La sfida di Cima per la gestione del rischio in contesto di guerra
In Sudan la Fondazione Cima ha dovuto rielaborare le strategie per continuare a operare nella ricerca per la gestione dei rischi dopo lo scoppio della guerra il 15 aprile 2023.
di Fabio Ferrante
Dall’aprile del 2023 il Sudan è interessato da un conflitto partito dall’ennesimo colpo di Stato, che ha provocato una situazione drammatica a livello umanitario, con 25 milioni di persone in condizioni di bisogno. In questo contesto la Fondazione Cima si è trovata a dover adattare le proprie attività di ricerca e studio, iniziate nel 2022 e mirate a migliorare la gestione dei rischi in Sudan, in particolare forti piogge, alluvioni e siccità.
“A un anno dall’inizio del conflitto, riteniamo doveroso continuare a garantire supporto e assistenza tecnica, in segno di solidarietà verso colleghe e colleghi in Sudan. Il sostentamento del sistema di allertamento nazionale è messo a dura prova, ma la resilienza dimostrata dalla popolazione sudanese è una fonte di ispirazione”, ha dichiarato Nicola Testa, ricercatore della Fondazione e Project Manager del progetto Apis, spiegandoci nel dettaglio le attività che si stavano svolgendo nel Paese africano, e come il mutato scenario ha obbligato a rivedere la strategia.
Quali traguardi sono stati raggiunti dall’inizio del progetto?
Da inizio 2022 Fondazione Cima porta avanti il progetto Apis - Lotta al cambiamento climatico. Allerta e protezione civile per le inondazioni e le siccità in Sudan - finanziato da Aics (Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo), volto al rafforzamento delle capacità tecniche e operative del Sudan nella prevenzione e gestione dei disastri, attraverso l’implementazione di un sistema di allerta operativo a scala nazionale per i rischi di alluvione e siccità, eventi climatici estremi a cui il paese è frequentemente esposto, una minaccia concreta in un contesto sociale estremamente fragile e vulnerabile.
Come si è sviluppato il progetto finora?
Nei primi sei mesi dall’iniziativa (febbraio – luglio 2022) sono state realizzate le attività propedeutiche all’avvio dell’intervento di assistenza tecnica, tra cui la creazione del gruppo di lavoro, missioni iniziali a Khartoum e la firma dell’accordo tecnico-operativo con la protezione civile nazionale in Sudan (National Council of Civil Defence). Dall’estate 2022 sono state avviate le attività tecniche del progetto, supportate dalla presenza di Fondazione CIMA a Khartoum e portate avanti in stretta collaborazione con gli istituti membri della protezione civile e i partner di progetto. Con il seminario di formazione e discussione tenutosi a Khartoum nel marzo 2023, è invece arrivata a compimento la prima fase del progetto, dedicata alla mappatura del contesto normativo e istituzionale del sistema di allerta del Sudan, alla raccolta delle informazioni di rischio e allo sviluppo della componente meteorologica del sistema. L’obiettivo era quello di arrivare preparati alla stagione delle piogge 2023, con nuovi strumenti e competenze. Ma mancano ancora i server di calcolo per il modello meteorologico Wrf Sudan e le prime cinque centraline di monitoraggio idro-meteorologico.
Ci sono stati problemi dovuti al conflitto?
Il conflitto ha improvvisamente fermato le attività sul campo e ha profondamente modificato il contesto e lo scenario in cui si trova a operare il progetto APIS, rendendolo più complesso e al contempo aumentando la necessità e l’urgenza del supporto alle operazioni di protezione civile e, soprattutto, umanitarie nel paese.
Come sono state riorganizzate le attività al cambiamento delle condizioni sociali?
Il conflitto ha complicato l’esecuzione delle azioni sul campo, sottolineando al contempo l’importanza di dare continuità alle attività di allerta vista la concomitanza con l’inizio della stagione delle piogge (luglio 2023). Il conflitto esacerba i rischi naturali preesistenti a cui è esposta la popolazione, facendo emergere quindi la necessità di dare continuità all’azione a supporto dell’emergenza, considerando le nuove condizioni di vulnerabilità. Con l’obiettivo di valutare il contesto e identificare i nuovi bisogni, sono stati avviati dialoghi con i diversi attori nazionali e internazionali coinvolti nella attività di progetto. Gli scambi intercorsi hanno permesso di mettere in luce i bisogni imminenti (monitoraggio e risposta stagione delle piogge in corso) e futuri (ripristinare i servizi e garantirne l’operatività). Una prima risposta a queste necessità, considerando le piogge stagionali, è stata la realizzazione di un bollettino giornaliero di previsione idrometeorologica e dei relativi impatti, a supporto degli attori umanitari operativi nel paese. Si è reso poi necessario un ripensamento, a livello di metodologia e contenuti, di una parte delle attività. Per esempio è stata sviluppata una proposta di variante progettuale, con l’intento di alleviare l’impatto delle catastrofi idrometeorologiche sulla popolazione del Sudan, in un contesto ulteriormente esacerbato dalle condizioni di conflitto.
Le istituzioni sudanesi risultano fortemente indebolite dal conflitto, con gravi difficoltà a operare sotto tutti i punti di vista. In questo contesto, la proposta di variante del progetto APIS approvata a Febbraio 2024 intende adattare le attività al nuovo contesto, in particolare operando su tre fronti: supporto alle organizzazioni umanitarie operanti in Sudan attraverso un servizio di previsione degli eventi climatici estremi, con la produzione di un bollettino in tempo reale; il supporto e il mantenimento delle capacità e dell’operatività del servizio meteorologico sudanese, in collaborazione con il Disaster Operation Centre di Igad/Icpac a Nairobi e l’Organizzazione Mondiale della Meteorologia WMO; e infine il supporto all’autorità di Protezione Civile nazionale Nccd, per il miglioramento della gestione dei rischi legati ad alluvioni e siccità in Sudan nel nuovo contesto.
Attraverso quali esperienze già maturate in contesti bellici sono state elaborate le strategie di intervento per continuare a garantire le attività in Sudan?
Il contesto sudanese non è il primo in cui Fondazione Cima si trova a operare in presenza di uno scenario di conflitto. Seppur in un contesto molto differente, sono stati di fondamentale supporto le metodologie e attività sviluppate nel quadro del programma Pprd East 3, finanziato dall’Unione europea e guidato dalla Protezione Civile Svedese, con lo scopo di rafforzare i sistemi di allertamento e modernizzare le procedure di pianificazione d’emergenza in Armenia, Azerbaijan, Georgia, Moldavia e Ucraina.
Allo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina, su richiesta di Dg-Echo, Fondazione Cima e Croce Rossa Italiana (Cri) hanno contribuito al ripensamento di alcune delle attività previste dal programma, adattandosi al nuovo contesto. In questo senso, è da segnalare anche come fonte di ispirazione anche la realizzazione di un bollettino giornaliero di previsioni meteorologiche, focalizzato sulle variabili che più influenzano le operazioni di aiuto umanitario, che sono state definite dalla Cri. Il bollettino rappresenta uno strumento di aiuto alle attività della Croce Rossa Italiana in supporto delle persone nelle aree colpite dal conflitto, garantendo sviluppi continui per monitorare l’evoluzione degli eventi nelle aree più critiche – come è avvenuto sull’area a valle della diga di Nova Kakhovka, completamente inondata a seguito di un crollo dell’invaso all’interno del bacino del fiume Dnepr.
Copertina: Mohammed Mojahed/unsplash