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Lavorare con la previsione strategica: cronaca del convegno “Professione futurista”

Dal settimo incontro nazionale dei futuristi italiani: competenze, metodi e campi di azione dello strategic foresight a servizio dei processi decisionali. Riflessioni dei principali esperti e presentazione di buone pratiche.

di Cecilia Menichella

Cosa significa lavorare in termini professionali come futurista? A questa domanda hanno cercato di rispondere i diversi contenuti proposti all’interno del settimo convegno nazionale dell’Afi-Associazione dei futuristi Italiani, che si è svolto il 16 maggio presso la Fondazione stelline di Milano nella cornice del Festival dello sviluppo sostenibile 2023.

La riflessione, inaugurata dall’intervento del presidente di Afi Roberto Poli, ha cercato di definire quelli che sono gli obiettivi, la logica, le competenze, la forma mentis e gli strumenti di lavoro di un futurista nel campo delle scienze sociali. Chi è quindi il futurista in realtà? Un esperto di incertezza che trasforma le incertezze in capacità decisionali, selezionando una varietà di situazioni di faticosa comprensione e traducendole in qualcosa di gestibile da un punto di vista operativo. Per inquadrare il suo lavoro in qualità di professionista, è necessario comprendere che, nel campo dell’esercizio delle sue attività, fare le domande giuste, conoscere i metodi e imparare a sviluppare un frame of mind idoneo è un primo passo, ma non è sufficiente a descrivere la peculiarità degli studi di futuro.

Nel concreto, è fondamentale la presenza di una giusta attitudine per poter svolgere diversi ruoli contemporaneamente: quello del facilitatore, che organizza e propone delle visioni, e quello dell’analista, che descrive futuri possibili senza cadere nelle semplificazioni concettuali e trappole operative tipiche delle scienze sociali. Un compito di primaria importanza, assegnato al futurista, è anche quello di andare oltre ai dati e sviluppare delle analisi comparative dei fattori sociali, tecnologici, economici e psicologici, che condizionano le capacità operative delle organizzazioni e delle comunità, identificando problemi e opportunità da porre all’attenzione dei decisori.

Da un punto di vista metodologico, diversi sono i punti di attenzione che il futurista deve avere in mente. In particolare, alcuni elementi vengono considerati basici, come l’utilizzo di un approccio ampio, la focalizzazione sul lungo termine e la comprensione dei trend, altri risultano propri nella consapevolezza di chi lavora con il futuro, come la comprensione della natura critica delle differenze nazionali e organizzative, l’attenzione all’importanza delle asimmetrie e l’identificazione dei domini critici di competizione. “Serve capire che esistono diversi stili decisionali dei concorrenti e come questi interagiscono con il mio modo di gestire le scelte. Storia, cultura e posizione geografica condizionano la forma e la natura delle decisioni. L’idea che le organizzazioni siano agenti razionali non è vera. Spesso le decisioni emergono da calcoli politici, obiettivi economici o specifici interazioni organizzative. Bisogna essere quindi consapevoli che l’altra organizzazione che abbiamo di fronte non lavora come noi. C’è quindi un lavoro specifico da fare per capire come funziona l’altro”, così ha spiegato Poli, che sulle asimmetrie e sugli ambiti critici ha aggiunto: “Necessario risulta prestare attenzione alle asimmetrie strategiche, quelle che cambiano gli equilibri, su cui si può intervenire e che possono essere influenzare e che durano a lungo. Per quanto riguarda gli ambiti critici, si fa riferimento ai fattori fondamentali su cui intervenire, gli ambiti di competizione fondamentali o meno rilevanti, quelli che forniscono un vantaggio o uno svantaggio”.

Altra fondamentale riflessione sollevata è quella relativa alle domande che un futurista deve porsi. Il cuore dell’attività di un esperto in studi di futuro è proprio quello infatti di imparare a porre le giuste questioni, che siano strategiche e innovative, raramente o mai sollevate, che aiutino a stimolare la complessità del pensiero.

In quest’ottica, il futurista considera le strategie, ma il suo lavoro non è quello di predisporre un piano strategico o di raccomandare specifiche strategie. Il compito del futurista è infatti quello di descrivere le caratteristiche che ogni buona strategia dovrebbe avere. Seguendo questa prospettiva, l’istituzione di un’unità di previsione strategica non corrisponderebbe alla creazione di un centro studi, ma bensì all’identificazione di un mandato esplicito per poter realmente intervenire nei processi decisionali, andando oltre gli strumenti tradizionali ormai non più sufficienti, attraverso un processo top down.

Diventare esperti nell’incertezza, non significa fare previsioni o ragionare esclusivamente sui rischi, ma comprendere cosa associare ai diversi futuri possibili, superando i bias cognitivi e i precetti psicologici e culturali di cui ancora non abbiamo sufficiente consapevolezza”, ha affermato Christin Pfeiffer, responsabile del programma Unesco sulla futures literacy e sulle trasformazioni sociali.

