La LAV sulla carne coltivata: la transizione alimentare passa anche da qui
Riduzione dello sfruttamento animale, recupero del suolo, abbattimento delle emissioni: questi solo alcuni dei vantaggi della carne colturale, secondo la Lega anti vivisezione. Il governo italiano si oppone, ma le previsioni parlano chiaro: entro il 2030 un mercato tra 5 e 140 miliardi di dollari.
di Domiziana Illengo e Lorenza Bianchi (LAV - Transizione alimentare - lav.it)
Ampia evidenza scientifica dimostra l’insostenibilità dell’attuale sistema alimentare e la necessità di una ridefinizione del settore: i consumi di carne e altri derivati animali sono aumentati in maniera esponenziale nel corso degli ultimi decenni[1], con gravissimi impatti su ambiente, clima, salute e sulle vite di miliardi di animali sfruttati e uccisi ogni anno. Secondo le stime Fao si passerà dal consumo globale di 268,7 milioni di tonnellate di carne del 2020 ai 463,8 milioni di tonnellate del 2050[2]. L’attuale produzione di carne è responsabile della maggior parte delle emissioni climalteranti del settore agricolo[3] e gli impatti della sua produzione sono generati lungo tutta la catena, producendo in ognuna delle sue molte fasi enormi quantità di CO2eq, con impatti sull’acidificazione e sull’eco-tossicità terrestri e sull’eutrofizzazione marina. In un anno, le emissioni associate al ciclo di vita della sola carne bovina prodotta e consumata in Italia equivalgono a oltre 18 milioni di tonnellate di CO2eq[4].
Unitamente alla pressante necessità di intervenire drasticamente sulla riduzione delle emissioni, anche la consapevolezza sempre maggiore dei consumatori e la sensibilità rispetto alle condizioni di vita e di morte degli animali allevati – solo in Italia sono oltre 630 milioni gli animali terrestri e miliardi gli animali acquatici che vengono uccisi ogni anno[5] – mostrano l’importanza di favorire lo sviluppo di prodotti alternativi alla carne, ai latticini, alle uova e ai prodotti ittici. Oltre ai cibi plant-based, che rappresentano la primaria direzione verso la quale è fondamentale spingere e trasformare il presente sistema alimentare, stanno emergendo con sempre maggiore forza alternative come la carne coltivata e altri prodotti ottenuti da agricoltura cellulare, quale possibile tassello funzionale alla transizione alimentare.
Agricoltura e proteine vegetali: coltivare un futuro plant-based in Europa
Da Nord a Sud, il settore plant-based europeo sta esplorando nuovi modelli agricoli per rispondere alla crescente domanda di proteine vegetali: un’occasione per gli agricoltori di diversificare i propri introiti e favorire la transizione ecologica.
Conosciuta con i termini tecnici di carne colturale o carne da agricoltura cellulare (anche nelle sue accezioni inglesi cultivated/cultured meat), o con termini impropri come carne sintetica e fake meat, la carne coltivata è considerata da sempre più ricercatori, aziende e istituzioni governative e non, come una delle possibili soluzioni all’insostenibilità del sistema alimentare attuale. Il processo produttivo prevede il prelievo di un campione di cellule tramite biopsia da animale vivo, dal quale si isolano le cellule staminali e si ricreano, in situazioni controllate, le condizioni di crescita che fisiologicamente si avrebbero all’interno del corpo dell’animale, in bioreattori, sistemi chiusi che forniscono un controllo preciso su variabili rilevanti come temperatura, concentrazioni di ossigeno, pH e densità cellulare. Una volta ottenuto il quantitativo adeguato di cellule, esse sono lasciate maturare perché possano svilupparsi differenziandosi; le cellule vengono infine raccolte in modo da mantenere l'integrità dei tessuti ed evitare la contaminazione microbiologica.
