Silicon Africa: la rivoluzione tecnologica del continente parte dal Ruanda
Il sogno di un settore tech “Made in Africa” si regge anche sul dinamismo di Sudafrica, Nigeria e Marocco. È la risposta all’ondata d’innovazione di Usa e Cina. Il dossier di Jeune Afrique.
Il Ruanda, dopo un passato molto burrascoso (nel 1994 è stato teatro di una delle più grandi tragedie del secolo scorso, il genocidio dei Tutsi), sta guidando la rivoluzione tecnologica africana, al fianco di altri Stati. A dirlo la rivista Jeune Afrique, in una raccolta di articoli sul tema intelligenza artificiale e innovazione, richiamato il 23 febbraio nel programma Radio3 Mondo.
Considerato la “Svizzera d’Africa”, il Ruanda è il Paese africano (insieme alle Mauritius) in cui l’economia si muove più velocemente. Per aprire una società o un conto in banca ci vogliono dalle tre alle sei ore, tempi decisamente ridotti rispetto all’Europa. Così come è semplice reclutare nuovi talenti, grazie al lavoro delle università. “Sembra che ci siano tutti gli ingredienti per fare del Paese una startup nation”, ha detto Thierry Berthier, docente di matematica, sicurezza e difesa informatica presso l'Università di Limoges, in Francia.
Il Ruanda sta investendo molto nel settore sanitario, puntando su AI e robotica medica. Un primo esempio riguarda la formazione, nella capitale Kigali, di medici esperti in chirurgia mininvasiva e interventi robotici ad alto rischio. Anche la robotica aerea è un punto forte del Paese, utilizzata soprattutto per la consegna automatizzata di farmaci, sangue e plasma tra ospedali remoti o difficili da raggiungere, garantendo il servizio anche nelle zone meno servite.
Per implementare le rotte dei droni medici le autorità si sono rivolte a Zipline, azienda americana specializzata nella consegna di servizi logistici tramite droni. Grazie ad alcune partnership pubblico-privato sono stati realizzati corridoi aerei e infrastrutture di consegna rapide e affidabili (infrastrutture che, si legge su Jeune Afrique, sono molto difficili da costruire in Europa, a causa delle barriere normative dello spazio aereo). “Quando la regolamentazione e il principio di precauzione diventano invadenti, l'innovazione finisce per estinguersi”, ha spiegato Berthier. “Il Ruanda ha compreso bene questa legge fisica ed è stato in grado di adattare il suo quadro normativo alle innovazioni tecnologiche”. Altra sfaccettatura dello sviluppo sanitario del Paese riguarda l’uso dell’intelligenza artificiale generativa per fornire servizi di telemedicina efficaci e ramificati. La svolta tecnologica si estende però anche ad agricoltura di precisione, logistica, trasporti a basse emissioni di carbonio e settore spaziale.

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Non c’è però solo il Ruanda. Molti Stati africani condividono lo stesso desiderio di diventare leader tecnologici. Tra questi Sudafrica, Nigeria e Marocco. A Città del Capo e Johannesburg si trovano ad esempio alcuni tra i più grandi incubatori tecnologici del continente, che hanno dato vita a startup di successo come Jumo, che si occupa di servizi finanziari di nuova generazione, Yoco, che offre soluzioni intelligenti per le piccole imprese, e SweepSouth, una piattaforma che mette in contatto i lavoratori domestici con i proprietari di casa.
In Nigeria si respira la stessa aria. La National universities commission (Nuc), agenzia governativa istituita per regolamentare l'istruzione superiore, ha firmato di recente un protocollo d’intesa con la Daimlas corporation, tra le aziende capofila a livello globale per l’innovazione dell’AI, per creare un “Centro di eccellenza sull’intelligenza artificiale”.
E il Marocco non è da meno. Il centro di ricerca dedicato all'intelligenza artificiale, l’“AI Dome”, inaugurato nel 2022, è stato finanziato dal re Mohammed VI e creato su iniziativa di Amal El Fallah Seghrouchni, presidente esecutiva del Centro internazionale per l'intelligenza artificiale del Paese e ambasciatrice Unesco per l’AI in Africa, recentemente nominata anche ministra della Transizione digitale. Fin dalla sua creazione, l’AI Dome ha permesso al Paese di creare numerose partnership con altri Stati africani che non avevano ancora una strategia nazionale all’avanguardia, diventando uno degli epicentri di innovazione a livello continentale.
“Sviluppare un soft power tecnologico in Africa consente di rispondere alle molteplici sfide dello sviluppo e della crescita, di conquistare cuori e menti”, ha concluso Berthier, “nonché di suggellare alleanze geostrategiche che vanno ben oltre l'ambito dell'innovazione”.
I quattro Paesi si trovano quindi a collaborare e competere per diventare leader del settore tech. Una competizione che, se tenderà all’obiettivo comune dello sviluppo continentale, non potrà che far bene all’innovazione.
Copertina: LinkedIn Sales Solutions/unsplash