Pfeiffer ha incentrato il suo intervento sul ruolo della previsione sociale orientato in particolare sulla riduzione delle disuguaglianze globali e su come i decisori dovranno riformulare i programmi politici per promuovere lo sviluppo di politiche sostenibili, attraverso la mobilitazione della conoscenza interdisciplinare e inclusiva propria delle scienze sociali e umane, e per rendere il futuro prescelto non solo prevedibile, ma anche realmente possibile.

Sulla costruzione di futuri, tendiamo spesso ad immaginare un futuro sostenibile e diversi futuri distopici. Tre gli scenari sono per il futuro del mondo: catastrofico, sostenibile, destinato ad un lento degrado. Quest’ultimo risulta essere il più probabile”. A guidare questi scenari, proposti nel suo intervento (guarda la presentazione) da Donato Speroni, responsabile di FUTURAnetwork, emergono alcune delle già citate questioni strategiche da porre all’interno del campo degli studi di futuro, per andare oltre a quello che siamo in grado di vedere oggi e stimolare delle riflessioni di grande complessità sul futuro del Pianeta: come si assesterà l’equilibrio demografico tra pressioni migratorie, invecchiamento della popolazione da una parte e aumento delle nascite dall’altra? Quale sarà l’impatto sul pianeta dell’aumento dei consumi nei Paesi in via di sviluppo? Saremo in grado di superare i tipping points? E quale sarà l’impatto del cambiamento climatico in corso? L’intelligenza artificiale prenderà il controllo? Raggiungeremo davvero l’immortalità biologica e assisteremo allo scontro tra naturali e potenziati? Come cambierà il mercato del lavoro? Crescerà il potere dell’empowerment femminile? Quale sarà quindi l’effetto sul modo di prendere le decisioni? La collaborazione multilaterale può andare oltre l’Agenda 2030? Ci saranno nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile?

In foto: Donato Speroni

Riguardo a questi temi nevralgici per la definizione dei possibili scenari globali a livello politico, economico, sociale e ambientale, ai quali Speroni ha dedicato una riflessione dettagliata nel corso dell’intervento, è importante sottolineare inoltre che, dai dati del Global risks report 2023, di dieci rischi maggiori calcolati per i prossimi dieci anni, sei sono legati alla crisi climatica, tre alle migrazioni e al conflitto sociale e uno al cybercrime.

La scarsa attenzione su questi temi rende incapace lo Stato e le amministrazioni pubbliche di investire su questo fronte, facendo penetrare questi concetti anche sui livelli operativi, e di dimostrare maggiore disponibilità nel farsi aiutare dagli esperti. Il ruolo dello Stato andrebbe ripensato proprio nei suoi compiti, attraverso l’attribuzione dell’analisi della complessità, della resilienza e della previsione strategica tra le sue funzioni principali”, ha affermato il direttore scientifico dell’ASviS Enrico Giovannini, che ha sottolineato l’importanza della diffusione della cultura della previsione verso gli individui per far sì che si realizzi una richiesta di politiche pubbliche orientate in questa direzione e che i politici rispondano ai bisogni dei cittadini, credendo e avendo fiducia nel sistema democratico.

Un ruolo centrale nel processo di cambiamento, oltre a quello del settore pubblico, è anche quello del mondo delle imprese, all’interno del quale, come dichiarato da Enrico Sassoon, direttore di Harvard business review Italia, l’utilizzo degli scenari si sta pian piano riscoprendo, per cercare di agire tempestivamente rispetto alle sfide sempre più difficili che ci verranno poste dal contesto globale, insieme alla necessità di occuparsi in maniera professionale e scientifica di esercizi di foresight e di previsione in uno spirito ottimistico.

Nel corso della sessione pomeridiana del convegno, sono state presentate poi alcune best practices sviluppate da futuristi professionisti su vari settori di diverso contesto. In particolare, Elena Antoniazzi e Massimo Tamiatti dell’Agenzia Piemonte Lavoro hanno raccontato come, in seguito allo scoppio della pandemia, con la trasformazione del lavoro e la transizione digitale, siano stati realizzati, con il supporto degli esperti e il coinvolgimento di 139 risorse, dei laboratori di percorsi di futuro con lo scopo di diffondere la futures literacy nel personale e di promuovere attività di engagement per realizzare la consapevolezza della centralità dell’investimento nella resilienza e nella flessibilità dell’organizzazione. L’obiettivo è stato quello di fronteggiare processi trasformativi, spinti dallo smartworking, dall’introduzione del Sistema pubblico di identità digitale, dallo sblocco dei licenziamenti durante il 2021 e dal programma Garanzia Occupabilità lavoratori del Pnrr, per arrivare all’affermazione concreta di principi cardine dell’innovazione, come quello del digital first, e all’avvio strutturato di un confronto attivo su mercati del lavoro e scenari futuri, con la proposta di costituire un ufficio interno di strategic futures.

