Uno “Spazio amministrativo europeo” comune per una PA a prova di futuro
Uno sguardo alla recente Comunicazione della Commissione europea sul presente e futuro della Pubblica Amministrazione (ComPAct) tra nuove competenze, digitalizzazione e transizione verde.
di Daniele Dotto e Mauro Tommasi
A sentir la parola “Compact” il pensiero va subito al Fiscal Compact, il patto europeo di stabilità finanziaria che per almeno un decennio ha popolato il dibattito pubblico come una sorta di spettro - e di cui proprio in questi mesi si è tornato a discutere per capirne gli sviluppi futuri dopo la sospensione legata alla pandemia. Da qualche mese però, alla parola ComPAct - nella sua nuova declinazione in cui “PA” sta per Pubblica Amministrazione – è abbinato un nuovo concetto, quello di “spazio amministrativo europeo”.
Lo scorso 25 ottobre, infatti, la Commissione europea ha presentato la Comunicazione dal titolo "Rafforzare lo spazio amministrativo europeo” denominata, appunto, ComPAct. Si tratta di un atto politicamente rilevante e primo del suo genere su questo tema: un vero e proprio piano di azioni volte a rafforzare le capacità delle amministrazioni pubbliche in tutta l'Unione europea di attuare le politiche, anticipare e mitigare le crisi e gestire le trasformazioni strutturali.
Ma perché proprio ora? E che cos’è questo European administrative space (Eas)? La risposta è abbastanza semplice: con la pandemia si è definitivamente compreso quanto – e anche le istituzioni europee ne sono ormai pienamente consapevoli - in uno stato di “permacrisi” come quello in cui ci troviamo, caratterizzato da profonde richieste di cambiamento e dalla scarsità di risorse disponibili, il lavoro delle pubbliche amministrazioni sia assolutamente fondamentale nel migliorare le performance del governo, l’efficacia di recepimento e attuazione delle indicazioni europee, e così garantire la competitività nazionale. Da qui l’impegno a costruire uno spazio comune, dove condividere valori, principi, norme e approcci operativi.
Ma non solo, – e il periodo pandemico lo ha sottolineato perfettamente – alle PA è richiesto sempre più di farsi trovare pronte di fronte alle difficoltà, ma anche di essere in grado di carpire, prima che il tempo diventi urgente, le necessità di territori e cittadini. Parlando di futuro allora, anche la PA dovrà fare del “foresight” uno strumento sistemico del proprio operato, andando, come da definizione stessa di previsione strategica, a ipotizzare scenari futuri sulla base di quanto accaduto in passato e costruendo su ciò che si ipotizza possa accadere. Una PA in grado di prendere decisioni che la rendano “resiliente” – o forse sarebbe meglio dire “antifragile” – e capace di rispondere prontamente alle sfide che le verranno poste.
Tre pilastri e 25 azioni per una PA a prova di futuro
Il ComPAct prova a dare una forma a questa necessità, definendo tre macroaree tematiche di intervento ed esplicitando circa una ventina di iniziative.
Il primo pilastro non poteva che essere incentrato sul tema delle competenze: il 2023 ha alzato il livello di attenzione sul tema della formazione grazie alle iniziative legate all’Anno europeo delle Competenze, e il ComPAct dedica a questo tema una serie di azioni molto precise che già dai primi mesi del 2024 inizieranno a essere implementate. Si tratta della denominata “Public Administration Skills Agenda”, fondata sulla consapevolezza che in un mondo del lavoro che cambia velocemente a causa degli effetti della twin transition e della transizione demografica, anche il lavoro pubblico ha bisogno di innovarsi e rinnovarsi; e pensata per promuovere la cooperazione amministrativa tra le PA su tutti i livelli, aiutando lo sviluppo della loro forza lavoro per le sfide attuali e future. Ne fanno parte una decina di iniziative, tra cui alcune particolarmente supportate dal governo italiano, come a) la definizione di un Passaporto europeo delle competenze, (b) la creazione di una rete europea di centri di eccellenza sulla formazione manageriale, (c) un nuovo programma comune di formazione sulla leadership per l’alta dirigenza, chiamato “Eu Public administration leadership programme". Da sottolineare inoltre l’impegno preso dalla Commissione a trasformare l'iniziativa Pace (Public administration cooperation exchange) – diventata famosa come l’”Erasmus dei dipendenti pubblici” - in un programma di scambio annuale che incoraggi sempre più la creazione di comunità di pratica sui temi e progetti di interesse in comune.
