Mastrojeni: i contrasti alla Cop 27 tra immediatisti e transizionisti, colpevolisti ed efficientisti
Al Festival del Futuro il diplomatico ha analizzato gli esiti della riunione di Sharm el-Sheikh: guerra, transizione energetica e movimenti migratori nel prossimo futuro.
di Andrea De Tommasi
Grammenos Mastrojeni, diplomatico e vicesegretario senior dell’Unione per il Mediterraneo, è stato intervistato dal responsabile di FUTURAnetwork Donato Speroni durante il recente Festival del Futuro. Mastrojeni, in collegamento da Sharm el Sheik dove ha partecipato alla Cop 27, ha iniziato parlando dell’esito dei negoziati climatici: “Sotto ci sono due tensioni irrisolte: una fra immediatisti e transizionisti. I primi dicono che non c’è tempo, siamo sull’orlo di una catastrofe insostenibile per l’umanità e quindi dobbiamo vietare da subito tutte le emissioni. I secondi obiettano che, se vieti tutto e subito, mandi a casa milioni di persone sia nei Paesi ricchi che in quelli poveri e questo provocherà una destabilizzazione che alla fine creerà ancora più emissioni di quelle risparmiate”.
“La seconda contrapposizione”, ha proseguito, “riguarda chi paga il conto. Qui ci sono i colpevolisti e gli efficientisti: i primi, che sono i Paesi in via di sviluppo, dicono che il danno l’abbiamo provocato tutto noi e quindi tocca a noi pagare i costi della transizione e compensare i loro danni. Gli efficientisti invece sostengono che sia meglio ripartire il peso economico della transizione dimenticando il passato e guardando al futuro, ognuno contribuendo con quello che ha; infatti, se i Paesi industrializzati finanziassero da soli tutta la transizione globale i loro sistemi andrebbero in tilt al punto che poi pagherebbero molto meno perché non avranno più le risorse. E anche loro hanno ragione. È difficile, ad esempio, per il pubblico capire come alla Cop 27 tutto questo dilemma si sia nascosto dietro la scelta fra due parole, “out” o “down”: nell’accordo - ci si era chiesto a Glasgow - dobbiamo scrivere phase out o phase down? Questo è un problema che riguarda il gas, tra chi chiede di eliminarlo il più presto possibile e chi, nei Paesi più poveri, intende usarlo come uno strumento per la transizione”, ha detto Mastrojeni.
La guerra in Ucraina ha cambiato i rapporti tra i Paesi e ha complicato l’efficacia del multilateralismo. Ma come ha impattato sulla crisi climatica? “C’è un primo livello”, ha risposto il diplomatico, “per cui la quantità di emissioni di un conflitto è spaventosa. L’altro aspetto è che un’economia e una società calibrate sulle potenzialità naturale del nostro pianeta sono strutturalmente delle economie più giuste e pacifiche”.
L’Economist sostiene che la guerra potrebbe alimentare la transizione alle fonti rinnovabili. “Ma il tema non riguarda solo le rinnovabili. Pensiamo, ad esempio, alla produzione alimentare. Noi abbiamo creato un sistema che produce calorie sufficienti a nutrire 11 miliardi di persone, a fronte di due miliardi di obesi e milioni di persone a rischio insicurezza alimentare. Se resettassimo la produzione sulle potenzialità di ogni territorio avremmo esattamente lo stesso effetto pacificatore di una spinta verso le rinnovabili”.
Le acque del Mediterraneo sono quelle che in assoluto si stanno scaldando di più. “Le previsioni sono preoccupanti. 250 milioni di persone in scarsità idrica entro 15 anni e un rapido innalzamento del livello del mare, fino ad un metro entro fine secolo, e 20 centimetri in tempi molto più brevi”.
I numeri delle migrazioni. “Le proiezioni peggiori puntano a un potenziale di 1,5 miliardi di persone” provenienti “dalle montagne, l’innalzamento dei mari, le drylands (terre aride, ndr). Speriamo che non avvenga in tempi brevi perché sarebbe ingestibile. Dobbiamo toglierci l’illusione che possiamo sostituire la natura con dei surrogati artificiali e puntare sulla rinaturalizzazione”.