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Medicina di genere: il piano c'è, ma nessuno ne parla

La pandemia ha mostrato l'importanza di avere azioni di cura più mirate in base al genere delle persone, eppure l'attuazione del documento approvato nel 2019 sembra ferma al palo.

di Annamaria Vicini

La campagna vaccinale è entrata nel vivo senza che qualcuno dei tanti esperti che quotidianamente elargiscono pareri e consigli al riguardo si sia mai espresso sulle differenze di genere dei vaccinati o vaccinandi e sulle possibili conseguenze che questo comporta.

D’altro canto le notizie di reazioni avverse (e in alcuni casi mortali) – di cui una verificatasi recentemente – su persone vaccinate appartenenti al genere femminile vengono lasciate cadere addosso alla popolazione sempre più disorientata come se si trattasse di fatti accidentali, imprevedibili e inesplicabili.

Ma è proprio così?

Nel Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere del ministero della Salute risalente all’anno 2019, vengono ampiamente analizzate le differenze di genere in diversi ambiti: malattie cardiovascolari, neurologiche, dell’osso, psichiatriche, respiratorie, autoimmuni, dermatologiche, metaboliche, oncologiche, infezioni virali e batteriche, in pediatria e nei disordini dello sviluppo sessuale.

Riguardo ai vaccini poi si dice:

E’ noto che le donne sviluppano risposte immunitarie innate e acquisite, sia umorali che cellulo-mediate, più intense rispetto agli uomini. Questo si riflette in una diversa risposta ai vaccini nei due sessi: nelle donne si raggiungono titoli di anticorpi protettivi in risposta ai vaccini significativamente più elevati che negli uomini. Tuttavia, le donne manifestano più spesso reazioni avverse ai vaccini. Infatti le segnalazioni pervenute all’Aifa di reazioni avverse per soggetti femminili sono circa il doppio di quelle registrate per il sesso maschile; tuttavia bisogna tenere conto che questo dato risente, oltre che del fatto che la popolazione femminile è più numerosa di quella maschile, anche di una possibile influenza di fattori biologici, ormonali e genetici non ancora completamente definiti, e di una maggiore attenzione che le donne hanno al proprio stato di salute che comporta, quindi, una maggiore attitudine all’osservazione di reazioni avverse ai farmaci. Gli ormoni sessuali, fattori genetici ed epigenetici e la diversa composizione del microbiota hanno un ruolo chiave e possono influenzare le risposte immunitarie e l’outcome della vaccinazione negli uomini e nelle donne. La scoperta dei meccanismi coinvolti contribuirà ad identificare le modalità per ridurre le reazioni avverse ai vaccini nelle donne e ad aumentare la risposta immunitaria negli uomini.

Aspetti che non possono essere considerati certamente irrilevanti ma che tuttavia passano sotto traccia non essendo mai direttamente affrontati dagli esperti, i quali pure sono continuamente sollecitati a esprimersi sia dai governanti per essere indirizzati nelle loro decisioni che dai mezzi di informazione.

Forse perché la campagna vaccinale, partita tra grandi difficoltà e notevoli differenze tra regione e regione, ha dovuto di necessità trascurare queste differenze ritenute secondarie a fronte dell’obiettivo più generale del raggiungimento di un’immunità di gregge?

Il Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere che, ricordiamolo, esiste dal 2019 (in attuazione dell’articolo 3, comma 1, Legge 3/2018) consta di una sessantina di pagine suddivise in due parti: nella prima si affronta il problema da un punto di vista teorico, mentre nella seconda si elabora una vera e propria strategia di governance.

L’obiettivo generale è quello di “promozione e sostegno della ricerca biomedica, farmacologica e psico-sociale basata sulle differenze di genere e trasferimento delle innovazioni nella pratica clinica”.

Tali innovazioni andrebbero poi traslate, secondo gli obiettivi più specifici, nel Sistema sanitario nazionale “in ambito preventivo, diagnostico, terapeutico e organizzativo”. 

Molto complicata la strategia di governance (è anche questo il motivo per cui l’attuazione del Piano sembra ferma al palo?), che prevede tra l’altro la nomina di un referente regionale e di un gruppo tecnico, sempre a livello regionale, per la Medicina di Genere.

E’ prevista anche l’istituzione di un Osservatorio, con l’obiettivo di “assicurare l’avvio, il mantenimento nel tempo e il monitoraggio delle azioni previste dal Piano, aggiornando nel tempo gli obiettivi specifici in base ai risultati raggiunti”.

L’Osservatorio, composto da una quarantina di referenti di varie istituzioni capitanati dal presidente dell’Istituto superiore di sanità, dottor Silvio Brusaferro, risulta costituito il 18 marzo 2021.

Quindi dalla previsione alla sua effettiva costituzione sono passati tre anni.

È pur vero che di mezzo c’è stata una pandemia, ma è anche vero che la stessa pandemia ci ha indicato che è di fondamentale importanza avere studi, sperimentazioni e conseguenti azioni di prevenzione e cura più mirati in base al genere delle persone.

Forse è il caso di accelerare, magari prevedendo un maggiore snellimento per quanto riguarda numero e tipologia degli attori coinvolti.

 

di Annamaria Vicini, giornalista pubblicista, ha collaborato con alcune delle maggiori testate nazionali e cura un blog di successo. Ha fondato l’associazione CoderMerate, che promuove l’insegnamento del coding e della robotica educativa a bambini e adolescenti. Ha pubblicato il romanzo Non fare il male, e l’eBook Abbracciare il nuovo mondo. Le startup cooperative.

martedì 22 giugno 2021