Aumentano le imprese che scelgono di riportare le attività nel proprio Paese d’origine
Tra i motivi di questa scelta, ridurre i rischi di gestione e migliorare la qualità dei servizi e dei beni offerti. L’indagine del Centro studi di Confindustria e del Gruppo Re4It analizza le tendenze italiane.
di Maddalena Binda
Gli eventi degli ultimi anni, dalla pandemia all’aggressione russa all’Ucraina, hanno reso evidente la vulnerabilità dell’attuale interdipendenza economica e produttiva. Per questo motivo molte imprese hanno deciso di ripensare le proprie strategie e catene di fornitura. L’indagine realizzata dal Centro studi di Confindustria e dal gruppo Re4It ha analizzato la situazione italiana, coinvolgendo attraverso un questionario 762 imprese. Dallo studio emerge come alcune aziende abbiano deciso di riportare i processi produttivi e di fornitura in Italia per ridurre i rischi di gestione e aumentare la qualità dei servizi e dei beni offerti.
Strategie per trasformare le catene globali del valore
Secondo il World economic forum, nei prossimi tre anni si tenderà ad accorciare le catene globali del valore. Tra i cambiamenti che le imprese potrebbero adottare ci sono la riconfigurazione della fornitura, la riallocazione di singole fasi o dell’intero processo produttivo nel proprio Paese di origine (backshoring) e lo spostamento delle attività in Paesi più vicini geograficamente (nearshoring) o politicamente (friendshoring). In altri casi le aziende potrebbero scegliere di dislocare le catene di fornitura in aree ancora più lontane (further offshoring) cha garantiscano costi di produzione inferiori.
Le scelte delle imprese italiane
Dall’indagine di Confindustria è emerso che solo il 16% delle 762 imprese rispondenti ha effettuato strategie di offshoring. Di queste 121 imprese il 16,5% ha scelto di riportare la produzione, totalmente o parzialmente, in Italia e il 12% ha dichiarato di volerlo fare nei prossimi tre-cinque anni. Come sottolinea l’indagine, i processi di backshoring comportano costi elevati per le imprese, sia per i costi fissi non recuperabili sia per la perdita di investimenti specifici. Occorre, inoltre, formare ex-novo le competenze produttive acquisite durante la delocalizzazione e reperire personale qualificato.
Allora perché le aziende decidono di riportare la produzione in Italia? La motivazione principale, rilevata dall’indagine, è l’efficiency seeking, ovvero l’ottenimento di vantaggi comparati grazie alla diversificazione geografica delle fasi produttive. Importante anche la volontà di migliorare la qualità dei servizi e dei beni prodotti (customer value), ad esempio attraverso la riduzione dei tempi di consegna. Le imprese sono, inoltre, interessate a servirsi delle tecnologie disponibili nel Paese d’origine (resource seeking and keeping). Infine, l’attenzione per le problematiche di carattere sociale (quality and social issues), sempre più rilevante con la realizzazione della transizione ecologica, hanno spinto alcune aziende a spostare i propri processi produttivi.
Il 74,5% delle imprese coinvolte nell’indagine si rifornisce all’estero per i materiali necessari alla produzione. Di queste il 21,1% ha realizzato un backshoring delle proprie forniture negli ultimi cinque anni e, in particolare, quasi l’11% ha riportato interamente la propria fornitura in Italia. Le imprese hanno deciso di modificare le proprie catene di fornitura a causa dei problemi riscontrati con fornitori esteri, tra cui la difficoltà di coordinamento e l’aumento dei costi e dei tempi di consegna. Accorciare la catena di fornitura permette, inoltre, di ridurre i rischi di gestione associati a una catena a livello globale, resi evidenti dalla pandemia da Covid-19 e dalla guerra in Ucraina.
Le raccomandazioni di policy
Il backshoring può essere utilizzato come una leva per aumentare la competitività delle imprese italiane e del territorio. Le politiche per favorire il ricollocamento delle attività di produzione e di fornitura dovranno essere sviluppate in sinergia con il Green deal perché, come sottolinea lo studio, la regionalizzazione delle catene del valore può contribuire al raggiungimento di un’economia sostenibile, grazie a una riduzione delle emissioni e a un maggior controllo delle attività. Occorre, inoltre, incentivare modelli di economia circolare, processi di digitalizzazione e di formazione del personale per aumentare la competitività delle imprese.
Tuttavia, conclude lo studio, la prospettiva di un backshoring di fornitura generalizzato non è concreta, in quanto alcuni materiali sono presenti solo in determinate aree del Pianeta, né auspicabile, poiché si ridurrebbero i vantaggi offerti dalle catene globali del valore e dalla specializzazione produttiva.