Diminuiscono le disuguaglianze tra Stati, aumentano quelle interne a ciascun Paese
Il Covid ha accentuato i divari di reddito pro capite e povertà multidimensionale. L’Italia è al 21° posto tra le 27 nazioni Ue: il 20% più ricco possiede il 66% della ricchezza nazionale, il 20% più povero solo il 4%.
di Giuliana Coccia
Il concetto di disuguaglianza si riferisce a tutte le differenze relative al possesso di risorse che generano opportunità di vita diverse, più o meno favorevoli. Si tratta di un concetto complesso e multidimensionale che riguarda sia le differenze economiche tra individui, sia le disparità di opportunità, diritti e accesso alle risorse.
Le disuguaglianze hanno effetti negativi: persone che vivono in condizioni di povertà e marginalità hanno minori opportunità di realizzare il loro potenziale umano e di esercitare i loro diritti. Le società cosi caratterizzate tendono ad essere più conflittuali e vulnerabili a shock economici e ambientali, con conseguenze sulla coesione sociale, la fiducia reciproca e la solidarietà tra i membri della comunità.
Uno sguardo alle diseguaglianze nel mondo
In questi anni di innovazione e globalizzazione come si sono evolute nel mondo le disuguaglianze? Quali fattori le provocano? Quali soluzioni sono possibili per ridurle e promuovere uno sviluppo sostenibile e inclusivo, considerando che le disuguaglianze sono molto ampie e rappresentano uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo sostenibile e alla lotta contro la povertà.
L’indice di Gini è il metodo di misurazione della disuguaglianza economica utilizzato su scala mondiale per misurare la disuguaglianza, cioè la disparità di distribuzione del patrimonio economico (o ricchezza) e del reddito fra gli individui di una popolazione. L’indice si muove fra 0 e 1 (o tra 0 e 100), dove 0 indica la completa equi-distribuzione - tutti percepiscono lo stesso reddito -, mentre 1 corrisponde alla massima concentrazione - un individuo controlla tutta la ricchezza nazionale-. Indici di Gini vicini allo 0 corrispondono a una situazione vicina a una equa distribuzione economica, mentre coefficienti vicini all’1 indicano una concentrazione di ricchezza e reddito in pochi individui.
Il World Inequality Report 2022, presenta la sintesi degli sforzi di ricerca internazionali per monitorare le disuguaglianze e offre i dati più aggiornati e completi sui vari aspetti della disuguaglianza nel mondo al 2021: la ricchezza globale, il reddito, il genere e la disuguaglianza ecologica.
Nel 2021, dopo trenta anni di globalizzazione commerciale e finanziaria, le disuguaglianze globali rimangono estremamente pronunciate, inasprite ancora di più dall’epidemia Covid.
I Paesi più diseguali – con indice di Gini superiore a 50 – si trovano nell’Africa subsahariana e nel centro-sud America. Tutti i paesi latino americani hanno un indice di Gini superiore a 40, come anche Turchia (41,9), Stati Uniti (41,5), Iran (40,9) e, in Europa, Bulgaria con 40,3. Con un indice migliore, tra 30 e 35, si segnalano un mix di Paesi europei, del nord Africa e asiatici. Infine, nel gruppo dei paesi con la ricchezza più equidistribuita appaiono molti Paesi del centro-nord Europa e ex repubbliche sovietiche. La Slovacchia, con un indice di Gini di 20,9, è il paese più egualitario al mondo.
Complessivamente i dati mostrano che il 10% di popolazione più ricca del pianeta possiede il 76% della ricchezza e il 52% del reddito, mentre il 50% più povero possiede il 2% della ricchezza e l’8% del reddito, evidenziando disuguaglianze di ricchezza più pronunciate rispetto a quelle di reddito.
Le disuguaglianze di reddito tra i Paesi si sono ridotte negli ultimi decenni, grazie alla rapida crescita economica di alcune nazioni emergenti, come la Cina e l'India. Tuttavia, in molte nazioni le disuguaglianze interne si sono accentuate, sia nei Paesi più ricchi sia in quelli in via di sviluppo. Questo limita le possibilità di alcuni settori della società di partecipare alla vita sociale, culturale, politica ed economica e di apportare un contributo utile allo sviluppo, in contrasto a quanto previsto dal Goal 10 dell’Agenda Onu, che, entro il 2030, si impegna a livello internazionale a far crescere il reddito del 40% più povero della popolazione di ciascun Paese, adottando politiche, fiscali, salariali e di protezione sociale più eque.
Le diverse diseguaglianze in Italia
L’Italia ha una distribuzione reddituale meno disuguale rispetto a Paesi come Stati Uniti e Australia, ma a livello europeo occupa la 21esima posizione su 27, con un coefficiente di Gini pari a 0,29 nel 2022, in diminuzione rispetto all’anno precedente (30,4) anche grazie all’insieme delle politiche sulle famiglie. La disuguaglianza reddituale presenta un andamento crescente dal 2011 (indice di Gini 29,8) e raggiungere il massimo valore nel 2020 (30,5), anno in cui si inverte la dinamica.
Secondo i dati dell'Istat, il 20% della popolazione più ricca possiede il 66% della ricchezza nazionale, mentre il 20% più povero ne detiene solo il 4%. Questo divario si traduce in differenze di accesso all'istruzione, alla salute, al lavoro e alla partecipazione politica.
