Le cinque previsioni dell’Economist sulle guerre del futuro
Dai radar ad apertura sintetica a droni e satelliti sempre più sofisticati. I nuovi scenari bellici prevedono un ampio uso dell’intelligenza artificiale e cambiano il disegno del campo di battaglia.
di Andrea De Tommasi
L’Economist ha dedicato il suo ultimo Technology quaterly, il trimestrale sulla tecnologia che offre una panoramica sulle innovazioni, alle guerre del futuro. Un approfondimento in cinque puntate in cui il settimanale inglese descrive come i progressi nel campo dell’elettronica e dell’intelligenza artificiale potranno rendere la guerra più difficile da prevedere e più disordinata.
Sistemi di difesa: l’uso di droni a pilotaggio autonomo (UCAVs) si sta diffondendo nei teatri di guerra e costringe la maggior parte degli eserciti occidentali a investire in sistemi di difesa aerea a corto raggio. L’Economist osserva che il successo dell’Azerbaigian nella seconda guerra del Nagorno-Karabakh (ne abbiamo parlato in questo focus) è stato in parte dovuto al fatto che gli armeni non erano ugualmente competitivi su questo campo. Le moderne forze armate prive di droni potranno incontrare serie difficoltà contro una forza esperta e ben equipaggiata. Le opzioni anti-drone dovrebbero migliorare, attraverso lo sviluppo di sensori avanzati e satelliti particolarmente preziosi in termini di sorveglianza e comunicazione. Tuttavia, l’identificazione di questi bersagli porterà con sé non trascurabili elementi di incertezza: “Non saremo in grado di vedere tutto, sempre, ovunque”, ha affermato un generale britannico, “è fisicamente impossibile. Dunque ci sarà sempre qualcosa che può succedere senza che noi lo vediamo”.
Sottomarini: l’idea che i sottomarini non siano rilevabili è fondamentale nelle strategie di deterrenza nucleare. Secondo l’Economist, Stati Uniti, Gran Bretagna, Cina, Francia, India, Israele e Russia si basano sul fatto che, sebbene un avversario dotato di armi nucleari possa plausibilmente distruggere le loro forze terrestri durante un attacco, non potrebbe spazzare via i loro sottomarini. È però probabile che l'individuazione dei sottomarini diventi più facile; I sistemi di elaborazione dei segnali in grado di scovare i giganti del mare stanno migliorando rapidamente. La Darpa americana ha lavorato su nuove modalità per eseguire tali rilevamenti. Uno di questi progetti ha dato vita a un prototipo di robot chiamato Sea hunter, progettato per seguire un sottomarino per migliaia di chilometri in totale autonomia, rispettando tutte le regole internazionali atte a evitare collisioni in mare. Rimangono significativi dubbi di fattibilità: inondare gli oceani del mondo con sensori e robot è “qualcosa che solo una grande potenza può fare”.
Radar ad apertura sintetica: questa tecnologia è disponibile dagli anni ’60 e utilizzata dai satelliti spia dagli anni ’80, ma era limitata e assai costosa. I progressi nell'elettronica, nell'ingegneria dei veicoli spaziali e nel calcolo dell’orbita hanno reso possibile installare sistemi Sar (Synthetic aperture radar) con risoluzioni di pochi metri su piccoli satelliti a un prezzo ragionevole. L’Economist ricorda che nel 2018 due startup, Capella Space in California e Iceye in Finlandia, hanno lanciato satelliti Sar commerciali e il settore è ora in piena espansione. A differenza dei sensori ottici, i sistemi Sar hanno la capacità di osservare la superficie terrestre attraverso le nuvole e, anche se solo parzialmente, attraverso le precipitazioni. Il rilevamento di cambiamenti molto lievi nel tempo è utile per le applicazioni di intelligence e quelle militari. La precisione dei particolari dipende dall’apertura dello specchio radar, come l’apertura di una lente in una macchina fotografica. Questo era un limite proibitivo per i satelliti, ma le nuove tecniche consentono di superare questa limitazione, sintetizzando le immagini rilevate dal satellite in tempi successivi, a distanza di centinaia di chilometri, come se si trattasse di un unico gigantesco specchio radar.
Intelligenza artificiale: le forze armate stanno investendo ingenti risorse su software in grado di automatizzare con elevata precisione persone e oggetti riprese dai droni di sorveglianza. Joseph Votel, un comandante del comando centrale del Pentagono, recentemente in pensione, ha detto di essere rimasto colpito dal modo in cui le forze israeliane che organizzavano attacchi a Gaza lo scorso maggio avevano integrato l’AI nelle proprie operazioni. Secondo Votel, Israele sta usando l’intelligenza artificiale per identificare una vasta gamma di potenziali obiettivi. Tuttavia la proliferazione dei sensori fa sì che i sistemi di comando necessitino di una maggiore capacità di gestire grandi flussi di dati. Ecco perché le forze armate stanno spendendo molto per i servizi di cloud computing forniti dalle grandi aziende tecnologiche per aumentare la loro capacità di gestione dei dati.
Il campo di battaglia: le tecnologie militari stanno creando un campo di battaglia in cui il movimento diventa estremamente pericoloso. “Gli ufficiali addestrati sull’importanza di ammassare le forze per concentrare la loro potenza di fuoco impareranno a combattere in unità più piccole e sparpagliate”, scrive l’Economist. Se un’unità si muove, genererà un segnale e potrà essere attaccata a distanze molto maggiori rispetto al passato.
di Andrea De Tommasi