Banca mondiale: entro il 2050 previsto un raddoppio dell’estrazione di materie prime
Un rapporto analizza i passi avanti (e indietro) compiuti dall’Europa sul percorso verso l’economia circolare. Ue leader nel settore, ma i modelli di business circolari devono passare dalla nicchia al mainstream.
“Il nostro modello economico globale dominante ‘take-make-use-waste’ è insostenibile. L'attuale domanda globale di risorse naturali supera la capacità rigenerativa del nostro pianeta, e semplicemente non abbiamo un altro pianeta”. A dichiararlo è Gallina Andronova Vincelette, direttrice della Banca mondiale per l’Unione europea, intervenuta in occasione della pubblicazione del primo rapporto della Banca mondiale sull'economia circolare nell'Ue: "Squaring the circle: policies from Europe's circular economy transition". Il documento richiama l’attenzione sull’insostenibilità del nostro modello di espansione non solo dal punto di vista ambientale, ma anche sotto il profilo della sicurezza economica e sociale. Tanto per dare un numero: a livello globale, l'estrazione di materie prime supera i cento miliardi di tonnellate all'anno. Questa “cifra sbalorditiva” – che, secondo il Rapporto, è destinata a raddoppiare entro il 2050 – è dovuta sia ai livelli elevati di consumo di materiali nei Paesi ad alto reddito sia ai bisogni in rapida crescita delle economie emergenti.
Secondo la Banca mondiale, però, l’Unione europea è un faro nel percorso verso un’economia circolare più diffusa e strutturata. “I Paesi dell'Ue sono leader globali nella promozione della transizione all'economia circolare, dopo averla resa il fulcro della propria strategia di crescita e aver intrapreso un vasto programma di riforme normative”. Negli ultimi due decenni, l'uso di materiali nell'Ue è infatti diminuito complessivamente del 9,4% e la quota di risorse derivate dai rifiuti riciclati è aumentata di quasi il 50%. Tuttavia, sebbene impressionanti, i progressi nella transizione verso un'economia circolare appaiono più limitati, se visti in relazione all'effettiva impronta inquinante dell'Europa. I materiali riciclati attualmente rappresentano solo l'8,6% delle materie prime totali e la quota di prodotti rigenerati rispetto alla nuova produzione è solo dell'1,9%. Secondo la Banca mondiale, politiche più ambiziose potrebbero ridurre in Europa l'uso aggregato di materiali fino all'11%, dissociando efficacemente la crescita dall'utilizzo di materie prime “entro un decennio”.
“L'Europa è all'avanguardia nella transizione verso l'economia circolare, ma i modelli di business circolari devono passare dalla nicchia al mainstream”, ha aggiunto Vincelette. “La buona notizia è che le giuste politiche, mirate a creare incentivi sulla tariffazione delle risorse naturali, fornire informazioni per un migliore processo decisionale da parte degli attori economici, consentire alle istituzioni di integrare la circolarità come un'agenda dell'intero governo e sbloccare gli investimenti, possono consentire un progresso significativo”.
Il settore privato europeo, rileva il documento, è il motore dell'economia circolare, anche se i modelli aziendali innovativi rimangono limitati in termini di portata, profondità e velocità di adozione. La diffusione media di questi modelli nel mercato oscilla tra il 5 e il 10% e necessita dunque di una più rapida espansione nei prossimi anni.
"Oltre a pagare i costi ambientali del nostro attuale modello lineare, i Paesi in via di sviluppo, in particolare quelli le cui economie sono fortemente concentrate sull’esportazione di materie prime, devono affrontare anche le conseguenze delle politiche di economia circolare imposte nei Paesi ad alto reddito”, ha ricordato Sameh Wahba, direttore regionale per lo sviluppo sostenibile dell'Europa e dell'Asia centrale per la Banca mondiale. “I Paesi in via di sviluppo devono essere al centro della transizione globale verso un'economia più circolare”.
Il Rapporto ha infine rilevato che, in Europa, i costi da sostenere per il disaccoppiamento tra crescita economica e utilizzo dei materiali potrebbero essere compensati attraverso “adeguate politiche fiscali”, volte a spostare il carico fiscale dal lavoro all’estrazione, l’uso e lo spreco di materie prime.
di Flavio Natale