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Il futuro del lavoro: dal remote working allo smart working

L'urgenza di strutturare forme di partecipazione autonome e flessibili

di Bruno Lamborghini

15 giugno 2020

La pandemia Covid-19 ha reso necessario per molti lavorare da casa, con seri problemi di collocazione in spazi domestici inadeguati e spesso in presenza di conviventi e bambini. Questa attività di remote working, o telelavoro, è stata spesso denominata smart working, ovvero lavoro autonomo intelligente per obiettivi. Una confusione che va evitata tenendo conto che, diversamente dal telelavoro, lo smart working è attività lavorativa inquadrata nella Legge 81/2017.

In realtà, salvo eccezioni già consolidate di smart working, nella grandissima parte dei casi si è trattato, in particolare in Italia, di telelavoro occasionale, ossia di trasferimento a casa di alcune attività svolte in ufficio, con basso livello di produttività, carenza di controllo, sicurezza e qualità rispetto alle attività svolte in sede.

Questo non riguarda solo il caso italiano; infatti, una recente ricerca ha evidenziato come in Giappone, dove il telelavoro è passato da un abituale 10 % delle attività al 50-60% a causa del blocco, il livello di produttività risulta particolarmente basso con problemi connessi alla qualità dell’hardware e software utilizzato, alle difficoltà domestiche data la piccola dimensione degli appartamenti giapponesi e alla mancata tutela della sicurezza.

Il remote working che stiamo sperimentando deve essere dunque considerato un “emergency working”, ovvero telelavoro ancora destrutturato, non collegato a specifiche modalità di riorganizzazione delle attività, così come appaiono ancora destrutturate riunioni di lavoro divenute team working a distanza, utilizzando canali occasionali spesso privi di sicurezza, soggetti a perdita di connessione con conseguenti tempi morti (si veda l’articolo di chi scrive, “Smart working e telelavoro: due significati diversi”, nel sito di Harvard Business Review Italia.

Fanno naturalmente eccezione, anche in Italia, le attività da tempo operanti nel vero smart working, come high tech, fintech, sviluppo software, ricerca e attività che interagiscono a distanza a livello internazionale, già da tempo operanti con procedure di lavoro per obiettivi e di team in fase avanzata di smart collaboration.

Dato che i rischi pandemici, anche se sperabilmente si attenueranno nel corso dell’anno, potrebbero proseguire in Italia e altri Paesi anche nella seconda parte del 2020 e nel 2021, imponendo ulteriori lockdown e distanziamenti sociali, oltre che riduzione di viaggi aerei e di altro tipo, per il futuro il tema del remote working appare destinato a divenire strutturale e trovare nuovi spazi applicativi con l’obiettivo di trasformarsi in smart working.

Questa trasformazione del lavoro dovrà necessariamente comportare la ricerca di cambiamenti organizzativi per divenire elemento non più emergenziale, ma strutturale, cioè vero smart working, finalizzato non solo alla tutela della salute e dell’ambiente (riduzione della mobilità e dei connessi fattori di contagio e inquinamento), ma a obiettivi di trasformazione e innovazione piena del lavoro favorendo anche nuove condizioni dello stesso rapporto vita-lavoro.

Capire lo smart working

Dobbiamo quindi chiederci cosa sia lo smart working e in che modo il remote working possa divenire tale. Il professor Enzo Rullani ha recentemente proposto uno schema a tre livelli:

  • Smart working esecutivo: attività lavorativa standard gestionale a distanza, non occasionale, ma strutturata, peraltro svolta con qualche autonomia e partecipazione in modo continuativo. Si tratta di attività standard che in futuro potranno essere sostituite da macchine o algoritmi senza apporto o con limitato apporto umano.

 

  • Smart working adattivo: attività lavorativa a distanza con relativa autonomia per interventi spesso on demand e in forma anche personalizzata senza specifici vincoli di spazio e tempo, con possibilità di partecipazione agli obiettivi e con un apprendimento continuo on the job. Ne sono esempi alcune attività gestionali, commerciali o di assistenza/consulenza in campo tecnico o finanziario.

 

  • Smart working creativo: forme di lavoro dotate di piena autonomia, partecipazione personale e flessibilità in grado di affrontare condizioni di complessità e di innovazione continua con risultati misurabili per obiettivi e risultati (attività di progetto) e con un apprendimento permanente anche in termini di impegno personale Sono tipici di questa forma di lavoro le attività di ricerca e di progetto, lo sviluppo software, il marketing creativo.

In un prossimo futuro il remote working potrà dunque evolvere sempre più strutturalmente come smart working, con forme di partecipazione collaborativa o di autonomia creativa, in un contesto di trasformazione organizzativa dell’impresa e delle istituzioni, in cui le singole persone ed i team in presenza o a remoto costituiscono fattore qualificante e innovativo.

