Necessario accogliere più immigrati per evitare un crollo demografico
Le risposte dei partiti all’inchiesta di FUTURAnetwork. Bonino: Nord del mondo a uno stallo di natalità, Sud “giardino d’infanzia” vitale. Calenda: un piano eccezionale per la regolarizzazione dei migranti. L’importanza dello ius culturae.
di Flavio Natale
“La nostra capacità di accoglienza è strettamente legata alla capacità di assorbire chi arriva nel nostro Paese all’interno del sistema economico, poiché gli immigrati che non lavorano più difficilmente riusciranno a integrarsi nella nostra società”. Così la segreteria di Azione, il partito politico guidato da Carlo Calenda, ha risposto a una delle tre domande poste da FUTURAnetwork ai partiti politici italiani, durante un’inchiesta giornalistica portata avanti in occasione del webinar “Immigrazione e futuro demografico del Paese”.
Obiettivo dell’inchiesta è stato quello di condividere con la politica italiana una riflessione sul tema dell'immigrazione nella prospettiva dell’equilibrio demografico del Paese a metà secolo. Punto di partenza la devastante prospettiva demografica nazionale – denunciata dal presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo e ormai considerata un caso di scuola a livello internazionale – che, secondo molti studiosi, non può essere risolta solo con un aumento della natalità (anche se migliori politiche per la famiglia sono certamente necessarie), ma richiede in modo strutturale l’apporto dell’immigrazione. In vista dell’evento, FUTURAnetwork ha esposto alcune domande sui nodi centrali della questione ai partiti politici che, nonostante i ripetuti solleciti, hanno risposto in numero esiguo.
Tutti i partiti e i movimenti politici presenti in Parlamento sono stati invitati, con congruo anticipo e ripetuti solleciti, a rispondere alle domande di Futura. Le uniche risposte pervenute sono state però quelle di Emma Bonino di +Europa e della segreteria di Azione. Ma non c’è molto da stupirsi: già nel corso dell’incontro di Alta sostenibilità, la rubrica dell’ASviS su Radio radicale del 13 giugno, sia Guido Crosetto, imprenditore vicino a Fratelli d’Italia, sia Lia Quartapelle, deputata del Partito democratico, pur partendo da premesse culturali e politiche molto diverse, avevano denunciato l’incapacità dei partiti di presentare una strategia di medio e lungo termine sul tema dell’immigrazione in Italia.
Riportiamo di seguito le risposte ricevute da Emma Bonino, leader di +Europa, e da Azione.
Domanda. Le preoccupanti prospettive demografiche italiane possono essere affrontate con tre tipi di intervento, in estrema sintesi: 1) aumentando la natalità; 2) migliorando le condizioni di lavoro, per consentire ai giovani di restare o tornare in Italia; 3) tramite un apporto significativo di migranti disposti a integrarsi e a rimanere nel nostro Paese. Adottare nuove e più incisive politiche per la famiglia è certamente necessario, ma secondo gli esperti non sarà sufficiente per aumentare la natalità in modo significativo, se non a lungo termine. Anche sulle condizioni lavorative dei giovani è aperta la discussione, mentre si discute molto poco di immigrazione in una prospettiva demografica di medio e lungo termine: quanti immigrati può accogliere il Paese per evitare un eccessivo invecchiamento e un drastico crollo demografico, senza lacerare il tessuto sociale?
Emma Bonino
Certamente serve migliorare da un lato le politiche per favorire la natalità, procedendo di pari passo a una riforma del mercato del lavoro che non penalizzi sempre i più giovani che spesso in condizioni precarie non riescono a pianificare una vita familiare, se non altro perché risulta troppo onerosa a fronte di retribuzioni basse. Ma non bastano i bonus asili nido o i bonus bebè per spingere le fasce più giovani della popolazione a fare figli. Peraltro, anche misure assunte sin da ora, produrrebbero effetti in una generazione almeno. E intanto? Certamente non si considera che mentre il nord del mondo è a uno stallo nella natalità, nel sud del mondo c’è un giardino d'infanzia che per noi, anche in Italia, sarebbe vitale, anche in termini di popolazione in età lavorativa. Negli ultimi anni, l'attenzione dell'opinione pubblica, della classe politica e dei territori si è focalizzata sugli sbarchi e, più di recente, su flussi provenienti prima da Afghanistan e dall’Ucraina e sulla predisposizione di un sistema di accoglienza (molto lento a causa della burocrazia), spesso a scapito di una visione più a lungo termine altrettanto necessaria, mettendo in secondo piano due ambiti fondamentali nella gestione delle migrazioni: la programmazione di canali di ingresso per lavoro e l'inserimento attivo nella società della popolazione straniera residente nel nostro Paese.
