapporto, composto da 119 saggi in 24 capitoli, analizza nel dettaglio la situazione attuale, affrontando le diverse criticità riscontrate in tutto il processo che va dalla diagnosi della malattia ai vari trattamenti e interventi di supporto conseguenti. Un lavoro al quale hanno contribuito le personalità mondiali più autorevoli in materia che, come ha sottolineato Paola Barbarino, Ceo dell’ Adi, non si limita a dare un quadro delle problematiche legate alla patologia e in particolare alle difficoltà riscontrate dalle persone affette dalla patologia, ma presenta “l’intera gamma di idee, soluzioni alternative, strategie e strumenti disponibili, ad oggi, per dare modo ai professionisti del settore di migliorare la vita delle famiglie dopo una diagnosi”.
Le problematiche principali. Alcune delle questioni chiave sono lo scarso, se non del tutto assente, sostegno a chi segue il paziente nel suo percorso post-diagnosi, nella mancanza di informazioni e di linee guida da seguire per il trattamento della malattia durante il suo sviluppo e nella mancanza di strumentazioni adeguate. Queste problematiche sono maggiormente rintracciabili nei Paesi a basso reddito, ma non solo. Un sorprendente numero di persone intervistate, affette dalla patologia, ha dichiarato che, oltre alle scarse informazioni ricevute immediatamente dopo la diagnosi, non ha ricevuto alcun tipo di supporto (circa il 45% dei pazienti nei Paesi a basso reddito e il 37% in quelli a reddito medio-alto). Più della metà degli intervistati ha sottolineato l’assenza di un piano di cura personalizzato che lo segua durante lo sviluppo della propria condizione.
Un piano d’azione globale. “Un supporto da parte delle istituzioni”, ha dichiarato Maikutlo Palesa Mabille, fondatrice della Maikutlo Mabille Alzheimer’s Foundation (Mmaz) in Botswana, “non è mai stato necessario come in questo momento per le persone che convivono con la demenza e per chi se ne prende cura”. Secondo il Rapporto, è doveroso continuare a promuovere, rendendolo il più operativo possibile, il piano di azione globale ( Global action plan on the public health response to dementia 2017-2025) sviluppato dall’Oms che porti le istituzioni a dare il giusto risalto e la dovuta centralità alla diffusione di informazioni riguardanti la patologia, per permettere delle diagnosi precoci e rallentare lo sviluppo delle problematiche che ne conseguono. Diventerà fondamentale fornire gli strumenti necessari a chi assiste le persone colpite da demenza: trattandosi nella maggior parte dei casi di familiari, in particolare nei Paesi a basso reddito, sprovvisti di un’adeguata formazione e di qualsivoglia tipo di supporto, sono soggetti a un drastico peggioramento della loro qualità di vita. La scarsità di informazioni, di strumenti e di adeguati sostentamenti economici può portare verso un graduale deterioramento della vita, privata e sociale, dei caregiver.
La testimonianza. “La vita cambia drammaticamente quando la demenza viene a farti visita, quindi se non sei preparato o non possiedi mezzi di accesso alle informazioni, supporti, o consigli medici, la vita diventa un circolo vizioso, come trovarsi nella ruota di un criceto”, ha dichiarato Carmel Geoghegan nel saggio in cui racconta l’esperienza vissuta con sua madre, alla quale erano state diagnosticate demenza vascolare e demenza frontotemporale. Una diagnosi tardiva e la mancanza di informazioni ricevute hanno relegato le due donne in una situazione di confusione e isolamento. Durante il racconto, Geoghegan sostiene che “la vita sarebbe stata molto più facile se, al momento della diagnosi, ci avessero dato qualche informazione e supporto che ci aiutassero a capire il significato della diagnosi e cosa avremmo dovuto fare per aiutare i nostri cari a condurre la miglior vita possibile”.
Le previsioni future devono far riflettere. Si stima che nei prossimi trent’anni il numero di persone affette da demenza (55 milioni) potrebbe triplicare rispetto ad oggi, raggiungendo i 139-150 milioni nel 2050. Occorre fornire informazioni, risorse e strumenti per la gestione della cura in ogni stadio della malattia, progredendo verso un approccio che sia centrato sulla persona assicurandole il miglior tenore di vita possibile.