Il mercato della cattura e stoccaggio del carbonio è arrivato a un punto di svolta
Si stanno investendo miliardari in tecniche poco efficaci ma che potrebbero in prospettiva diventare molto redditizie. Le preoccupazioni degli scienziati però riguardano i motivi per cui le aziende puntano sul settore.
Tagliare drasticamente le emissioni di diossido di carbonio non ci salverà dal riscaldamento globale, e gli sforzi per rallentare l’effetto serra dovranno necessariamente essere accompagnati da tecniche di cattura e stoccaggio del carbonio (Ccs), per diminuire la presenza di CO2 nell’atmosfera. Ma, per quanto riguarda gli investimenti, il mercato sta dando la priorità alle soluzioni più efficienti o a quelle più attrattive per gli speculatori finanziari?
Queste sono le domande che si è posto Bloomberg in un recente articolo che tratta della questione dei metodi di cattura e stoccaggio della CO2, partendo dalla costatazione che i mercati e gli investitori stanno puntando somme molto cospicue di denaro su metodi poco impattanti rispetto ad altri che hanno dato già degli ottimi risultati. Il traino è legato alle enormi potenzialità finanziarie che lo sviluppo di questo settore potrebbe portare al mercato dei crediti di carbonio. Ma gli scienziati temono che questa sia solo una bolla speculativa che andrà ad aumentare la disponibilità di emissione di CO2 delle aziende, senza però invertire la rotta per quanto riguarda la diminuzione dei gas a effetto serra nell’atmosfera.
Tutti pazzi per la “cattura aerea diretta” del carbonio
I metodi di Ccs sono direttamente connessi con il mercato dei crediti carbonio, perché i primi consentono l’ampliamento del secondo: più CO2 viene stoccata, maggiori saranno i crediti carbonio disponibili.
La questione curiosa è che per ora la stragrande maggioranza degli investimenti non viene incanalata verso le tecniche di cattura e stoccaggio oggi considerate migliori, come la creazione di biochar, una sorta di carbone vegetale derivato dalla degradazione termica della biomassa.
Nel periodo 2020-2024, secondo i dati forniti da Cdr.fyi, un centro di compensazione per la rimozione del carbonio, sul totale degli investimenti in servizi di cattura della CO2, più della metà, circa 3,3 miliardi di dollari, è stata indirizzata verso metodi di “cattura aerea diretta”, che consiste nel filtrare il gas dall’atmosfera per poi stoccarlo sotto terra. Da considerare da questa tecnica è responsabile di appena lo 0,2% dell’insieme della CO2 rimossa fino al 2024.
Danny Cullenward, senior fellow del centro sulle politiche energetiche Kleinman dell’Università della Pennsylvania, afferma che la “cattura area diretta” è stata la tecnologia in cui gli investimenti si sono concentrati di più perché il sistema fiscale degli Stati uniti la sovvenzionava tramite l’emissione di crediti d’imposta e altri sussidi. Ma a spingere per lo sviluppo di questa tecnologia sono state soprattutto le industrie petrolifere e del gas che, secondo Cullenward, sono “molto più potenti di queste nuove industrie emergenti”.
Parole chiare
Considerando che dovremmo aver raggiunto lo scorso anno il picco di emissioni, gli scienziati del clima indicano due fattispecie nelle quali è appropriato ricorrere alle tecniche di Ccs: la riduzione dell’enorme quantità di CO2 accumulata nell’atmosfera da secoli di rivoluzione industriale e la compensazione delle emissioni di alcuni settori che nei prossimi anni continueranno a inquinare, come il trasporto aereo.
Secondo Wim Carton, professore associato di Scienza della sostenibilità all’Università di Lund in Svezia, intervistato da Bloomberg, qualsiasi altro tipo di utilizzo dei metodi di cattura e stoccaggio è un pericolo, perché potrebbe rallentare il taglio delle emissioni. La “promessa” della rimozione della CO2 a valle legittimerebbe il ritardo nella chiusura di settori altamente inquinanti, come le attività di ricerca di nuovi giacimenti dove estrarre fonti fossili.
Economie di scala
Bloomberg prevede che nei prossimi decenni il mercato della cattura e stoccaggio del carbonio potrebbe raggiungere una stima di 1.100 miliardi di dollari, tra investitori privati e commesse pubbliche.
Una cifra da capogiro, che sta dando buone chance al settore di diventare pienamente maturo, passando dai progetti pilota alla fase ci commercializzazione, nonostante il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca potrebbe portare al taglio dei fondi pubblici ai progetti di lotta al cambiamento climatico. Una crescita che favorirebbe le economie di scala e l’abbassamento del prezzo dei progetti, favorendo in primis le aziende del settore. Cdr.fyi stima che, in uno scenario dove i combustibili fossili continuano a essere usati come base per creare energia, si dovrebbero catturare circa 9,8 miliardi di tonnellate di carbonio all’anno fino al 2050 mentre fino a ora sono stati catturati circa 318mila tonnellate.
Un traguardo ambizioso, il cui raggiungimento dipenderà dalle scelte che verranno fatte adesso.