Al momento gran parte della ricerca è focalizzata all'ottenimento e alla proliferazione di cellule staminali muscolari, ma un elemento fondamentale da sottolineare è l’interesse per il superamento dell’utilizzo del siero fetale bovino (Bfs) quale liquido di coltura, che deve necessariamente essere sostituito da un liquido di coltura vegetale, che è sempre più diffuso, di pari passo con l’avanzamento della ricerca: uno degli obiettivi principali di molti laboratori in tutto il mondo è quello di sviluppare un terreno di coltura, sufficientemente economico perché possa essere usato in produzioni su ampia scala, derivato da ingredienti vegetali[6], o di coltivare le cellule in ambiente serum-free, così da eliminare del tutto l’utilizzo di Bfs. Sarebbe infatti inaccettabile realizzare soluzioni che non prevedano la macellazione di animali o il loro sfruttamento, ma continuare ad utilizzare il siero fetale bovino per produrli, in primis per una questione etica. A tal proposito, l’effettiva possibilità di produrre alimenti coltivati senza Bfs è stata confermata anche dal panel di esperti che hanno partecipato alla tavola rotonda scientifica organizzata da Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) a maggio 2023[7]. Ulteriori ragioni, oltre a quelle etiche, per escludere il siero fetale bovino, sono rappresentate dalla riduzione del rischio di contaminazione da virus, batteri o funghi, e rischi allergologici; dalla ricerca Fao/Oms[8], è infatti emerso che molti dei rischi di sicurezza alimentare correlati alla produzione di carne coltivata sono già noti e presenti anche negli alimenti a base di carne prodotta in modo convenzionale, ovvero attraverso la macellazione.
Nel complesso, gli studi ad oggi disponibili colmano molte delle lacune di conoscenza sulle cellule utilizzate nella produzione di carne coltivata e ampliano il repertorio di linee cellulari disponibili per la ricerca, aumentando tuttavia la variabilità dei metodi produttivi e anche la possibilità di una mancata eticità. Tra le metodologie per ottenere il campione di cellule iniziale vi sono infatti: la biopsia, il prelievo di sangue, la raccolta da piume e la raccolta da embrioni. Una possibilità di indirizzare la produzione di cultivated meat nella direzione corretta viene offerta dalle tecniche per “immortalizzare” le cellule, che mirano a bloccare il processo naturale di senescenza (invecchiamento). L’immortalizzazione è un fenomeno che può avvenire senza intervento umano, per una mutazione fortuita delle cellule, ma è possibile produrre tale mutazione in laboratorio, inducendo quindi le cellule a fermare il proprio invecchiamento[9]. Ad oggi le tecniche di immortalizzazione cellulare in Europa non sono tuttavia permesse, in quanto ricadono sotto la normativa che vieta il genome editing, sebbene ci siano segnali incoraggianti sull’uso di questa tecnologia da parte di diversi ricercatori che ne garantiscono la sicurezza sanitaria, tanto che l’azienda americana Upside Foods dichiara di utilizzare lo stesso campione di cellule da circa dieci anni. Si noti inoltre che, nel campo dell’agricoltura cellullare, non si tratterebbe di editing genetico su individui – come invece viene promosso dalle lobby della carne nel settore zootecnico – ma su singole cellule, e la sua applicazione sarebbe solo finalizzata a bloccare il naturale invecchiamento delle medesime. Si tratta dunque di una manipolazione genetica ben diversa da quella che invece LAV denuncia, unicamente funzionale all’incremento della resa economica dei produttori zootecnici, con severe e drammatiche conseguenze sulla vita degli animali sfruttati. Ciononostante, anche senza l’immortalizzazione cellulare, la produzione di carne coltivata tramite il prelievo di saltuari campioni cellulari coinvolgerebbe una percentuale infinitesimale degli individui attualmente impiegati nelle produzioni zootecniche, in quanto sarebbe possibile produrre quantità molto maggiori di carne a partire da un singolo campione, rispetto al numero di animali sfruttati per produrre carne attraverso la macellazione. Il divario tra i tempi del ciclo di produzione della carne convenzionale e quelli del futuro processo di produzione della carne coltivata è infatti così ampio che permette dunque di affermare con ragionevole certezza che la produzione di carne coltivata sarà molto più rapida (ed efficiente) del processo di allevamento e macellazione degli animali. Ciò potrebbe permettere di salvare da una vita di sofferenze e dalla macellazione decine di miliardi di animali allevati, con possibili benefici anche in termini di impatto ambientale.
La produzione su larga scala di carne coltivata con metodi non cruenti è la sfida del prossimo decennio ed è per questo fondamentale che il settore sia monitorato e normato di pari passo con il suo sviluppo, cosicché gli animali coinvolti nella produzione da agricoltura cellulare siano custoditi e fatti vivere fino a morte naturale nel pieno rispetto delle loro necessità etologiche e dei loro bisogni e i prelievi siano sporadici e indolori.
