I dipendenti preferiscono lavorare da casa ma vanno ascoltati e protetti
Secondo l’Economist intelligence unit, i vantaggi includono una maggiore produttività e flessibilità per le persone, mentre le sfide emergono da un maggiore isolamento e da un’assenza del confine tra orario di lavoro e tempo libero.
di Andrea De Tommasi
Una ricerca dell'Economist intelligence unit (Eiu), in collaborazione con Allianz partners, si concentra su come lavoriamo durante la pandemia e sull'impatto che questa modalità ha sul nostro benessere mentale e fisico. Il Covid-19 ha accelerato le tendenze verso una maggiore digitalizzazione del modo in cui lavoriamo, ma ha anche messo alla prova la salute delle persone, la produttività e la capacità di comunicare in modo efficace sul lavoro. Il rapporto, dal titolo “The Future of work and digital wellbeing: protecting employees in a Covid-19-shaped world”, è stato pubblicato a ottobre e si basa su un programma di interviste condotto dall'Eiu tra giugno e agosto 2020 a esperti in campo aziendale nonché a mille dipendenti a tempo pieno in diversi Paesi: Regno Unito, Canada, Francia, Singapore ed Emirati Arabi Uniti
Il 75% degli intervistati ha dichiarato di voler lavorare da casa anche dopo la pandemia, con il 69% che vorrebbe farlo per la maggior parte della settimana lavorativa (cioè almeno tre giorni). La digitalizzazione del modo in cui lavoriamo, si legge nel Rapporto, offre alle persone maggiore flessibilità su dove, quando e come svolgere il proprio lavoro. Ciò consente alle persone un maggiore controllo nella loro vita lavorativa e può favorire una maggiore inclusività, diversità e produttività. Tuttavia, il 61% degli intervistati non ha avuto un buon dialogo con i responsabili aziendali durante il lockdown, il 36% era preoccupato per gli effetti a lungo termine sulla propria salute mentale e il 46% si sentiva isolato lavorando da casa. I vantaggi del lavoro da casa, dunque, includono una maggiore produttività e flessibilità per le persone, che altrimenti avrebbero potuto perdere il lavoro, mentre le sfide emergono da un maggiore isolamento e da un’assenza del confine tra orario di lavoro e tempo libero. Del resto, il 44% delle persone cita le distrazioni o le responsabilità del lavoro di cura in casa come la più grande sfida quando si lavora a distanza, con una percentuale che sale a quasi al 50% per le madri lavoratrici. Esistono problemi particolari per alcune categorie: il 74% dei dipendenti più anziani desidera più assistenza per l'utilizzo di nuovi sistemi IT e otto giovani su dieci desiderano indicazioni e regole su ciò che ci si aspettava da loro mentre lavorano da casa. Se le lacune nel sostegno non vengono colmate, rileva il Rapporto, è probabile che abbiano un impatto sulla produttività.
Alcuni Paesi stanno gestendo la transizione meglio di altri: i lavoratori in Francia hanno segnalato un disagio superiore alla media nell'esecuzione del proprio lavoro a distanza, gli Emirati Arabi Uniti hanno avuto il numero complessivo più alto di persone che si sono sentite sufficientemente sostenute dal loro datore di lavoro. L’indagine esamina, poi, l’impatto della digitalizzazione su cinque diversi settori: nautica, manifatture, finanza, petrolio e gas, sanità. “Nel settore del petrolio e del gas, l'aumento del lavoro a distanza rende più facile per le persone con un background più diversificato fare domanda per un lavoro, così come per le persone meno capaci di viaggiare verso siti remoti”, ha dichiarato Paul de Leeuw, direttore dell'Istituto per la transizione energetica della Robert Gordon University.
Secondo la ricerca, le imprese devono fare di più per ridurre i rischi e massimizzare i benefici della digitalizzazione. In primo luogo, i leader aziendali devono dare l’esempio sui comportamenti che stanno cercando di instillare. In secondo luogo, la tecnologia offre alle aziende la flessibilità per creare nuovi sistemi di lavoro e le politiche aziendali dovrebbero riflettere piuttosto che limitare questa opportunità. Infine, le aziende dovranno assicurarsi che il benessere dei dipendenti sia al centro delle transizioni digitali.
di Andrea De Tommasi