La velocità di produzione dei vaccini
I tempi record per la produzione di vaccini contro il Covid-19 sono dovuti al progresso scientifico e ai fondi globali. La cura diventa sempre più la conseguenza dell’organizzazione sanitaria. Necessario lo stesso approccio per gli altri virus globali.
di Luca De Biase
Fino al 2020 il record di velocità nella produzione di un nuovo vaccino era stato stabilito negli anni Sessanta: c’erano voluti “solo” quattro anni per realizzare il vaccino degli orecchioni e portarlo all’approvazione per andare sul mercato. Nell’anno della pandemia di Covid-19 c’è voluto meno di un anno. Ma a questo punto, si domanda Philip Ball su Nature, un vaccino potrà arrivare presto anche per la malaria, la tubercolosi, la polmonite, che uccidono milioni di persone ogni anno? Risponde Dan Barouch, direttore del Center for virology and vaccine research presso la Harvard medical school di Boston, Massachusetts: l’esperienza del Covid-19 “dimostra quanto si possa procedere velocemente con lo sviluppo di un vaccino quando c'è una vera emergenza globale e ci sono risorse sufficienti”. La scienza, insomma, c’è: l’ipotesi di usare l'Rna messaggero (mRna) per fare nuovi vaccini è stata convalidata dalla risposta al Covid-19 il che “ha dimostrato che il processo di sviluppo di nuovi vaccini può essere accelerato in modo sostanziale senza compromettere la sicurezza”.
Anni di preparazione sono arrivati a servire nell’anno della pandemia. E l’esperienza servirà in futuro. Ma se c’è la scienza occorrono anche le stesse risorse finanziarie che ci sono state per il Covid-19: investimenti giganteschi che hanno consentito di svolgere diverse prove in parallelo per arrivare prima alle soluzioni più efficaci. E naturalmente occorre anche la stessa disponibilità dei governi ad accelerare l’iter di approvazione. La cura è sempre più la conseguenza dell’organizzazione sanitaria, comprendendo tutti gli stakeholder, e della policy che la sostiene.
di Luca De Biase, giornalista