Decidiamo oggi per un domani sostenibile

Diritto di voto sotto i 18 anni? Per otto giovani su dieci è una buona idea

Nazioni unite e The body shop lanciano la campagna per la rappresentanza giovanile in politica. Il 76% degli intervistati non si sente ascoltato e il 69% crede che il contributo delle nuove generazioni potrebbe migliorare i sistemi politici.

di Tommaso Tautonico

Negli ultimi dieci anni i giovani hanno affrontato senza paura le maggiori questioni che hanno impattato sulla loro vita e sulle comunità dove vivono. Assieme ai problemi socioeconomici della pandemia da Covid-19, le ragazze e i ragazzi affrontano disuguaglianze crescenti, crisi climatica e conflitti sempre più violenti. In un mondo che cambia velocemente, c’è bisogno di una prospettiva diversa, capace di guidare il processo decisionale politico del futuro: c’è bisogno del contributo dei giovani. Lo afferma il rapporto “Be seen be heardpubblicato dall’Ufficio dell’inviato del segretario Generale delle Nazioni Unite per la gioventù assieme a The body shop.

Giovani esclusi dalla politica. Il Rapporto, lanciato l’11 maggio in occasione dell’omonima campagna, evidenzia che, mentre i responsabili politici di tutto il mondo prendono decisioni importanti sul futuro delle comunità, dei Paesi e del nostro pianeta, i giovani continuano ad essere regolarmente esclusi dagli spazi decisionali, nonostante siano la generazione che erediterà le conseguenze delle scelte che facciamo oggi.
Molto spesso i limiti di età per esprimere il proprio voto sono un problema. Ad esempio, negli Stati Uniti, fino al 1960, poteva votare solo chi aveva 21 anni. Sono pochi i Paesi che hanno abbassato l'età minima per votare a 16 anni, tra questi ci sono Austria, Brasile, Cuba, Malta e alcuni Stati americani. In Austria, dopo aver abbassato l'età per il voto, l'affluenza alle urne dei giovani è aumentata, così come è aumentata la fiducia nella politica.
Il Rapporto, che include i risultati di un vasto sondaggio condotto nel dicembre 2021 da The body shop su oltre 27mila intervistati di 26 Paesi, rivela che il 67% dei giovani crede in un futuro migliore, e la fascia di età compresa tra 15 e 17 anni è quella più ottimista. Il 76% dei giovani al di sotto dei 30 anni pensa che i politici non li ascoltino, mentre il 69% delle persone concorda sul fatto che un maggiore coinvolgimento dei giovani porterebbe ad un miglioramento dei sistemi politici.

Assenza di figure di riferimento. Gli attuali modelli di voto dei giovani sono influenzati da ostacoli amministrativi, legali e finanziari, mancanza di fiducia nei politici e nelle istituzioni, assenza di educazione civica e mancanza di candidati con cui i giovani possano identificarsi. A livello globale, solo il 2,6% dei parlamentari ha meno di 30 anni e meno dell'1% di questi giovani parlamentari sono donne. Questa situazione, evidenzia il Rapporto, non è dovuta a mancanza di volontà: un terzo degli under 30 prenderebbe in considerazione la possibilità di candidarsi a una carica pubblica. L’età della candidatura politica varia notevolmente in tutto il mondo. Ad esempio in Messico, l'età per essere eletti alla Camera è di 21 anni, 25 anni per il Senato. In Italia, l'età minima per entrare in Senato è 40 anni. Questo divario è particolarmente problematico nei Paesi con una popolazione giovane, come lo Zimbabwe, dove il 20% della popolazione ha un'età compresa tra i 15 ei 24 anni, ma dove non è possibile candidarsi fino a 21 anni di età. La modifica del limite di età per le cariche pubbliche deve andare di pari passo con l'abbassamento dell'età per votare. Alcuni Paesi, come Kenya, Francia e Belgio, hanno riconosciuto l'importanza di questo problema e hanno iniziato ad abbassare l'età minima richiesta per candidarsi. In Turchia, l'età per la candidatura è stata abbassata due volte, da 30 a 21 anni in 2007, e poi a 18 anni nel 2017, grazie a una campagna dal basso guidata da giovani e organizzazioni giovanili. Ciò ha portato all'ingresso in parlamento del primo parlamentare turco di 18 anni.
Manca, evidenzia il Rapporto, la fiducia verso le istituzioni politiche e una crescente percezione che la partecipazione politica non faccia la differenza. Nessuno nasce con le capacità per interagire o impegnarsi con i sistemi politici locali, regionali, nazionali. In questo contesto, l’educazione civica può svolgere un ruolo importante. Un recente studio sulla diminuzione dell'impegno politico generale negli Stati Uniti mostra che le scuole svolgono un ruolo cruciale nel facilitare la conoscenza attraverso classi di educazione civica che spiegano come funzionano le istituzioni pubbliche, incorporando valori e principi democratici nei giovani sin da piccoli.

Il ruolo dei partiti. I partiti politici, continua il Rapporto, sono il punto di ingresso per i giovani che desiderano candidarsi alle elezioni, ma spesso valorizzano la lealtà politica rispetto al merito. Le sezioni giovanili dovrebbero essere finanziariamente e politicamente indipendenti e dotate di maggiore autonomia rispetto al partito, ma raramente hanno un budget e capacità per implementare i propri programmi politici. Alcuni Paesi riconoscono questo problema e hanno introdotto una legislazione che cerca di sostenere la partecipazione giovanile. In Irlanda, ad esempio, i partiti devono spendere una parte dei loro finanziamenti in attività mirate all’inclusione di giovani e donne nelle attività politiche.

Call to action. Per migliorare la partecipazione dei giovani al processo decisionale pubblico, il Rapporto suggerisce una serie di azioni concrete e tangibili, capaci di sostenere gli sforzi e promuovere i cambiamenti politici e legislativi.

  • Abbassare l'età del voto per le elezioni;

  • affrontare le barriere legislative o politiche che impediscono ai giovani di età inferiore ai 30 anni di candidarsi per posizioni di leadership;

  • implementare programmi di educazione civica;

  • riconoscere, sostenere e creare organizzazioni guidate dai giovani a livello locale e nazionale, che possano rapportarsi direttamente con le legislature nazionali;

  • istituire meccanismi trasparenti e diversificati di coinvolgimento dei giovani nelle politiche nazionali, ad esempio sui cambiamenti climatici;

  • semplificare le pratiche di registrazione per i nuovi elettori;

  • destinare una quota minima delle spese politiche dei partiti alle attività giovanili, in particolare ai giovani emarginati, alle giovani donne, ai giovani con disabilità, ai giovani indigeni e quelli delle aree rurali;

  • promuovere l'indipendenza anche economica delle sezioni giovanili dei partiti politici;

  • introdurre quote di rappresentanza parlamentare minime per gli under 30, che includano anche la parità di genere;

  • riconoscere nuove forme di partecipazione e attivismo giovanile, come la mobilitazione online;

  • garantire che gli spazi di partecipazione politica diano ai giovani potere e influenza reali, anche nel budget e nella programmazione.

Leggi il Rapporto

Scopri di più sulla campagna

fonte dell'immagine di copertina: photolight2/123rf

martedì 17 maggio 2022