Lezioni di futuro: podcast per creare le basi di un istituto sul futuro
Tre episodi per capire l’importanza dello studio dei futuri possibili e della sua applicazione in diversi ambiti. A condurre il giornalista Luca De Biase, con la partecipazione del direttore scientifico dell’ASviS Enrico Giovannini.
di Maddalena Binda
“Abbiamo bisogno di imparare come studiare il futuro con lo scopo di costruire un istituto di ricerca sul futuro in Italia” spiega Luca De Biase, giornalista e scrittore, nella prima puntata del podcast “Lezioni di futuro”, realizzato dal Sole24Ore e Radio24 pubblicati il 27 luglio sulla base di incontri svoltisi nell’ambito del Festival dell’economia di Trento. Tre episodi, condotti da De Biase con la partecipazione di Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, per riflettere sulle caratteristiche principali che un istituto di ricerca sul futuro dovrebbe avere.
Perché è importante studiare i futuri?
“In Italia abbiamo sempre pensato che il futuro non dipendesse da noi, ma da qualcun altro. Ma è una logica che non porta da nessuna parte, in questo modo non ci prepariamo ai futuri possibili” racconta Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS.
Studiare i futuri possibili permette, infatti, di anticipare i rischi e di individuare le opportunità. Ma non solo. Come ricorda nel primo episodio Roberto Poli, professore all’Università di Trento e presidente dell’Associazione dei futuristi italiani (Afi), “i cambiamenti sono sempre più veloci e fuori scala, servono, quindi, nuovi strumenti, quelli tradizionali non bastano”.
Dall’Onu all’Unione europea, da Singapore alla Germania, sono tante le organizzazioni e gli Stati che hanno deciso di investire nello studio dei futuri. Uno studio che sarà sempre più importante anche in Italia, ricorda Giovannini, dopo la modifica agli articoli 9 e 41 della Costituzione italiana che ha introdotto l’interesse delle future generazioni nella Carta costituzionale.
Grazie agli interventi degli ospiti, alla conduzione di De Biase e ai commenti di Giovannini, nei tre episodi si esplorano gli impatti e le opportunità offerte dallo studio sui futuri in diversi settori, come il giornalismo, le università e la Pubblica amministrazione. Il Politecnico di Milano, ad esempio, si è dotato di un Centro di technology foresight per lo studio delle tecnologie e delle conseguenze della loro applicazione. “Le tecnologie evolvono in fretta. È importante che gli studenti imparino che continueranno a imparare nella vita, che non bastano le conoscenze di base, bisogna continuare a formarsi e lavorare in maniera multidisciplinare” afferma Donatella Sciuto, rettrice del Politecnico di Milano, sottolineando la necessità di sviluppare percorsi trasversali per poter essere preparati alle professioni del futuro.
Cosa significa studiare e lavorare con i futuri?
Per poter lavorare con i futuri occorre, innanzitutto, rendere visibili i futuri. Per questo motivo Giovannini intende promuovere un museo dei futuri che possa educare e incuriosire la cittadinanza. Necessario anche ragionare sui cambiamenti che potranno avvenire nell’arco di 5,10 o 15 anni. Solo così sarà possibile prepararsi agli eventi e non esserne semplicemente travolti.
Altri aspetti importanti riguardano l’analisi delle trasformazioni avvenute nel tempo, la multidisciplinarietà degli studi e il coinvolgimento della cittadinanza.
“Studiare il futuro non significa prevederlo. Prevedere il futuro non è una buona pratica, per molte ragioni, non soltanto perché si viene smentiti dai fatti. Ma perché il futuro non è uno, ci sono tanti futuri alternativi. Studiare il futuro è aprire la mente alle possibilità diverse che si possono manifestare e prendere decisioni” ha sottolineato De Biase nel terzo episodio “perché il futuro è la conseguenza di quello che decidiamo oggi”.