Nel nostro Paese le forme di disuguaglianza sono costituite dalle fragilità nel mercato del lavoro, le difficoltà economiche delle famiglie, il diverso accesso all’istruzione e alle competenze digitali, la presenza di persone con gravi disabilità.
Il lavoro povero
Negli anni è progressivamente diminuita l’occupazione a tempo pieno con contratti a tempo indeterminato, mentre sono sempre più diffusi modelli flessibili di lavoro, con un conseguente peggioramento della qualità dell’occupazione. La combinazione tra contratti di lavoro di breve durata e intensità e una bassa retribuzione oraria si traduce in livelli retributivi annuali decisamente ridotti.
Le disuguaglianze di retribuzioni riguardano diversi aspetti della società, come il genere, l'età, la cittadinanza e il territorio. Esse dipendono anche dalle forme contrattuali, che sono molte e spesso non adeguatamente rappresentative delle esigenze dei lavoratori. Le disuguaglianze di retribuzioni si riflettono sulla distribuzione dei redditi, che si è polarizzata negli ultimi anni,
La crescita della povertà assoluta
Sebbene gli interventi pubblici diretti a sostenere il reddito delle famiglie ne abbiano attenuato la dinamica, la povertà assoluta è progressivamente aumentata raggiungendo i valori massimi nel biennio 2020-21. La situazione è aggravata da una polarizzazione dei redditi, con un aumento contemporaneo degli individui più ricchi e di quelli più poveri.
Più della metà dei poveri presenta una povertà “multidimensionale”, ovvero legata a due o più ambiti di bisogno; i fattori che prevalgono sono: a) per l’80% la povertà economica; b) per il 48% problemi occupazionali; c) nel 21% problemi abitativi; d) problemi familiari (separazioni, divorzi, conflittualità), di salute o legati ai processi migratori.
Preoccupa quanto riporta il rapporto Caritas sulla la trasmissione intergenerazionale della povertà: in Italia e a livello internazionale essere poveri da bambini è altamente predittivo dell'esserlo anche da adulti.
Il recente aumento dell’inflazione rischia di accrescere le disuguaglianze per la diminuzione del potere d’acquisto, più marcata tra le famiglie con forti vincoli di bilancio, e anche per le tempistiche dei rinnovi contrattuali, più lunghe in settori con bassi livelli retributivi. Donne, giovani, residenti nel Mezzogiorno e stranieri sono i soggetti più fragili, insieme ai soggetti con disabilità e ai loro familiari.
In questo contesto, il percorso di istruzione obbligatoria fatica da solo a svolgere il ruolo di ascensore sociale per i gruppi di studenti più svantaggiati, contribuendo anzi a consolidare le disuguaglianze iniziali di apprendimento che derivano dai diversi background socioeconomici.
Le disuguaglianze sociali ed economiche sono uno dei problemi più gravi del nostro tempo, che minano la coesione sociale, la crescita sostenibile e i diritti umani.
Le azioni per affrontare il futuro
Per costruire un futuro sostenibile occorre intervenire per ridurre le grandi disuguaglianze che ancora esistono nel nostro Paese. I divari sociali e territoriali continuano ad impattare pesantemente su fenomeni come l’abbandono scolastico e sulle possibilità lavorative e di crescita professionale, contribuendo ad alimentare il circolo vizioso tra povertà economica e povertà educativa. A questo si deve aggiungere il divario di genere, che si intreccia con tutti gli altri, e che rispetto al mondo della formazione e del lavoro pesa soprattutto nelle materie Stem (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica) e nei settori più innovativi.
Per contrastare le disuguaglianze è necessario adottare politiche pubbliche efficaci e integrate, a livello globale, nazionale e locale, che tengano conto delle diverse dimensioni del problema e dei diversi contesti territoriali. Tra le possibili azioni proposte dagli esperti è essenziale la promozione di politiche fiscali eque ed efficaci, che riducano il divario tra ricchi e poveri, tra generazioni, tra aree geografiche e tra gruppi etnici o di genere. Questo implica lo spostamento della tassazione dai redditi da lavoro ad altre basi imponibili, lotta all'evasione fiscale, redistribuzione delle risorse destinate a istruzione, sanità, protezione sociale e ambiente verso i settori più vulnerabili della società,.
Parimenti strategici il miglioramento dei servizi pubblici di base, la promozione dell'occupazione e dei salari dignitosi, la tutela dei diritti umani e sociali, la valorizzazione delle diversità culturali e il contrasto al cambiamento climatico.
Agire per valorizzare il ruolo della tecnologia come strumento di inclusione e di innovazione sociale, per proporre soluzioni concrete ai bisogni delle persone e delle comunità, soprattutto in situazioni di povertà o di emergenza.
A livello globale è necessario sostenere la cooperazione internazionale e il multilateralismo, per la convergenza dei redditi tra i Paesi, la solidarietà tra i popoli, il rispetto dei diritti umani e la tutela del pianeta.
Superare le disuguaglianze è una sfida complessa, ma non impossibile, che richiede la partecipazione attiva di tutti gli attori sociali: governi, istituzioni, imprese, organizzazioni della società civile e cittadini.