Il secondo pilastro mira a rafforzare le capacità amministrative in vista degli obiettivi del Decennio Digitale: per la PA ciò significa impegnarsi per rendere accessibili online il 100% dei principali servizi pubblici per le persone e le imprese. Per farlo sarà fondamentale aggiornare le normative in materia di digitale e dati – ovviamente tenendo conto delle condizioni necessarie a integrare le tecnologie AI nel prossimo futuro – ma anche promuovere l’utilizzo sostenibile ed efficace delle tecnologie conosciute ed emergenti. Una “future-proof digital public administration” così come definita nella versione originale del documento.
Ultimo ma non per importanza il pilastro sulla transizione verde: l’Unione europea si è impegnata a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e a stimolare l’uso efficiente di risorse, garantendo al contempo inclusività e giustizia sociale. In questo percorso anche le PA devono fare la propria parte, lavorando per dare forma concreta alla transizione verde – le PA rivestono un ruolo fondamentale nel creare le condizioni necessarie affinché le economie e le società possano raggiungere gli ambiziosi obiettivi posti dalle istituzioni – ma anche promuovendo essa stessa pratiche di eco-management al proprio interno.
Il funzionario del futuro
È dunque evidente come tra le righe di questa Comunicazione emerga l’identikit del funzionario pubblico del futuro, ben avulso dalla logica dell’adempimento e dagli stereotipi che lo accompagnano da decenni – quantomeno in Italia – e invece capace di intercettare i bisogni e le esigenze dei cittadini, costruendo valore pubblico per la comunità.
Ma quali sono nel concreto queste competenze del futuro? E in che modo il ComPAct contribuirà a rendere tutto ciò reale? La risposta la si può trovare nei vari competency frameworks a cui si ispirerà il sopramenzionato Passaporto delle competenze, ma anche andando a leggere uno dei denominati “Flagships” – dei cluster tematici costruiti sulle priorità europee in materia di pubblica amministrazione – dell’ultima tornata dello Strumento di sostegno tecnico (Tsi), il programma di supporto tailor-made della Commissione Europea implementato dalla DG Reform e con cui saranno finanziate in gran parte le azioni definite dal ComPAct.
Tra i “Flagship” del Tsi 2024 figura, infatti, quello sulla Pubblica Amministrazione del futuro, dove vengono descritte una serie di componenti su cui la DG Reform può offrire assistenza tecnica: attrattività e fidelizzazione dei talenti nel settore pubblico, mappature dei processi organizzativi? e capacità di valutare e comprendere i megatrend attraverso l’utilizzo dello strategic foresight, sostegno allo sviluppo di capacità di gestione delle crisi, e chiaramente potenziamento di competenze manageriali al passo coi tempi come leadership emotiva e pianificazione strategica, ma anche elaborazione e drafting legislativo adeguato al cambiamento tecnologico, service delivery e service design, per citarne solo alcune.
Un nuovo modo di fare policy
Alla base di tutto questo giace la consapevolezza che per gestire la complessità del nostro tempo sia ormai inevitabile affidarsi a un nuovo modo di fare policy, in grado di trasformare le esperienze e le conoscenze in strategie concretamente attuabili. Solo in questo modo si può realmente dare forma al cambiamento e plasmare il futuro.
Serve dunque abbinare alla previsione strategica l’integrazione di elementi scientifici nell’elaborazione di politiche, quello che in gergo si chiama “evidence informed policy making”. E non parliamo solo dell’utilizzo di dati, questo modello nasce dal voler integrare le considerazioni di esperti e scienziati, che devono esprimersi in modo che il politico possa recepire il messaggio, creando così delle cosiddette “repository” di informazioni utili e che, di fatto, integrano elementi scientifici nel processo decisionale - anche se deve essere sempre la politica a prendere le decisioni finali. D’altra parte, anche la Commissione Europea ha ormai adottato da tempo al suo interno questo approccio e declinato il concetto di foresight nelle analisi che fa per se stessa, come testimoniato dalla annuale pubblicazione di uno “Strategic foresight report”. E sempre per quanto riguarda le competenze per il futuro identificate dal ComPAct, il riferimento è proprio l’Innovative Policymaking competence model for policymaking, che identifica 36 competenze divise in 7 cluster, spaziando dall’abilità di stimolare e usufruire della partecipazione dal basso dei cittadini fino alla necessità di avere civil servants futures literate.
