Un reddito per tutti i giovani, dalla nascita alla maggiore età
Da un dibattito dell’ASviS al Salone del libro di Torino, una misura per invertire il calo demografico ma soprattutto ridurre le disuguaglianze di partenza tra le famiglie. Facciamo qualche conto ed esaminiamone pregi e difetti.
Ci pensavo da tempo, ma ne scrivo solo ora perché ne ha parlato anche il direttore scientifico dell’ASviS Enrico Giovannini nel corso del dibattito “Obiettivo 2030, analisi e proposte per un Italia sostenibile”, il 15 maggio al Salone del libro di Torino, nel corso del Festival dello Sviluppo Sostenibile.
“Immaginatevi un presidente o una presidente del Consiglio che dicesse: cominciamo dalla nascita e per enne anni andiamo via andiamo via via a salire come età di copertura…come a dire che agli anziani ci pensiamo alla fine. Lo sto prendendo come esempio estremo, ma non c’è dubbio che una scelta del genere avrebbe un impatto dirompente, culturale innanzitutto, e magari le cicogne riprenderebbero la strada dell’Italia”.
La proposta non è dunque così folle come può sembrare. Facciamo un po’ di calcoli. Supponiamo di accordare alla famiglia di ogni nuovo nato un bonus di 400 euro al mese, per un totale di 4.800 euro all’anno. Non sufficiente per coprire tutte le spese che una famiglia deve affrontare per allevare un minore, ma comunque una cifra rilevante che resta nei limiti della sostenibilità per il bilancio pubblico. Vediamo perché.
I dati Istat del 2024 che ci dicono che in Italia ci sono state 370mila nascite, il costo complessivo nel primo anno sarebbe dunque di circa 1,8 miliardi. Nel secondo anno il costo raddoppierebbe, e se la misura si dovesse mantenere fino ai diciott’anni si arriverebbe a 32 miliardi: un onere certamente pesante, ma molto inferiore per esempio al costo per l’erario del bonus 110%, con vantaggi, a mio giudizio, sicuramente maggiori.
L’onere per lo Stato potrebbe anche diminuire se per esempio il bonus entrasse nella dichiarazione dei redditi, rimanendo quindi pieno per le famiglie più bisognose e riducendosi per quelle a più alto reddito. Inoltre, per evitare una corsa all’immigrazione irregolare per fare figli in Italia, il bonus potrebbe essere limitato ai nati da cittadini italiani, condizione dell’86,5% dei nati nel 2024. Nel complesso il costo massimo del provvedimento con queste limitazioni scenderebbe a poco più di un miliardo nel primo anno, e a a pieno regime sarebbe di una ventina di miliardi. Ma si tratterebbe di un “pieno regime” che si realizzerebbe solo tra diciott’anni, consentendo nel frattempo un’ampia rimodulazione della struttura delle altre imposte. E sarebbe credo il primo caso di una misura consistente davvero pensata per le nuove generazioni.

Senza figli: così i cambiamenti sociali incidono sul calo globale delle nascite
Libera scelta o necessità? Alla base di un mondo sempre più childfree c’è il clima di incertezza per il futuro, ma soprattutto il superamento della genitorialità vista come un obbligo. Come dimostra la crescita della Generazione “No kids”.
Quali vantaggi e quali rischi di un provvedimento del genere? Il primo e più evidente rischio consiste nell’obiezione che viene avanzata per un provvedimento analogo del quale si discute da tempo in tutto il mondo: il “salario universale”, cioè l’ipotesi di una misura che garantisca a tutti un’indennità a fronte del calo delle occasioni di lavoro che potrebbe realizzarsi in futuro a causa dell’automazione. Il rischio cioè di disincentivare la ricerca di lavoro, per accontentarsi di quanto passa lo Stato. Ma come mostra una rassegna, pubblicata su FUTURAnetwork, gli esiti degli esperimenti condotti in diversi Paesi su campioni di cittadini ai quali è stato assegnato un reddito garantito non portano a questa conclusione, semmai a un miglioramento della salute e della formazione.
Nel caso del quale ci stiamo occupando, il reddito per i minori, si potrebbe pensare a famiglie che per accumulare i i bonus sfornano un figlio dopo l’altro, come fanno certe borseggiatrici per evitare di andare in prigione. Ma mi sembra un rischio limitato, che comunque si potrebbe ridurre con l’adeguati correttivi.
D’altra parte i vantaggi: la probabile maggiore frequenza dei viaggi delle cicogne, come ha detto Giovannini, ma forse è ancora più importante il fatto che una misura di questo genere garantirebbe davvero una condizione di maggiore eguaglianza di base. Come ha detto la sociologa Chiara Saraceno nel dibattito che abbiamo prima citato, non è sufficiente garantire l’accesso all’università a tutti i meritevoli attraverso adeguate borse di studio, perché in molti casi il “talento” viene penalizzato prima, per la condizione sociale della loro famiglia e il contesto in cui vivono molti giovani, che arrivano comunque svantaggiati alla selezione universitaria, se ci arrivano.
“Su questo bisogna lavorare altrimenti ragionare sul finale riproduce le ingiustizie e anche riduce i i potenziali innovatori perché li pesco solo tra quelli che hanno avuto tutte le fortune, tranne casi eccezionali, che certamente ci sono; ma la maggioranza non ce la fa. Non per colpa sua, ma perché non ha trovato adeguato riscontro e sostegno per proseguire. Insomma per gli standard europei dovremmo raggiungere il 45% dei laureati, ma dovremmo anche raggiungere il 45% dei frequentanti un asilo nido di qualità e anche questo mi sembra che sia importantissimo per cominciare a destrutturare le disuguaglianze di partenza”.
Certo per garantire a tutti i bambini un “asilo di qualità” non basta fornire un reddito alla famiglia; bisogna anche assicurarsi che in tutte le regioni ci siano scuole per l’infanzia (e anche negli anni successivi) di livello adeguato. Infatti il programma Child Guarantee varato dall’Unione europea nel 2021 si concentra sulla necessità di garantire a tutti i bambini i diritti essenziali, dall’educazione nella prima infanzia gratuita e inclusiva all’alimentazione sana e ad alloggi adeguati. Ma l’attuazione del programma è poi demandata agli Stati nazionali e a loro volta alle regioni e agli enti locali: interventi molto complessi con esiti che come sempre dipendono dall’efficienza delle pubbliche amministrazioni. In questa situazione, garantire un reddito a tutti i minori non è certamente da solo un intervento risolutivo, ma potrebbe innescare un grande cambiamento di prospettiva.
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