Neuroni umani nei chip del futuro: enorme potenza, grandi problemi etici
È annunciata la sperimentazione di computer basati su chip ibridi, contenenti cellule neurali, molto veloci e con consumi ridotti. I risultati già si potrebbero vedere nel 2030, ma chi fornirà i tessuti e a quali condizioni?
di Tommaso Tautonico
Come in un racconto di un futuro lontano, tecnologia e neuroni umani potrebbero coesistere. Questo futuro potrebbe essere molto più vicino di quanto immaginiamo, forse già accessibile nel 2030. Nella puntata del 29 maggio di “Media e dintorni”, andata in onda su Radio Radicale, l’esperto Edoardo Fleishner ha annunciato che l’azienda australiana Cortical Labs ha sviluppato e incorporato gruppi di neuroni (cellule cerebrali) in un chip per computer. Questa nuova generazione di chip funziona sulla base di un linguaggio comune condiviso sia dal cervello che dai neuroni: l’elettricità.
Nei computer al silicio, i segnali elettrici viaggiano lungo fili metallici che collegano tra loro i diversi componenti. Nel cervello, i neuroni comunicano tra loro utilizzando segnali elettrici attraverso le sinapsi. Nel sistema sviluppato da Cortical Labs, i neuroni vengono coltivati su chip di silicio e agiscono come fili del sistema, collegando i diversi componenti. Il principale vantaggio di questo approccio è che i neuroni possono cambiare forma, crescere, replicarsi o morire in risposta alle richieste del sistema. Il tutto con un notevole risparmio in termini di energia e maggiore efficienza.
Nonostante i computer al silicio abbiano trasformato la società, rimangono indietro se paragonati al cervello della maggior parte degli animali. Ad esempio, il cervello di un gatto contiene mille volte più spazio di archiviazione dati rispetto a un iPad medio e può utilizzare queste informazioni un milione di volte più velocemente. Il cervello umano, con i suoi mille miliardi di connessioni neurali, è in grado di compiere 15 quintilioni (15mila quadriliardi) di operazioni al secondo. Una potenza di calcolo simile può essere eguagliata solo da enormi super computer che utilizzano grandi quantità di energia. Il cervello umano utilizza solo circa 20 watt di energia, più o meno la stessa che serve per alimentare una lampadina. Per memorizzare la stessa quantità di dati contenuta in un cervello umano, servirebbe l’energia prodotta da 34 centrali a carbone.
Questa nuova generazione di chip impone però una serie di domande etiche. In primo luogo, le persone che forniscono campioni di tessuto per la ricerca e lo sviluppo tecnologico sono a conoscenza del fatto che potrebbe essere utilizzato per la realizzazione di computer neurali?
Le aziende non hanno bisogno di campioni di tessuto cerebrale da donatori, ma possono semplicemente far crescere i neuroni di cui hanno bisogno in laboratorio da normali cellule della pelle utilizzando le tecnologie delle cellule staminali. Se i computer neurali diventassero comuni, potrebbero esserci differenze nelle prestazioni a seconda dei neuroni utilizzati? Potrebbero Apple e Google essere in grado di realizzare computer velocissimi utilizzando i neuroni dei nostri cervelli migliori e brillanti? E ancora, qualcuno sarebbe in grado di proteggere i tessuti di geni deceduti come Albert Einstein per creare computer neurali in edizione limitata?
Si tratta di domande che toccano anche temi più ampi di sfruttamento e compensi, considerando ad esempio lo scandalo riguardante Henrietta Lacks, la donna afroamericana le cui cellule sono state ampiamente utilizzate nella ricerca medica e commerciale senza il suo consenso. Se i neuroni di un donatore finissero per essere utilizzati in prodotti come i chip, il donatore dovrebbe aver diritto a una parte del profitto ottenuto da quei prodotti? Un'altra considerazione etica fondamentale per i computer neurali è legata alle esperienze vissute: potrebbero questi sviluppare una qualche forma di coscienza e provare dolore? I computer neurali hanno maggiore probabilità di vivere un’esperienza rispetto a quelli basati sul silicio?