Azione
Accogliere un numero maggiore di immigrati è certamente una delle misure che dovrà essere intraprese per gestire il problema dell’inverno demografico in Italia. Riteniamo però fondamentale investire in primis sui giovani che già sono in Italia e che fanno pochi figli (dal 2014 le nascite annue sono diminuite di centomila unità) o lasciano il Paese (le emigrazioni complessive nel 2021 sono state circa 129mila, quasi il doppio che nel 2010). Con riferimento all’immigrazione, riteniamo fondamentale che aumentino i flussi in entrata in Italia per tre motivi principali:
- la contribuzione netta degli immigrati al nostro sistema di welfare è positiva (versano in tasse e contributi molto più di quello che costano). Secondo il Rapporto Italia 2020 di Eurispes i contributi degli immigrati ci permettono di pagare oltre 600mila pensioni. Anche sul sistema sanitario hanno un impatto positivo considerando che la spesa sanitaria pro-capite degli over 75 anni (quasi tutti italiani) è 11 volte superiore a quella degli individui tra i 25 e i 34 anni.
- alcuni lavori gli italiani non li vogliono fare mentre altri non li sanno fare: in molti settori si è registrata una carenza drammatica di specifiche figure professionali. Secondo il rapporto Excelsior, il 39% delle posizioni aperte per il mese di giugno sono di difficile reperimento per mancanza di candidati o inadeguatezza degli stessi (con picchi del 60% in alcuni settori come quello della lavorazione della carta e del legno). A riguardo riteniamo che un primo passo sia quello di potenziare i percorsi di formazione professionale destinati alla popolazione disoccupata, con priorità per chi percepisce il reddito di cittadinanza. Inoltre deve essere effettivamente applicata (ad oggi di fatto non lo è) la riduzione di tale reddito in caso di rifiuto di un’offerta di lavoro. Allo stesso tempo è anche necessario implementare policy per attrarre in Italia migranti maggiormente qualificati e non solamente di passaggio.
- in Italia, le famiglie straniere sono quelle che fanno più figli. In particolare, nel 2020, il tasso di fertilità delle donne italiane è stato di 1,17 contro l’1,89 delle donne straniere. Già nei primi anni duemila abbiamo assistito ad un aumento della popolazione nel quale le famiglie straniere hanno avuto un ruolo fondamentale: dal 1995 al 2008 il tasso di fecondità è aumentato da 1,19 a 1,44. Secondo alcuni esperti questo recupero è stato possibile in larga misura grazie al contributo di famiglie di immigrati che, grazie a diverse sanatorie, hanno potuto realizzare i loro progetti riproduttivi in Italia (nel 2008 il tasso di fertilità delle donne straniere era pari al 2,53). Per quanto riguarda il numero di immigrati che dobbiamo accogliere in Italia, alcuni esperti stimano una necessità di circa 400mila entrate ogni anno per garantire, al netto delle emigrazioni, un saldo netto positivo di circa 250mila unità. Il flusso in entrata di cui abbiamo bisogno è quindi quasi il 40% in più rispetto alla media degli ultimi dieci anni (circa 280mila immigrati regolari). Per rendere questo flusso in entrata sostenibile da un punto di vista sociale è fondamentale innanzitutto che tali migranti siano integrabili nel mondo del lavoro come illustrato di seguito.