Il concetto di smart working tende quindi a superare il concetto di lavoro a distanza per divenire l’elemento qualificante di gran parte delle attività, siano esse svolte a distanza in sedi separate, in mobilità (lavoro nomade) o anche in specifici ambiti aziendali o in strutture flessibili di coworking.

Il posto di lavoro smart diviene il computer, lo smartphone, la piattaforma dati cui lo smart worker accede per un utilizzo possibile in ogni luogo dove siano disponibili le necessarie connessioni.

Così pure si trasforma il team work, la riunione di gruppo o di azienda, che si potrà svolgere prevalentemente in rete, ma anche in presenza o in forma ibrida. Elemento determinante è la possibilità di accesso dello smart worker alla piattaforma dati e a tutte le informazioni aziendali che consentono di gestire la propria attività in autonomia in qualsiasi spazio o tempo e compartecipare con team e responsabili di progetto in real time in un dialogo continuo.

Il lavoro smart richiede di integrare strettamente l’attività con un processo di apprendimento e aggiornamento continuo sia delle specifiche mansioni professionali sia di conoscenze generali interdisciplinari, oltreché di un aggiornamento continuo di competenze digitali, che costituiscono la base determinante di qualsiasi attività e di tutte le strutture organizzative. Può cioè consentire un maggiore controllo personale del proprio tempo e anche un migliore rapporto tra lavoro e vita, puntando in forme diverse ad arricchire di relazioni e di valori umani (e anche di piacere e felicità) la propria attività, come predicava e realizzava Adriano Olivetti.

Lavoro agile e azienda flessibile

Lo smart working richiede sempre più di parlare anche di “agile working”, cioè di lavoro flessibile, adattabile a cambiamenti anche improvvisi (il Cigno nero) non solo in seguito a possibili nuove ondate epidemiche, ma anche per le sempre più frequenti e radicali trasformazioni tecnologiche, industriali e finanziarie. Lavoro agile nell’ambito di organizzazioni agili, cioè strutture organizzative flessibili e adattabili ai rapidi mutamenti delle tecnologie e del mercato.

L’esperienza del CoVid-19 in Cina ne ha dimostrato non solo la rapidità di azione allo scopo di frenare l’epidemia, ma anche la capacità di adattamento veloce del sistema industriale alle crisi. Pur con le necessarie differenze culturali, occorre che anche in Italia si metta in campo un’analoga capacità di adattamento e cambiamento in tempi rapidi per affrontare mutazioni imprevedibili.

Questa pandemia ha forse fatto comprendere meglio le direzioni verso cui muoversi per una rinascita e per lo sviluppo di nuovi modelli d’impresa. Questi possono prevedere:

  • una trasformazione delle supply chain, eccessivamente frammentate a livello globale, verso filiere più vicine e direttamente gestibili;
  • la necessità di orientare le attività produttive verso una maggiore tutela della salute delle persone e dell’ambiente;
  • la transizione da strutture produttive a forte consumo e spreco energetico verso produzioni circolari in grado di progettare prodotti riutilizzabili e a limitato consumo di energia e di materie prime;
  • un più efficace waste management.

Quest’ampia gamma di obiettivi richiederà di utilizzare, come baricentro operativo, piattaforme dati di interazione domanda-offerta e una totale diffusione delle reti digitali e dell’intelligenza artificiale in tutti i processi. Tutto questo non avverrà né spontaneamente né gratis. Il processo di ricostruzione post-pandemia e la fase di transizione avranno costi elevati in termini occupazionali e aziendali. Ma, assieme ai rischi e alle incertezze, ci sono chiare opportunità. Le prospettive di smart working e di “agile enterprise” sono strettamente legate alla capacità di grandi investimenti in formazione e apprendimento continuo per costruire e fare evolvere continuamente le competenze dinamiche necessarie a tutti i livelli. Competenze che sono sia tecnologiche sia di soft skill estese, conoscenze interdisciplinari ad ampio raggio, human skills e consapevolezza critica, base per costruire opportunità di lavoro smart, responsabile, partecipativo e creativo.

 

di Bruno Lamborghini, presidente della Fondazione Amiotti di Milano. È stato Chief economist, direttore e amministratore con ruoli di presidenza nel gruppo Olivetti, presidente dell’associazione Archivio storico Olivetti. È attualmente consigliere (e past president) di Prometeia, past president di Aica (Associazione italiana di informatica e calcolo automatico) e docente di Organizzazione aziendale all’università Cattolica di Milano.

lunedì 15 giugno 2020