Stati generazionali: i giovani chiedono centralità nell’agenda politica
Istruzione, inclusività, sostenibilità, coinvolgimento nelle scelte decisionali, attrattività del nostro Paese. La Rete Giovani 2021 ha discusso con esperti e accademici le sue cinque proposte per costruire il futuro delle nuove generazioni. Guarda l’evento.
di Andrea De Tommasi
Si sono conclusi sabato 12 dicembre, dopo oltre quattro ore di dibattito in diretta streaming, gli Stati generazionali, un confronto della Rete giovani 2021, composta da 79 realtà giovanili apartitiche, con professori universitari e figure istituzionali. L’evento è stato caratterizzato dal dibattito intorno alle cinque proposte contenute nel Piano giovani 2021, un articolato documento presentato in settembre al governo e al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e recentemente aggiornato. “Un percorso cominciato prima dell’estate, che ha coinvolto decine di associazioni e realtà e che ha visto concretizzarsi il sogno di centinaia di ragazze e ragazzi”, hanno spiegato gli organizzatori.
La prima proposta del documento riguarda l’accesso a strumenti e competenze per raggiungere gli obiettivi professionali ed è articolata nelle seguenti azioni: digitalizzazione della scuola e riqualificazione del corpo docente, valorizzazione del dottorato di ricerca e carriera accademica, contrasto alla precarietà lavorativa. Alla tavola rotonda ha preso parte, tra gli altri, Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, che ha dichiarato: “L’aggiornamento professionale, così come il ricambio generazionale, non è mai stato così prioritario”.
La seconda proposta è incentrata sulla realizzazione personale senza compromessi, da raggiungere attraverso l’uguaglianza di genere, incentivi per la genitorialità inclusiva, supporto abitativo per i giovani. “La combinazione di un alto debito pubblico, accentuati squilibri demografici e indebolimento del ruolo dei giovani nel mondo del lavoro diventano una trappola da cui il Paese rischia di non uscire”, ha commentato Alessandro Rosina, professore ordinario di demografia e statistica presso l’università Cattolica di Milano. “Negli altri Paesi i giovani, già prima dei 25 anni, vivono per conto proprio, fanno esperienze di lavoro, fanno fatica ma quando arrivano a 30 anni hanno avviato una carriera e fatto esperienza. Il fatto che in Italia si possa pensare di permettere che un 30enne possa rimanere a carico dei genitori, significa depotenziare tutto”.
La terza proposta del Piano giovani chiede di ridurre l’impatto sull’ambiente e migliorare la gestione delle risorse, applicando soluzioni e modelli economici a basso impatto ambientale e seguendo il modello delle “Smart cities” (città intelligenti). “I giovani non vanno soltanto in piazza a protestare ma anche a proporre un piano di ripresa e resilienza”, ha affermato Enrico Giovannini, professore di statistica economica a Tor Vergata e portavoce dell’ASviS. “La buona notizia è che dovranno entrare circa 500mila giovani nelle pubbliche amministrazioni. È un’occasione unica che dobbiamo essere in grado di cogliere”, ha aggiunto Giovannini, ricordando anche che “ci sono modi per migliorare la governance democratica e allungare l’orizzonte. Mi sto battendo per introdurre in Italia l’istituto di studi sul futuro e la programmazione strategica. Un soggetto che si occupi di scandagliare il futuro, come accade in altre parti del mondo”.
La quarta proposta riguarda la necessità di coinvolgere i giovani nei processi decisionali delle istituzioni. Il panel si è aperto con l’intervento di Marco Bentivogli, ex segretario della Fim Cisl e coordinatore di Base, che ha dichiarato: “La sfiducia dei cittadini sul sistema di rappresentanza è alla base del degrado della qualità della politica italiana. Bisogna occuparsi delle nuove generazioni, coinvolgerle nel dibattito pubblico. Non è un caso che il programma della Commissione europea si chiami Next generation Eu”. Nadia Urbinati, docente di Scienze politiche alla Columbia University di New York, ha evidenziato come la dimensione pubblica si sia ristretta enormemente: “I quartieri non hanno più il loro ruolo, le attività sindacali sono molto specialistiche, i partiti non hanno più una funzione pubblica sociale. Dove si può formare l’interesse politico dei giovani?”.
La quinta proposta afferma la necessità di rendere l’Italia un punto di riferimento internazionale capace di guardare al futuro, attraverso ecosistemi innovativi di aziende, piccole e medie imprese, start-up, università e centri di ricerca, e con l’introduzione di un sistema fiscale competitivo per gli under 35. Valerio De Molli, amministratore delegato di The European House-Ambrosetti, ha spiegato che “se non c’è una visione pubblica d’insieme, anche il privato procede in modo disordinato”. L’intervento di chiusura è stato affidato a Francesco Marchionni del Consiglio nazionale dei giovani.
di Andrea De Tommasi