Domanda. Sostenere l’apporto dell’immigrazione è importante, a condizione che gli immigrati vengano accolti in modo adeguato, garantendo loro la prospettiva di integrarsi nella vita lavorativa e nella società italiana. L’immigrazione “scappa e fuggi”, fondata sull’ingresso di stranieri che lavorano stagionalmente o solo per pochi anni in Italia, non sembra garantire adeguatamente il rispetto dei diritti e dei doveri che ogni cittadino dovrebbe avere e comunque non risolve i nostri problemi demografici. Quali politiche di accoglienza, dunque, occorre costruire per favorire la sostenibilità dell’immigrazione in Italia?
Emma Bonino
Al dovere prioritario di accogliere le persone bisognose di protezione, va affiancato l'obiettivo, altrettanto necessario, di promuovere processi di inclusione sociale nei territori dei cittadini stranieri presenti in Italia: ottenere tale risultato, infatti, significa innanzitutto diminuire le probabilità di conflitto sociale, aumentare la legalità ed erodere il lavoro nero e lo sfruttamento, oltre che offrire opportunità di benessere all'intera collettività, anche in termini di maggiori introiti per lo Stato di cittadini che, se regolarizzati, possono versare tasse e contributi.
In questo senso la proposta di Legge di iniziativa popolare “Ero Straniero”[1], depositata con oltre 90mila firme alla Camera dei deputati il 27 ottobre 2017, frutto del lavoro e dell’esperienza di tante realtà, anche molto diverse tra loro, che operano in questo campo ogni giorno, è volta proprio alla sostenibilità, nel medio e breve termine, dei flussi migratori verso l’Italia.
In breve, la proposta prevede:
- Canali di ingresso per lavoro con permesso di soggiorno temporaneo per la ricerca di occupazione e attività d’intermediazione tra datori di lavoro italiani e lavoratori stranieri non comunitari;
- Reintroduzione del sistema dello sponsor (sistema a chiamata diretta), per chi sia in cerca di lavoro;
- Regolarizzazione su base individuale degli stranieri “radicati”;
- Misure per l’inclusione attraverso il lavoro dei richiedenti asilo;
- Godimento dei diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati;
- Uguaglianza nelle prestazioni di sicurezza sociale;
- Garanzie per un reale diritto alla salute dei cittadini stranieri;
- Effettiva partecipazione alla vita democratica; e, non meno importante,
- Abolizione del reato di clandestinità.
Di certo, uno degli approcci più efficaci si era dimostrato essere quello dello Sprar, di modo da favorire l’accoglienza e la successiva integrazione degli immigrati.
Relativamente, poi, alla situazione Ucraina, il quadro tracciato lo scorso 19 maggio dal sottosegretario all'interno Ivan Scalfarotto, nel corso dell'audizione in Commissione diritti umani del Senato sulle condizioni delle oltre 117mila persone di nazionalità ucraine arrivate in Italia dalla fine di febbraio, restituisce inoltre la complessità della macchina amministrativa impegnata nell'assistenza e accoglienza sul nostro territorio. Si tratta perlopiù di donne e bambini ed è evidente lo sforzo che il governo sta facendo in questo senso. Ciononostante, l'attesa è una condizione propria di tanti cittadini stranieri alle prese con la burocrazia dei nostri uffici.
