De Angelis: "Servono norme antisismiche per le reti strategiche"
Dopo la presentazione del nuovo acquedotto antisismico marchigiano il presidente di Earth Water Agenda ha espresso la necessità di introdurre leggi antisismiche anche per le reti infrastrutturali. Come si muoverà il Parlamento?
di Claudia Balbi
Partendo dal presupposto che l'Italia è un paese in cui il rischio sismico è rilevante, con 708 Comuni in zona sismica 1, la più pericolosa, e 2345 in zona 2, a rischio di eventi di magnitudo medio-alta, la sicurezza sismica nel nostro paese dovrebbe essere un tema all'ordine del giorno per la politica oltre che per la collettività. In occasione della presentazione del progetto dell'acquedotto antisismico marchigiano, il primo in Italia, avvenuta presso l'università La Sapienza di Roma, mercoledì 20 marzo scorso, il tema è tornato al centro del dibattito. Organizzata da Utilitalia, alla presenza del Capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, del Commissario alla ricostruzione post sisma 2016, Guido Castelli e di Luigi Ferrara, il Capo dipartimento di Casa Italia, l'iniziativa è stata l'occasione per parlare dell'opera dal punto di vista tecnico ma anche per lanciare la richiesta di estendere l'antisismica il più possibile in tutte le reti strategiche, in particolare in quella idrica.
“Nella normativa nazionale che riguarda la sicurezza sismica c'è un vuoto” dichiara Erasmo D'Angelis, presidente della Fondazione Earth Water Agenda presente all'iniziativa. “Per quanto riguarda l'edilizia infatti ci sono degli obblighi che poi spesso non vengono rispettati (abbiamo tra i 4 e i 5 milioni di edifici sui 12 milioni complessivi a rischio lesione o crollo). Almeno nelle aree più sismiche la normativa obbliga l'edilizia ma non norma le reti strategiche a partire da quella dell'acqua”. La conseguenza è che dopo ogni sisma si assiste a quella che D'Angelis definisce “una follia tutta italiana”, cioè “vedere dopo ogni terremoto anche non di una gravità e una magnitudo eccezionali, frane sismoindotte, acquedotti devastati e autobotti ferme in servizio per mesi”.
L'assurdo è che di questo tema non se ne sia ancora parlato né a livello europeo, perché il problema tra i 27 paesi è sentito soprattutto da Italia e Grecia, né a livello nazionale. Ecco quindi che l'evento dedicato al primo acquedotto in corso d'opera in Italia, nelle Marche, vuole fungere da stimolo: “un'opera per spingere l'Italia a superare questa frontiera” afferma D'Angelis. L'acquedotto, che con i suoi 300 km di reti arriverà a coprire circa metà delle Marche, andrà proprio a sostituire quello danneggiato dai terremoti avvenuti nella Regione tra il 2016 e il 2017. Proprio in queste zone dove dopo ogni sisma si è sempre spaccato l'acquedotto, i cittadini sono sempre stati per mesi e per anni in condizioni di emergenza idrica, finalmente dopo questi terremoti, grazie alla collaborazione tra l'Autorità di bacino dell'Appennino del Centro Italia e la protezione civile, si è arrivati a decidere di “non far fare il solito rifacimento della rete ma di riorganizzare tutta le rete con tecniche antisismiche” spiega D'Angelis.
La storia del nuovo acquedotto parte nel 2018: “Siamo partiti con un primo finanziamento di 27 milioni del Ministero delle Infrastrutture per un primo tratto. L'acquedotto è quello del fiume Pescara, ha una notevole complessità perché preleva acqua da diverse fonti, e col tempo si sono aggiunte delle interconnessioni di area (interconnessione degli acquedotti di diverse aree marchigiane provinciali). Ad oggi l'infrastruttura vale circa 500 milioni di investimenti complessivi per 300 km di reti con una trentina di impianti di sollevamento acqua, di spinta” spiega D'Angelis.
L'opera è ambiziosa: al momento sono stati costruiti una trentina di chilometri di tubature che attraversano 90 Comuni marchigiani tra cui ci sono Arquata del Tronto e altri centri devastati dai sismi del 2016-2017. “Si tratta di zone montuose, è un'opera complessa – spiega ancora D'Angelis – in gran parte infatti viene realizzata all'interno di gallerie”. Secondo la pianificazione i lavori andranno avanti ancora per tre anni e dovrebbero terminare tra il 2027 e il 2028, ma, come ricorda ancora D'Angelis “man mano che si concluderanno nuovi tratti l'opera potrà entrare in funzione”. Ora, continua il presidente di Earth Water Agenda, “servono nuovi finanziamenti per completare l'intero tratto ma soprattutto serve inserire una norma nelle costruzioni post-sisma che preveda per le infrastrutture strategiche l'obbligo dell'antisismica. Questo a protezione dell'opera e anche delle Stato che non può continuare a intervenire, anche perché si spende molto di più a riparare che a farle resistenti”. Non resta che attendere l'interessamento al tema da parte del Parlamento.
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