Per non parlare del lavoro che da qualche anno sta portando avanti l’Eu Policymaking hub del Joint research center della Commissione, dove si studiano i futuri tra i più disparati, concentrandosi su nuovi approcci e strumenti per imparare, ascoltare e assorbire i segnali, metodi non-convenzionali di analisi e comprensione dei problemi, inusuali possibili stimoli e idee per il policy-design e nuovi approcci per prendere decisioni e costruire fiducia e senso comune.
Prendendo un po’ spunto dal titolo del best-seller di Kim Stanley Robinson, “Il ministero per il futuro”, si tratta di provare a costruire amministrazioni “pronte” per il futuro, che magari abbiano al loro interno specifiche divisioni, composte da gruppi multidisciplinari di ricercatori, in grado di accompagnare e co-creare insieme alla politica i cambiamenti sul territorio.
Sostegno tecnico sì, ma on-demand
La DG Reform è in prima fila in questa stimolante sfida: le azioni del ComPAct saranno infatti finanziate principalmente proprio dallo Strumento di sostegno tecnico (Tsi). Quest'ultimo, in quanto successore aggiornato del Programma di sostegno alle riforme strutturali (Srsp), si fonda esattamente sul riconoscimento di quanto espresso nel corso di questo articolo, ovvero della centralità del lavoro di un'amministrazione pubblica e di una governance di alto livello quali fattori chiave per ripristinare e sostenere una crescita economica intelligente e inclusiva.
Il ComPAct però, ed è importante sottolinearlo, non è né una direttiva né un regolamento, e dunque non presenta alcuna obbligatorietà, così come l’accesso al Tsi, previa valutazione da parte della DG Reform, è su base volontaria. Sono dunque gli Stati membri e le singole PA di tutta Europa a dover fare richiesta per riformare le proprie organizzazioni, sempre nel rispetto del lavoro che ogni PA porta avanti secondo il proprio modello etico, culturale e socioeconomico.
Cosa è e cosa fa la DG Reform
La direzione generale per il Sostegno alle riforme strutturali (DG Reform) aiuta i Paesi dell'Ue a portare avanti delle riforme per sostenere la creazione di posti di lavoro e la crescita sostenibile. Tra le sue mansioni c'è quella di aiutare i paesi dell'Ue a a) progettare riforme strutturali e attuarle in modo efficace, b) applicare tempestivamente il diritto dell'Ue (il cosiddetto acquis), c) utilizzare i fondi dell'Ue in modo efficiente ed efficace. Inoltre, la DG REFORM è il riferimento della Commissione sul tema ampio e trasversale della pubblica amministrazione e della governance. La DG coordina l'attuazione delle azioni della Commissione per rafforzare lo spazio amministrativo europeo, in risposta alle sfide che devono affrontare. Il gruppo di esperti sulla pubblica amministrazione e sulla governance è una piattaforma per facilitare il dialogo tra la Commissione e i rappresentanti degli Stati membri.
Daniele Dotto è Capo Delegazione aggiunto – Delegazione dell’Unione europea in Marocco. Ha redatto questo articolo alla fine del suo mandato in qualità di Direttore Aggiunto presso la Direzione “Sostegno alle riforme degli Stati membri” - DG REFORM/ Commissione Europea, responsabile per la progettazione e attuazione di riforme nel settore della pubblica amministrazione e governance. Da più di dieci anni della sua trentennale carriera nella Commissione si occupa di governance e supporto tecnico agli stati membri: nel 2013 è infatti entrato a far parte della Task Force per la Grecia, a capo dell’unità “Politica di crescita e fondi strutturali”, per poi passare al Servizio di sostegno alle riforme strutturali (SRSS) e infine alla DG Reform, dove, tra le altre cose, ha presieduto il gruppo di Esperti sulla Pubblica Amministrazione.
Mauro Tommasi lavora presso la DG Reform della Commissione Europea come Policy e project officer nell’Unità “Pubblica amministrazione e Governance”. Ha frequentato la prestigiosa Scuola di Politiche fondata dall’ex primo ministro Enrico Letta, ed è stato selezionato tra i 100 giovani leader italiani del futuro da Fondirigenti, ente di formazione della Confindustria. Dal 2020 al 2023 ha collaborato con FPA, la piattaforma italiana per l’innovazione della pubblica amministrazione, supportando le attività di analisi e ricerca sui temi dell’innovazione del settore pubblico, nonché lo sviluppo del programma congressuale di FORUM PA, con particolare riferimento alla gestione delle relazioni con keynote speaker e ospiti internazionali.