Il numero delle universitarie iscritte ai corsi Stem in Italia cresce lentamente
Le materie tecnico-scientifiche incuriosiscono il 54% delle studentesse, che però si sentono “poco adatte”, nonostante siano particolarmente coscienti delle sfide della scienza nel futuro. Nel mondo le ricercatrici sono solo un terzo del totale.
di Flavio Natale
Le materie scientifiche continuano a essere percepite dalle ragazze come “poco adatte” a loro, nonostante incuriosiscano il 54% delle studentesse. Questo risultato appare in una è ricerca realizzata da Ipsos per Save the Children e pubblicata in occasione della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, che si è tenuta l’11 febbraio. In occasione di questa Giornata, vengono spesso pubblicati studi e ricerche in grado di fornire dati sulle dinamiche di genere nelle materie tecnico-scientifiche, le cosiddette Stem – science, technology, engineering and mathematics.
Secondo i dati del ministero dell’Università e della ricerca, riportati dal Sole 24 Ore, nel 2021 il 22% delle ragazze iscritte all’università ha scelto un corso Stem, dato in aumento rispetto agli anni precedenti. Nello specifico, sono cresciute le immatricolazioni ai corsi di informatica e tecnologie Ict, che hanno registrato un +15,74%. Secondo Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia - Europa di Save the Children, “il divario di genere è molto presente e si radica, sin dai primi cicli di istruzione, negli stereotipi, ancora oggi diffusi, che vorrebbero le ragazze poco portate verso le materie scientifiche e che bloccano sul nascere i loro talenti”. Sempre secondo Save The Children, le ragazze in Italia sono particolarmente coscienti delle sfide che la scienza dovrà affrontare nei prossimi anni: il 34% delle adolescenti ritiene l’invecchiamento della popolazione la questione più significativa, mentre il 31% la produzione di energia sostenibile e il 27% la diminuzione delle emissioni inquinanti.
Altri dati interessanti, recentemente ripresi dall’Osservatorio Socialis, provengono dall’Istituto di statistica dell’Unesco (Uis): nell’ambito della ricerca e sviluppo, le donne costituiscono solo il 30% di ricercatori e ricercatrici a livello globale, e meno di un terzo delle studentesse sceglie di studiare materie tecnico-scientifiche. Nello specifico, nei Paesi dell’Europa centrale e orientale, la media delle donne Stem si attesta al 39%, con la Macedonia del Nord che supera il 53% e l’Olanda che si dimostra fanalino di coda, con un 26,4%. L’Italia, con un 34%, si attesta attorno alla media mondiale, ma di gran lunga sotto Lettonia, Serbia, Montenegro, Lituania, Moldavia, Croazia, Bulgaria, Bosnia e Romania, che superano tutte il 45%. Inoltre, sempre secondo l’Uis, le donne che lavorano sulle materie Stem pubblicano meno e ricevono stipendi più bassi rispetto ai colleghi uomini.
Anche secondo il rapporto “Stem in action”, pubblicato a gennaio dall’Osservatorio Talents Venture, le laureate Stem a livello nazionale sono ancora poche, anche se si può individuare un trend di crescita. Durante l’anno accademico 2020/2021, la percentuale di ragazze iscritte ai corsi Stem sul totale delle donne iscritte all’università è aumentata, registrando un record di 18,4% - valore che si è però mosso di appena 1,89 punti percentuali in 11 anni. La quota di uomini che ha scelto corsi di laurea Stem – che si confermano i corsi con il tasso di occupazione più alto (80,6%, contro il 64,9% dei corsi non-Stem) – è cresciuta più velocemente rispetto a quella delle donne.
A livello nazionale, nell’anno accademico 2019/2020, le regioni con più studentesse Stem sono state Molise, Abruzzo, Calabria, Marche e Sardegna, mentre in coda alla classifica troviamo Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Trentino Alto-Adige, tutte regioni al di sotto della media italiana del 37%.
di Flavio Natale
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