L’Italia nel 2032? Inevitabilmente più anziana e meno popolosa
Il Rapporto dell’Italian institute for the future analizza le previsioni demografiche per l’Italia e le conseguenze sulla società. Per garantire prosperità economica e benessere occorrono politiche nuove e urgenti.
di Maddalena Binda
Come cambierà l’Italia a causa del calo demografico e dell’invecchiamento della popolazione? Questa la domanda al centro del primo numero del Rapporto Italia 2032, realizzato dall’Italian institute for the future, intitolato “Scenari demografici e impatti generazionali”. Con il primo numero prende il via la nuova serie di pubblicazioni, intitolata Megatrends quarterly report, che verrà pubblicata a cadenza trimestrale.
A livello globale si sta assistendo a un progressivo invecchiamento della popolazione e a una diminuzione delle nascite: negli ultimi 70 anni le persone con meno di 20 anni sono passate dal 44% al 33%. L’Italia è tra Paesi con la popolazione più anziana al mondo e in Europa ha il più basso indice di fecondità, pari nel 2021 a 1,23 figli per donna.
All’andamento demografico si aggiunge anche la percezione negativa dei giovani sul proprio futuro in Italia: come riportato nel Rapporto, da una ricerca Istat del 2021 è emerso che il 35,8% dei ragazzi italiani vede il proprio futuro fuori dall’Italia, percentuale che sale al 48,4% per le ragazze.
Il Rapporto sottolinea come i flussi migratori e le misure per il contrasto alla denatalità, ad esempio gli incentivi economici e le politiche di sostegno locale alla maternità, non possano costituire una soluzione al calo demografico italiano. Per molte persone migranti, infatti, l’Italia non è vista come un Paese di arrivo, ma di transito. Anche se le politiche cambiassero e venisse introdotto lo Ius scholae, con cui si riconosce la cittadinanza italiana ai giovani con background migratorio che abbiano frequentato regolarmente almeno cinque anni di studio in Italia, i cittadini in più sarebbero solo 280mila.
Quali conseguenze? Un Paese sempre più anziano e meno popoloso si troverà ad affrontare sfide legate all’assistenza sanitaria e al sistema pensionistico. Le aree rurali e le Regioni del Sud Italia, inoltre, diventeranno più disabitate in favore delle grandi città.
Il calo demografico avrà conseguenze anche in ambito educativo, con un minor numero di alunne e alunni iscritti a tutti i livelli di istruzione, comprese le università. Anche l’occupazione risentirà del calo delle nascite: entro il 2040 ci sarà il 12% in meno delle persone in età da lavoro (15-64 anni).
Per questo sono necessarie politiche nuove e urgenti. Tra quelle evidenziate dal Rapporto ci sono l’attrazione di studenti e lavoratori di ogni settore e provenienza culturale ed etnica per garantire innovazione all’economia, il prolungamento della vita lavorativa e lo sviluppo di percorsi di apprendimento per tutte le età (life-long learning).