Per quanto concerne l’impatto ambientale della carne coltivata, le stime disponibili oggi mostrano che essa potrebbe avere un impatto nettamente minore rispetto alla carne convenzionale, soprattutto per quanto riguarda l'utilizzo dei terreni e delle risorse idriche. Sul piano della sostenibilità climatica, la produzione di carne coltivata potrebbe ridurre significativamente le emissioni: l’istituto di ricerca Delft CE[10] ha condotto un’analisi Lca (Life-cycle assessment), commissionata dalle organizzazioni Good Food Institute e Gaia.Be al fine di stimare l’effettivo impatto ambientale che la produzione di carne coltivata su ampia scala potrebbe avere nei prossimi sei anni (entro il 2030), prendendo in esame gli scenari di produzione di carne coltivata alimentata da un mix di energia convenzionale rispetto ad un mix di energia rinnovabile. La ricerca mette in luce che l'uso del suolo necessario alla produzione di carne coltivata è nettamente inferiore a quello di tutte le carni derivanti da macellazione e ne permetterebbe una riduzione di oltre il 90%. Anche i risultati relativi alle emissioni di particolato fine e all'acidificazione terrestre derivanti dalla produzione di carne colturale sono apparsi inferiori a quelli di tutte le carni convenzionali. Si noti che tali risultati sono relativamente insensibili alle modifiche del modello utilizzato dai ricercatori, poiché le emissioni di ammoniaca conseguenti alla produzione di carne da agricoltura cellulare sarebbero inferiori a quelle dei sistemi basati su allevamento e macellazione di animali, sia per un fattore correlato alla drastica riduzione delle deiezioni, sia perché la carne coltivata necessita di quantità nettamente minori di colture rispetto a quanto necessario per la produzione di foraggio e mangimi[11], il che porterebbe ad una corrispondente riduzione nell’uso dei fertilizzanti. In totale è stato stimato che la carne coltivata è 3,5 volte più efficiente del pollo (la forma "più efficiente” di produzione di carne convenzionale) nel convertire il mangime in carne e si potrebbe arrivare a una riduzione dell'uso di terreni dal 63% al 95% rispetto alla carne convenzionale, offrendo un’opportunità di ricostruire gli ecosistemi. Inoltre, la riduzione delle emissioni di CO2eq si attesterebbero tra il 29% il 93%, rispetto a tutte le tipologie di carne convenzionale, e una riduzione dal 51% al 78% di acqua blu (bacini idrici di superficie e sotterranei).
In Europa, la carne coltivata rientra nella normativa prevista dal regolamento sui Novel food[12], che stabilisce che le aziende debbano ottenere l'autorizzazione alla pre-commercializzazione del prodotto, con una procedura che comprende la valutazione di risk assesment da parte dell'Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare), così che la Commissione europea (Ce) possa formulare un giudizio finale sui prodotti in questione. L’Italia, in quanto Stato membro dell’Unione Europea, è soggetta alle normative Ue; a questo proposito la Legge 172/2023 “Divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici”, proposta dai Ministri Lollobrigida e Schillaci a marzo 2023, che ha visto la sua promulgazione il primo dicembre dello stesso anno, è stata promossa come avente la funzione di "assicurare la tutela della salute umana e degli interessi dei cittadini nonché a preservare il patrimonio agroalimentare”[13] dai rischi posti dalla produzione e dal consumo di carne coltivata, ma, tuttavia, la Legge non ha seguito il corretto iter di approvazione previsto dal diritto europeo. L’Europa ha correttamente interrotto la procedura di valutazione Tris[14] sulla Legge, dal momento che la stessa è entrata in vigore prima che la Commissione europea potesse esprimersi al riguardo, decretando la violazione del diritto dell’Unione e chiedendo spiegazioni all’Italia. LAV, forte di un autorevole parere giuridico, ha inviato alla Commissione europea la richiesta di apertura della procedura d'infrazione contro l'Italia da parte dell’Europa, con l’obiettivo di annullare il provvedimento e i limiti che introduce, perché in violazione dei diritti garantiti proprio dal diritto comunitario. Il provvedimento adottato dal governo italiano è difatti il risultato di una campagna di screditamento ai danni dell’agricoltura cellulare, basata su motivazioni di tipo strumentale e demagogico: la Legge si pone in antagonismo ai potenziali grandi benefici che tale evoluzione potrebbe portare, ma soprattutto è in contrasto alla normativa europea[15] che prevede che sia Efsa ad offrire assistenza tecnico scientifica per l'adozione di atti dell'Unione e rilasciare il proprio parere scientifico sulla sicurezza o meno di un nuovo alimento. La Legge inoltre riporta al suo interno un veto specifico per quanto concerne le diciture dei prodotti “meat-sounding”, tutte quelle definizioni come “burger” o “polpetta” che vengono comunemente usate per designare prodotti 100% vegetali, ma si noti che il veto, per essere effettivo, ha bisogno di specifici decreti attuativi, non ancora realizzati dal ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, riconfermando che la Legge 172/2023 ha avuto solo valenza strumentale.
