Tre lezioni per non tornare alla “normalità” pre-pandemia
Lo studioso della longevità Jean Accius si concentra su invecchiamento, equità e assistenza a lungo termine per immaginare società più resilienti alle crisi future.
di Andrea De Tommasi
Il Covid-19 cambierà il modo in cui le nostre società affrontano l’equità e l’invecchiamento. Ne è convinto Jean Accius, vicepresidente senior di Aarp, organizzazione con sede negli Stati Uniti che si concentra su questioni che interessano le persone di età superiore a 50 anni. Accius ha pensieri innovativi sull’economia della longevità, le sue implicazioni e le sue prospettive future. In questo articolo pubblicato il 21 giugno sul portale Apolitical, avverte che qualsiasi desiderio di tornare alla “normalità” deve essere accompagnato dal riconoscimento che nel mondo pre-Covid molte persone erano escluse, e che le disparità e le disuguaglianze costituivano una pratica comune.
Come possiamo dare a queste persone i mezzi per un futuro migliore e al contempo intervenire sui nostri sistemi sanitari e sociali per renderli realmente più equi?
Dice Accius che tutto ciò si può fare imparando tre semplici lezioni che provengono dalla pandemia. La sua base di riflessione sono gli Stati Uniti, ma si tratta di pensieri applicabili su un piano globale.
In primo luogo, scrive lo studioso di origini haitiane, questa pandemia ha messo in luce le sfide e le vulnerabilità che devono affrontare le case di cura e altri contesti di assistenza a lungo termine. All’origine ci sono problemi strutturali e di vecchia data: la scarsa integrazione tra i sistemi di servizi sanitari e sociali, pochi investimenti in opzioni alternative alle case di cura, l’assenza di benefici significativi per gli operatori sanitari o il supporto insufficiente per i caregiver familiari. L’uscita dal Covid-19 rappresenta l’opportunità per riformare il nostro sistema affinché sia “centrato sulla persona e sulla famiglia”, per consentire alle persone bisognose di rimanere nelle loro case e comunità per tutto il tempo possibile.
Il secondo tema è affrontare le questioni sociali e strutturali dell'età, sia che si tratti di discriminazione in base all'età nella fornitura di cure mediche, sia nella riduzione dei servizi sanitari e sociali per le persone anziane. Secondo lo studioso, è ora di creare sistemi che siano reattivi ai cambiamenti demografici per assicurarci di vedere effettivamente riconosciuto il valore degli anziani. La popolazione, negli Stati Uniti e nel mondo, sta invecchiando. In soli 30 anni, il numero di persone di età superiore ai 65 anni raggiungerà 1,6 miliardi, ovvero il 17% della popolazione mondiale. Questa è una fetta di popolazione che, secondo Accius, non può essere ignorata, tanto a livello di bisogni quanto di impatti economici. “Gli anziani non sono solo una responsabilità, ma una grande motore economico”, aveva detto in un’altra intervista.
La terza lezione è che dobbiamo affrontare la crescente disuguaglianza per prevenire ricadute future. La pandemia di Covid-19 ha acceso i riflettori sulla crisi economica e sociale che colpisce in modo sproporzionato le donne, le comunità di colore e le generazioni più anziane. Mentre iniziamo a riprenderci”, scrive Accius, “dobbiamo assicurarci che tutti abbiano l'opportunità di vivere una vita più lunga, più sana e più produttiva. Questo non è solo un imperativo morale: è anche una necessità economica”. L’equità consentirà non solo una maggiore prosperità, ma garantirà anche i mezzi per resistere, restare saldi e uscire più forti nelle crisi future.
di Andrea De Tommasi