La definizione degli scenari è una occasione per definire l’insieme complesso di quadri di analisi, favorendo il dialogo tra diversi punti di vista e creando maggiore sinergia tra gli associati del gruppo”, così ha commentato Matteo Aguanno, direttore del Gruppo di azione locale Prealpi e Dolomiti, raccontando il lavoro svolto per governare la complessità delle attuali politiche di sviluppo territoriali nel campo dell’economia rurale attraverso gli studi di futuro. Il percorso svolto ha portato, tra i diversi risultati, alla realizzazione di un portfolio anticipante come strumento di analisi per risolvere la complessità dei vari livelli di governance in una visione del territorio al 2040, insieme ai risultati di diverse indagini effettuate con i metodi della previsione sociale.

Successivamente, è stato presentato da Deli Salini, senior researcher e docente scuola universitaria federale per la formazione professionale di Lugano, il progetto Re Care, che si propone di favorire la resilienza nelle cure attraverso un contributo al mantenimento e al reinserimento del personale infermieristico nelle cure di lunga durata, agendo in modo integrato e sostenibile sui processi gestionali. Il progetto, nelle diverse aree di intervento, ha tra gli obiettivi quello di aumentare i livelli di resilienza del personale di cura, attraverso pratiche di costruzione degli scenari futuri della professione e dei nuovi ruoli richiesti nella professione. In particolare, seguendo questa direzione, ha previsto l’attivazione e la preparazione tra il 2020 e il 2022 degli Atelier dei futuri, percorsi formativi interprofessionali per le strutture sanitarie, che coniugano attività di apprendimento e di progettazione attraverso i metodi della previsione sociale.

Joice Preira, con-direttrice dello Speculative Design Hub, e Arianna Mereu, docente di Strategic foresight and fashion trend forecasting del Polimoda, hanno presentato poi lo Speculative design hub dell’Italian Institute for the future, un progetto che ha lo scopo di organizzare attività culturali e di formazione, laboratori, iniziative editoriali e di ricerca sui temi dello speculative design, un insieme di approcci e tecniche di esplorazione e visualizzazione delle possibilità per prepararci alle sfide e comprendere il futuro. “Ci proponiamo di operare secondo un approccio multidisciplinare, decolonizzato, inclusivo e democratico, creando e diffondendo nuove pratiche e nuovi strumenti di futuri, con rigore scientifico e tanta creatività”, cosi ha affermato Preira. All’interno di questo contenitore è stata promossa l’iniziativa FutureWear, in collaborazione con la cooperativa sociale Baumhaus di Bologna, rivolta agli studenti marginalizzati degli istituti superiori tecnici attraverso la formazione degli insegnanti nella costruzione di scenari realistici e desiderabili nel settore della moda nel 2035 e dei profili professionali richiesti, al fine di anticipare e progettare strategie efficaci di inclusione e di innovazione formativa.

L’ultima buona pratica, inserita nel campo della new space economy, è stata presentata a conclusione dell’evento da Pietro Guerrieri, chief strategy officer della D-Orbit, dedicata all’analisi logistica spaziale dei prossimi 30 anni.  Secondo i risultati presentati da Guerrieri, si assisterà a una crescita economica di investimenti nel settore, fino ad arrivare a 1.400 miliardi entro il 2030, e un aumento esponenziale dei satelliti, dai 3.300 attualmente operativi ai 65.000 previsti al lancio nei prossimi dieci anni. Sono state individuate anche diverse tendenze chiave del futuro in questo settore, che in particolare riguardano l’interesse concreto e reale di investimento da parte di player privati, l’introduzione di nuove tecnologie (razzi riutilizzabili, stampa 3D, intelligenza artificiale) per approcci più efficienti ed economici all’esplorazione dello spazio, la presenza di nuovi modelli di business e dell’offerta di nuovi servizi, come l’assistenza satellitare e il turismo spaziale, e la collaborazione tra aziende che si occupano di new space per la creazione di ecosistemi virtuosi.

Abbiamo compreso la necessità di allargare la prospettiva di analisi attraverso la capacità di andare oltre gli ostacoli cognitivi, utilizzando strumenti strutturati che portano a risultati pratici”, così ha commentato Guerrieri il lavoro che la D-Orbit sta portando avanti sulle nuove strategie di indagine effettuate attraverso il corporate foresight.

Guarda la presentazione di Donato Speroni

di Cecilia Menichella

venerdì 19 maggio 2023