Un vaccino non è la fine della pandemia
Poiché è ormai chiaro che il Covid-19 non sarà l’ultima pandemia, il nuovo ordine mondiale della cura avrà a che fare con il nuovo ordine mondiale del potere.
di Luca De Biase
La produzione di un vaccino affidabile contro il coronavirus, una tecnologia che non è peraltro facile da trovare, non sarà la fine dei problemi avviati con la pandemia Covid-19, sostiene Adam Tooze, storico visionario. La geopolitica della cura non sarà questione di poco conto. Già oggi si vedono i segni di una forma di concorrenza tra potenze mondiali per acquisire un vantaggio strategico attraverso il controllo della tecnologia per la cura del coronavirus.
Tuttavia - anche in relazione all’esito delle elezioni americane - si potrà assistere a una maggiore o minore collaborazione internazionale nella cura. L’Oms, che come fa notare Tooze, non ha un budget superiore a quello di un grande ospedale, non può sopperire alla mancanza di governance globale contro la malattia. E poiché è ormai chiaro che il Covid-19 non sarà l’ultima pandemia, il nuovo ordine mondiale della cura avrà a che fare con il nuovo ordine mondiale del potere. Mantenere i propri soldati al riparo dalle malattie potrebbe diventare un vantaggio militare. Impedire la stessa cosa alle altre potenze potrebbe essere una - distorta - idea strategica.
Il rischio che i Paesi che non si possono permettere di entrare nel club dei vaccinati (non per una singola malattia ma per la serie infinita di malattie che si annuncia possibile) rimangano indietro e perdano qualità della vita anche da questo punto di vista è elevato. Non sarebbe certo la prima volta che il mondo in sviluppo si trovano in condizioni sanitarie precarie. Ma sarebbe un fenomeno esacerbato dalla pericolosità delle malattie che si potrebbero diffondere in futuro.
di Luca De Biase, giornalista