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Inoltre, ad ottobre 2024 la Corte di Giustizia europea si è pronunciata circa un provvedimento francese volto proprio a vietare i termini meat-sounding, dichiarando che tali terminologie sono adatte anche ai prodotti plant-based e che gli Stati non hanno la facoltà di bandirle, confermando ulteriormente l’insensatezza della legge italiana.
Ad ulteriore riprova dell’infondatezza della legge 172/2023 si tenga presente quanto decretato dalla Commissione Europea relativamente alla proposta di legge presentata dall’Ungheria a luglio di quest’anno, che diversamente da quanto fatto dall’Italia ha correttamente seguito i passi della procedura Tris, ossia che il provvedimento volto a vietare nel Paese produzione e commercio di prodotti da agricoltura cellulare è ingiustificato e non necessario.
Relativamente alle valutazioni europee in fatto di carne coltivata, un grande passo avanti è stato invece fatto a fine luglio 2024: è stata presentata dalla startup francese Gourmey[16] la prima richiesta alla Commissione europea e ad Efsa per l’approvazione di un prodotto da agricoltura cellulare. Anticipato da un’altra startup, The Cultivated B, che nel settembre 2023 aveva iniziato il procedimento di preapprovazione con l’Efsa[17], mentre Aleph Farms, di proprietà statunitense-israeliana, aveva presentato all'Ufficio federale svizzero per la sicurezza alimentare e la veterinaria (Fsvo) una richiesta di approvazione normativa per la vendita del suo prodotto (Aleph Cuts) in territorio elvetico, forte anche della loro collaborazione con Migros[18], la più grande catena di supermercati svizzera.
In Usa, a Singapore e in Israele prodotti a base di carne coltivata sono invece già in commercio e dal 16 maggio 2024, per la prima volta al mondo, un prodotto di agricoltura cellulare è approdato sui banchi di un supermercato proprio a Singapore. Il prodotto, venduto da Huber's Butchery, contiene il 3% di cellule animali derivanti da agricoltura cellulare, mentre il restante 97% è costituito da proteine vegetali, lo stesso tipo di ingredienti che si trovano nelle alternative alla carne già presenti sugli scaffali degli alimentari di tutto il mondo. In questo scenario, le proiezioni[19] confermano che la diffusione partirà da ristoranti specializzati, per arrivare alla commercializzazione su larga scala intorno al 2030. L’ultimo State of the industry report del Good food institute (Gfi)[20] indica un totale di 174 startup e aziende dichiaratamente impegnate nello sviluppo di prodotti di agricoltura cellulare, siano essi carne coltivata, sostitutivi di latte e formaggi, o pesce e frutti di mare colturali. Cifra in aumento rispetto alle 166 del 2022.
Dal 2010 al 2022, le aziende produttrici di proteine alternative hanno raccolto 14,2 miliardi di dollari, quasi raddoppiando l'importo investito, in media, ogni anno. Questa rapida crescita è leggermente rallentata nel 2023: le aziende di agricoltura cellulare hanno comunque raccolto 225,9 milioni di dollari nel 2023, dimostrando che il mercato continua ad essere in forte crescita, grazie anche a costanti investimenti e avanzamenti dal punto di vista della ricerca: la numerosità di startup e aziende impegnate nel campo della carne colturale sono infatti cresciute quasi esponenzialmente dal 2020 a oggi. Molti dei finanziamenti non derivano unicamente da Governi o enti privati, anche diversi colossi della zootecnia internazionali si stanno interessando al nascente mercato dei prodotti colturali, stringendo partnership e finanziando molteplici progetti di ricerca e produzione. Difatti, le previsioni per il valore del mercato dell’agricoltura cellulare al 2030 vanno da 5 a 140 miliardi di dollari, mentre quelle del mercato combinato delle proteine alternative (a base vegetale, di fermentazione e coltivate) per il 2030 vanno da 58 a 570 miliardi di dollari.
