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Un orribile futuro per il Pianeta e come evitarlo

Un team internazionale di esperti avverte: i danni della perdita di biodiversità e gli sconvolgimenti climatici, associati alla crescita della popolazione, minacciano la sopravvivenza di tutte le specie, compresa la nostra.

di Andrea De Tommasi

Un gruppo di esperti che include eminenti scienziati della Stanford University e della Ucla degli Stati Uniti e della Flinders University in Australia ha pubblicato in dicembre sulla rivista Frontiers in conservation science un articolo intitolato “Underestimating the challenges of avoiding a ghastly future”. Gli autori sostengono che l’umanità si sta avviando verso un “orribile futuro” che ha gravemente sottovalutato. Suggeriscono alcuni esempi di pratiche di successo per prevenire le estinzioni, ripristinare gli ecosistemi e incoraggiare un’attività economica più sostenibile sia locale che globale.

La perdita di biodiversità e l'accelerazione del cambiamento climatico nei prossimi decenni, insieme all'inazione dei decisori politici, “stanno minacciando la sopravvivenza di tutte le specie, inclusa la nostra”, affermano gli scienziati, concludendo che le future condizioni ambientali saranno molto più pericolose di quanto attualmente credono gli stessi esperti.

La lunga analisi, basata su più di 150 studi, parte dal declino della biodiversità causata dalle attività umane. Dalla rivoluzione agricola di circa 11mila anni fa la biomassa della vegetazione terrestre è stata dimezzata. Nel complesso gli umani hanno alterato quasi i due terzi della superficie terrestre. Circa un milione di specie animali e vegetali in tutto il mondo è minacciato di estinzione. Gli esseri umani hanno cancellato oltre tre quarti dei mammiferi selvatici e anche gli insetti stanno scomparendo rapidamente in molte regioni. In 300 anni, prosegue la ricerca, l'85% della zona umida a livello globale è andata persa e oltre il 65% degli oceani è stato in una certa misura compromesso dall'uomo. Da segnalare anche un dimezzamento della copertura di coralli vivi sulle barriere coralline in meno di 200 anni e una riduzione dell'estensione delle alghe marine del 10% per decennio nell'ultimo secolo. Circa il 40% delle foreste di alghe è diminuito abbondantemente e il numero di grandi pesci predatori è inferiore al 30% di quello di un secolo fa.

Siamo già sulla strada di una sesta estinzione di massa, ammonisce la ricerca, dopo quella che spazzò via i dinosauri 65 milioni di anni fa. D’altronde le stime del tasso di estinzione odierno sono di un ordine di grandezza maggiore rispetto ai tassi registrati nelle cinque grandi estinzioni del passato (chiamate anche big five). Come valutare poi la sfida demografica? Ad oggi la popolazione umana ha raggiunto i 7,8 miliardi a livello globale, il doppio rispetto al 1970, e supererà i 9,7 miliardi entro il 2050. Una crescita che, secondo gli esperti, può provocare più insicurezza alimentare, degrado del suolo, inquinamento da plastica e perdita di biodiversità. L'elevata densità di popolazione, rileva lo studio, rende più probabili le pandemie, mentre sovraffollamento, disoccupazione, carenza di alloggi e deterioramento delle infrastrutture possono innescare altri conflitti, terrorismo e guerre. Contemporaneamente alla crescita della popolazione, il consumo degli esseri umani come frazione della capacità rigenerativa della Terra è cresciuto dal 73% nel 1960 al 170% nel 2016.

Un altro fattore di rischio è rappresentato dal cambiamento climatico. L'umanità ha già superato il riscaldamento globale di 1 ° C in questo secolo e quasi sicuramente supererà 1,5° C tra il 2030 e il 2052. Anche se tutte le nazioni firmatarie dell’accordo di Parigi ratificassero i loro impegni, il riscaldamento globale si attesterebbe comunque tra 2,6 ° C e 3,1 ° C entro il 2100, è la previsione degli autori, che ammoniscono: “Senza ulteriori impegni di grandi dimensioni, il previsto aumento della temperatura terrestre sarà catastrofico”.

Secondo gli autori, i processi decisionali a livello globale sono molto lontani dall'affrontare queste minacce esistenziali. Servirebbe un cambiamento radicale del capitalismo globale che vada dall’istruzione alle disuguaglianze, è il pensiero degli autori. Un cambio di rotta che passi, tra l’altro, per l’abbandono rapido dei combustibili fossili, la corretta determinazione del prezzo delle esternalità negative causate dalle varie attività umane, il coinvolgimento delle popolazioni più povere e delle donne, investimenti in istruzione. “Solo una conoscenza realistica delle sfide colossali che la comunità internazionale ha di fronte”, si legge nelle conclusioni, “può consentirle di tracciare un futuro meno desolante”.

 

di Andrea De Tommasi

venerdì 22 gennaio 2021