Esseri umani e macchine: quale ruolo nel futuro delle traduzioni?
Nell’ultimo decennio i progressi della tecnologia hanno cambiato il modo in cui viene eseguita la traduzione, ma restano ancora problemi da superare. I flussi di lavoro dei traduttori potrebbero spostarsi verso altre attività.
di Andrea De Tommasi
Le grandi aziende tecnologiche sono in forte concorrenza tra loro per sviluppare macchine in grado di generare una quantità di traduzioni in quante più lingue possibili. Soprattutto negli ultimi anni, la qualità della traduzione automatica è notevolmente migliorata grazie al supporto delle tecnologie di intelligenza artificiale, ma è ancora tutt’altro che perfetta. I traduttori professionisti potranno ancora occupare il centro della scena?
Una breve storia
Il concetto di traduzione automatica è stato proposto per la prima volta da Warren Weaver nel 1947, appena un anno dopo lo sviluppo del primo computer. Nel 1954 la Georgetown University, con la collaborazione dell’Ibm, completò per la prima volta un esperimento di traduzione automatica russo-inglese utilizzando il computer Ibm-701: il sogno della traduzione automatica era diventato realtà. Ma la ricerca continua e vengono lanciate varie società di traduzione automatica, tra cui Trados nel 1984, che è la prima a sviluppare la tecnologia delle memorie di traduzione. Nel frattempo, con la diffusione di Internet, la necessità di comunicazione a livello internazionale cresce a un ritmo senza precedenti. Si affermano due paradigmi principali nel settore. Il primo è la traduzione automatica basata su regole (Rbmt) e il secondo, dominante fino a poco tempo fa, è la traduzione automatica statistica basata su frasi (Smt). Gli ultimi anni fanno registrare progressi significativi in particolare con la ricerca di Google sulla traduzione automatica neurale (Nmt), che insegna al software a tradurre utilizzando una tecnologia di apprendimento automatico basata su reti artificiali.
Ma qual è la realtà della traduzione automatica e dell'intelligenza artificiale sul campo?
“Basandoci sulla nostra esperienza, possiamo dire che le macchine sono quasi in grado di tradurre come gli esseri umani, ma nonostante questo non saranno mai perfette”, dichiara a Futura network Marco Trombetti, computer scientist e imprenditore seriale, co-fondatore di Translated. “Quando diamo a un traduttore professionista un lavoro di un altro professionista da rivedere, questi corregge circa l’11% del documento. Ciò è dovuto al fatto che ogni traduttore ha un’estrazione specifica e un modo proprio di affrontare le traduzioni. Se allo stesso professionista diamo il lavoro di una macchina, il professionista corregge mediamente il 22% per cento delle traduzioni, e questo ci dice che non siamo tanto lontani dall’avere una traduzione automatica della stessa qualità di quella operata da professionisti del settore. Se poi guardiamo a quello che ha fatto Airbnb, ovvero rimuovere il bottone ‘traduci’ dai contenuti generati dagli utenti per offrire direttamente la traduzione dell’intelligenza artificiale, questo ci dimostra che la qualità della traduzione automatica è oggi perfettamente funzionale e affidabile”. Nato nel 1999, Translated serve piattaforme tecnologiche globali e piccole e medie imprese a livello internazionale: “Con ModernMT (software proprietario di traduzione automatica neurale adattiva, ndr) Translated è stata pioniera di un approccio che ci ha consentito di raggiungere in poco tempo una qualità della traduzione automatica molto vicina a quella svolta dai professionisti. ModernMT impara dalle correzioni e si adatta al contesto. Questa è a nostro avviso la strada da percorrere per migliorare ancora di più la traduzione automatica”.
Problemi da superare
Nel 2020, la traduzione automatica neurale è stata in grado di tradurre istantaneamente i testi con una precisione del 60-90%, il che significa che serve ancora uno sforzo da fare a livello di editing e ricerca di qualità per superare il vecchio test di Turing. I software non sono in grado di gestire le sfumature del discorso umano, comprese le parole con più significati, le frasi con più strutture grammaticali. Non dispongono degli strumenti per elaborare il contesto in cui viene utilizzata una lingua. Questo perché le emozioni, la comunicazione non verbale e la cultura hanno tutte un effetto sul linguaggio. I programmi hanno mostrato anche una modesta efficacia se impiegati nella traduzione di documenti sanitari, legali e commerciali mentre in altri casi hanno evidenziato dei bias di genere. I modelli di traduzione automatica come la Nmt, inoltre, hanno bisogno di una quantità di dati paralleli per apprendere la traduzione. La maggior parte delle lingue del mondo non dispone di dati sufficienti: per questo si parla di lingue “povere di risorse”. Secondo l’Internet World Stats, il numero di utenti delle prime dieci lingue al mondo (inglese, cinese, spagnolo, arabo, portoghese, indonesiano/malese, francese, giapponese, russo e tedesco) su Internet rappresenta circa il 77% del totale degli utenti. Di questi, gli inglesi e i cinesi rappresentano rispettivamente il 25,9% e il 19,4%, mentre la somma di tutti gli utenti di altre lingue rappresenta solo il 23,1%. Per lingue ricche di risorse come il cinese e l'inglese, è possibile raccogliere miliardi di coppie di frasi per addestrare un modello Nmt; per le coppie linguistiche povere di risorse come cinese-hindi o cinese-kiswahili, è assai più difficile.
Quale modello?
I ricercatori riconoscono i progressi ma anche i limiti dei moderni sistemi di traduzione artificiale e si interrogano su quale paradigma si affermerà in futuro. Si va da chi pensa che la tecnologia subentrerà completamente rendendo il traduttore umano non più necessario a chi ritiene che le traduzioni richiederanno sempre l’intervento di un professionista. In un rapporto pubblicato a ottobre dalla società di ricerca globale Csa Research, gli analisti affermano che “l’adozione odierna della traduzione automatica non è all’altezza del suo potenziale”, prevedendo che il settore sia sull’orlo di un’altra rivoluzione: “(…) Motori neurali sempre più sofisticati in grado di adattarsi a contenuti e metadati inaugureranno l'era della traduzione automatica responsive. Questo progresso richiederà modifiche sostanziali alla tecnologia Mt di base e al modo in cui gli sviluppatori interagiscono con la tecnologia”.
Al momento il modello human in the loop, ovvero quello che combina l’esperienza delle persone con le tecnologie digitali, rimane il più vantaggioso. La ragione è piuttosto semplice: per ottenere risultati di alta qualità è necessario l’apporto di un esperto che addestri una macchina nel tempo, consentendogli di comprendere lo stile di scrittura, il tono, le sfumature e il gergo di uno specifico settore. È dunque ragionevole ritenere che le tecnologie di traduzione non sostituiranno i traduttori e gli interpreti umani. Mentre macchine sempre più potenti ridurranno il carico di lavoro dei traduttori, questi potranno dedicarsi maggiormente alle attività di revisione e post-editing, concentrandosi sul tocco creativo che solo le persone possono garantire. “C’è un unico modo profittevole e sostenibile per crescere in questo percorso ed è quello della simbiosi fra uomo e macchina”, conclude Trombetti. “Il primo istruisce e corregge la seconda, che di rimando si occupa di tradurre tutte quelle frasi già tradotte lasciando al professionista quel lavoro di fino che è possibile solo per chi è in grado di cogliere le sfumature proprie di ogni lingua e del contesto in cui determinati termini vengono utilizzati”.
di Andrea De Tommasi