[1] http://erostraniero.it/wp-content/uploads/2019/06/leg.18.pdl_.camera.13.pdf
Azione
Indipendentemente dal numero di arrivi di cui avremmo bisogno da un punto di vista demografico, la nostra capacità di accoglienza è strettamente legata alla capacità di assorbire chi arriva nel nostro paese all’interno del sistema economico poiché gli immigrati che non lavorano più difficilmente riusciranno a integrarsi nella nostra società. È quindi necessaria una programmazione degli ingressi, che preveda delle quote per ogni tipo di finalità così da avere un censimento di chi viene in Italia per lavoro autonomo, lavoro dipendente, studio e formazione o ricerca. In secondo luogo, riteniamo che il riconoscimento legale della cittadinanza sia un passo fondamentale per l’integrazione e per questo siamo favorevoli ad approvare la legge dello ius culturae. Oggi i figli di immigrati nati nel nostro Paese e che hanno frequentato la scuola in Italia non sono cittadini italiani. Possono richiedere la cittadinanza solo dopo aver compiuto i 18 anni, dimostrando di aver risieduto legalmente e ininterrottamente in Italia. Gli unici altri Paesi europei che non prevedono la cittadinanza per i minori delle seconde generazioni, sono Austria e Danimarca. Il progetto di legge Ius Culturae prevede che i minori stranieri nati in Italia o arrivati entro i primi 12 anni di vita abbiano diritto alla cittadinanza a condizione che abbiano frequentato per almeno cinque anni un percorso di formazione in Italia. Riteniamo ragionevole ridurre il tempo necessario per acquisire la cittadinanza da parte dei minori che frequentano le scuole rispetto ai migranti che arrivano in Italia da adulti: i percorsi di formazioni garantiscono un'acquisizione più rapida della cultura e della lingua italiana e sono strumenti di facilitazione dell’integrazione. Proponiamo inoltre l’istituzione di un’Agenzia Unica delle migrazioni: la distribuzione degli adempimenti burocratici tra i vari uffici rende complicato orientarsi per i migranti e i cittadini generando inutile complessità che si aggiunge a un problema già di per sé complesso. Infine, riteniamo necessario gestire con più efficacia i flussi controllando le frontiere anche riconoscendo che i Paesi sulla sponda sud del Mediterraneo sono de facto la frontiera dell’Europa. Con questi Paesi vanno rimessi in campo politiche commerciali, difesa, institution building, linee di finanziamento dedicate, allargamento unione doganale, infrastrutture energetiche, banca del Mediterraneo. Siamo quindi favorevoli ad elaborare degli accordi per la cooperazione e il dialogo con i Paesi di origine e transito volti alla riduzione dei flussi di migrazione illegale e all'aumento dei tassi di rimpatrio (c.d. “Migration Compact”). Questo comporta, secondo la proposta italiana:
- l’individuazione di 17 paesi chiave a cui offrire risorse finanziarie per investimenti (es: Eu-Africa bonds, cooperazione per la sicurezza);
- il riorientamento di fondi Ue per la cooperazione ed emissione di Eurobond appositi, con voce dedicata nel bilancio Ue;
- aumentare la collaborazione con Ong e istituzioni internazionali che garantiscano condizioni di vita dignitose per i migranti nei paesi di transito.
Domanda. Si stima che attualmente in Italia ci siano almeno 500mila immigrati irregolari. Come proponete di risolvere questa situazione?
Emma Bonino
Occorrerebbe dal governo su questo aspetto uno sforzo ancora maggiore, per tutte quelle persone straniere che aspettano una risposta dalla pubblica amministrazione, a prescindere dalla loro nazionalità.
Proprio perché regolarizzare i 500mila stranieri irregolari presenti nel nostro Paese, sarebbe di beneficio per tutti noi.
Azione
In primo luogo, proponiamo un piano eccezionale per la regolarizzazione dei migranti irregolari che hanno un lavoro tramite una sanatoria ad hoc. In particolare, i datori di lavoro potranno offrire un contratto al migrante irregolare, a patto che lo stesso provveda ad inoltrare la richiesta per il permesso di soggiorno entro una settimana dall’inizio del contratto. Alla fine di tale sanatoria, che non potrà durare a tempo indefinito, si dovrà procedere con le espulsioni degli irregolari. Tale misura darebbe un prezioso contributo alla riduzione del lavoro nero garantendo così un aumento delle entrate fiscali e un miglioramento dei diritti e della sicurezza sul lavoro degli immigrati. In caso di perdita del posto di lavoro o di dimissioni, a seconda della tipologia di impiego, è già previsto che si possa rimanere sul territorio nazionale per almeno un anno al fine di cercare un nuovo lavoro. Proponiamo inoltre di reintrodurre i permessi di soggiorno temporanei per chi cerca un lavoro con la garanzia di uno sponsor (eliminati dalla Legge Bossi-Fini del 2002). Lo sponsor è particolarmente utile per tutti i rapporti di lavoro a “bassa qualificazione” che difficilmente si costituiscono “a distanza”, ma richiedono un incontro diretto tra domanda e offerta. Secondo il Rapporto “Gli stranieri nel mercato del lavoro in Italia - 2021” a cura del Ministero del Lavoro circa la metà dei lavoratori occupati nel settore agricolo, domestico e della ristorazione sono extracomunitari.