In conclusione, la tecnologia dell’agricoltura cellulare per produrre carne e altri prodotti di origine animale rappresenta una promettente opportunità per ridurre in modo drastico il numero di animali sfruttati e uccisi per la produzione di cibo, nonché una possibilità importante di riduzione dell’impatto ambientale della zootecnia e una risorsa utile con cui far fronte alla crisi climatica in essere, come parte integrante di un necessario processo di transizione alimentare e progressiva e sostanziale riduzione del consumo di prodotti zootecnici. Proprio per questa potenzialità, e al netto degli elementi di criticità che la ricerca e l’avanzamento tecnologico potranno permettere di superare – come una normativa sulla tutela degli animali allevati per i prelievi di cellule e l’abbandono definitivo dell’utilizzo di siero fetale bovino nel brodo di coltura – fanno sì che si possa avere un posizionamento favorevolmente rispetto a questa nuova tecnologia.
Sia però chiaro che le prospettive offerte dalla cultivated meat devono inserirsi in un più ampio progetto di riconversione delle attività di allevamento a partire da quelli industriali su larga scala, con l’obiettivo finale di un’economia del cibo che non sfrutti animali, attraverso una loro completa liberazione. Il punto saliente, che è necessario venga condiviso da tutti i sistemi alimentari, è il rispetto degli animali, dell’ambiente e delle persone, concretizzati in una progressiva, quanto veloce, dismissione degli allevamenti per la produzione di carne da macellazione e altri prodotti di origine animale. Il riconoscimento delle alternative vegetali alla carne e agli altri alimenti di origine animale è da considerarsi quindi la soluzione principale, e già disponibile qui ed ora, ampiamente accessibile sia dal punto di vista logistico che economico, siano essi prodotti non processati o frutto di lavorazioni che li rendono molto simili alla carne o agli altri derivati di origine animale. Gli alimenti vegetali proteici non solo rappresentano una soluzione facile e immediata ma, basandosi sulla coltivazione di vegetali e sull’utilizzo della terra, rappresentano anche un valido strumento per garantire il presidio del territorio, con importanti ripercussioni positive sul mantenimento dell’ambiente rurale e delle condizioni di vita nelle campagne. Proprio in quest’ottica, è necessario che la transizione verso un modello di produzione alimentare diverso avvenga anche tramite riconversione di colture destinate agli allevamenti, in risorse destinate all’alimentazione umana, nello specifico ad alto valore proteico. Tale soluzione rappresenterebbe un grande beneficio per tutti gli attori coinvolti, a partire dagli agricoltori che devono essere parte centrale del cambiamento, e dei consumatori, che sempre più facilmente potranno trovare un’offerta variegata di alimenti proteici di origine vegetale. In questo scenario, la carne coltivata potrebbe configurarsi come strumento complementare della transizione alimentare, che consentirebbe così di intercettare quella porzione di consumatori meno inclini ad abbandonare le proteine animali per motivi di abitudine, gusto, tradizione o per il loro ruolo sociale, o per motivi di status socioeconomico legato allo stadio di sviluppo del territorio in cui vivono (pensiamo ai Paesi emergenti), fornendo un’alternativa che non implica l’uccisione di miliardi di esseri senzienti.
[1] https://ourworldindata.org/meat-production
[2] FAO – Global Agricolture towards 2050
[3] Mottet et al. 2017 - Good Food Institute
[4] Il costo nascosto del consumo di carne in Italia: impatti ambientali e sanitari
[5] Anagrafe zootecnica nazionale 2022
[6] “The Myth of Cultured Meat: A Review”, Sghaier Chriki and Jean-François Hocquette, 2020
[7] EFSA’s Scientific Colloquium 27 “Cell culture-derived foods and food ingredients”
[8] Food safety aspects of cell-based food
[9] Jara et al. 2023
[10] Ex‑ante life cycle assessment of commercial‑scale cultivated meat production in 2030
[11] Secondo le stime di Assomais, l’82% del mais coltivato in Italia è destinato alla produzione di mangimi.
[12] I novel food, cioè i nuovi alimenti o i nuovi ingredienti alimentari, disciplinati dalla legislazione alimentare comunitaria con il Regolamento (CE) 258/97, sono tutti quei prodotti e sostanze alimentari per i quali non è dimostrabile un consumo “significativo” al 15 maggio 1997 all’interno dell’Unione Europea (Ue), data di entrata in vigore del regolamento medesimo.
[15] Reg. UE 178 del 2002
[16] Gourmey, the french pioneer in premium cultivated foods, seeks approval in five key market, confirming global ambitions
[17] The Cultivated B Initiated Pre-Submission Process towards EFSA Certification for Cultivated Sausage
[19] Food safety aspects of cell-based food
[20] State of the industry report 2023: "Cultivated meat and seafood"
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