Tre domande chiave su cambiamento climatico, cultura e patrimonio culturale
Spesso si pensa che il compito delle organizzazioni culturali sulla sostenibilità sia amplificare il lavoro di altri. In realtà la responsabilità è molto più ampia. Se ne parla l’11 maggio a Bologna.
di Paola Dubini
L’evento “Cultura e cambiamento climatico” del Gruppo di lavoro trasversale “Cultura per lo sviluppo sostenibile” che si svolgerà l’11 maggio nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2023, organizzato dall’ASviS in collaborazione con la Fondazione Scuola dei Beni e delle Attività culturali, prende spunto dal progetto “Three Key Questions on culture, cultural heritage and climate change”, ovvero “Le tre domande fondamentali su cultura, patrimonio culturale e cambiamento climatico” che sono state poste al termine di un percorso di ricerca[1] a sei esponenti internazionali del mondo della ricerca, delle istituzioni, dell’attivismo e dell’associazionismo, impegnati in attività di contrasto al cambiamento climatico, di tutela del patrimonio culturale e di diffusione di consapevolezza sul tema. Sei professionisti con background ed esperienze professionali diverse, sviluppate in contesti territoriali differenti, che hanno apportato una ricca varietà di punti di vista sui nessi esistenti fra cultura e cambiamento climatico che difficilmente sono messi in comune.
Alessandra Bonazza ha un dottorato in scienze della terra, dal 2004 è ricercatrice presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche d'Italia - Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima (Cnr-Isac), dove è responsabile dell'Unità "Impatti su ambiente, beni culturali e salute umana". Il suo background accademico è la geologia, ma ha lavorato sempre nel campo delle scienze del patrimonio passando dalla caratterizzazione dei materiali da costruzione alla valutazione dell'inquinamento e dell'impatto climatico su monumenti e siti archeologici. È particolarmente interessata alla resilienza e all'adattamento del patrimonio culturale ai cambiamenti climatici, alla compatibilità ambientale e alla durata dei materiali nel restauro. Ricercatrice principale in diversi progetti, ha recentemente coordinato lo studio finanziato dalla Dg-Eac “Safeguarding Cultural Heritage from Natural and Man-Made Disasters” e il progetto Interreg ProteCHtsave e coordina il progetto Interreg Strench.
Rodney Harrison è professore di Studi sul patrimonio culturale all’Istituto di Archeologia dell’University College di Londra. Ha maturato una notevole esperienza nell’insegnamento e nella ricerca legati alla conservazione del patrimonio naturale e culturale nel Regno Unito, in Europa, in Australia, nel Nord e Sud America. Ha coordinato e partecipato a numerosi progetti complessi di ricerca, fra i quali: Heritage Futures (I futuri del patrimonio), Reimagining Museums for Climate Action (Ri-immaginare i musei per la lotta al cambiamento climatico), Landscape Futures and the Challenge of Change: Towards Integrated Cultural/Natural Heritage Decision Making (I futuri del paesaggio e la sfida del cambiamento: verso processi decisionali integrati sul patrimonio culturale e naturale). È autore e curatore (individualmente o collettivamente) di venti volumi e oltre cento articoli e capitoli di libri. I suoi testi più recenti includono “Il patrimonio culturale. Un approccio critico”, pubblicato in italiano da Pearson nel 2020.
Stefano Della Torre è presidente della Sira – Società Italiana per il Restauro dell’Architettura. Dal 2001 è professore ordinario di restauro architettonico al Politecnico di Milano. È stato consulente della Regione Lombardia e della Fondazione Cariplo, occupandosi di politiche per la conservazione programmata del patrimonio culturale costruito. È coordinatore del settore del patrimonio culturale del Programma nazionale della ricerca 2021-27. È autore di oltre 400 pubblicazioni.
Toon Maassen è uno dei fondatori di De Ceuvel, uno spazio urbano multifunzionale per l’innovazione, la sperimentazione e la creatività che persegue lo scopo di rendere la sostenibilità concreta, accessibile e divertente. De Ceuvel è nata da un Gruppo di architetti che hanno vinto un bando per rigenerare un vecchio cantiere navale nell’area nord di Amsterdam. Toon Massen è laureato in fisica e sostenibilità e ha condotto programmi televisivi per bambini sulla sostenibilità.
Marco Scotini è il direttore artistico di Fm – Centro per l’Arte Contemporanea e direttore del Dipartimento di arti visive e studi curatoriali di Naba a Milano. È il direttore del programma del Parco Arte Vivente di Torino e ha lavorato come curatore con molte istituzioni internazionali (Biennale di Venezia, Biennale di Praga, Van Abbemuseum, Museo Reina Sofía, Bangkok Art Biennale, Castello di Rivoli, Mit). I suoi ambiti di interesse sono l’ecologia contemporanea, l’ecologia ambientale e climatica, l’ecologia sociale e culturale. Nel 2018 è stato il curatore della Biennale di Yinchuan (Cina) che si poneva l’obiettivo di rispondere alla domanda “cos’è oggi l’ecologia’”.
Alison Tickell è la fondatrice di Julie’s Bicycle, un’organizzazione no profit che si occupa dell’ecosistema culturale come attore centrale della lotta al cambiamento climatico. Alison Tickell lavora con l’intero ecosistema, dai finanziamenti, l’infrastruttura, la logistica, i ministeri e i finanziatori, ma anche con la pratica culturale stessa: gli artisti e le loro storie. Negli ultimi tredici anni, ha individuato un originale modalità di occuparsi di cambiamento climatico rivolgendosi alle principali aziende perché intraprendano cambiamenti radicali, ha contribuito a risparmi energetici di grande entità, ha utilizzato la capacità di penetrazione della cultura per spingere chi produce cultura a cambiare mentalità e comportamenti nell’ambito di una strategia capace di affrontare le sfide del momento.
Le tre domande su cui si sono confrontati riguardano trasversalmente tutti i settori culturali e hanno ad oggetto i modi in cui per una organizzazione culturale è possibile parlare in modo efficace del cambiamento climatico, nonché il ruolo della cultura nelle azioni di contrasto o adattamento. Questo è un nodo rilevante, perché spesso - in modo un po’ semplicistico - si pensa che il compito delle organizzazioni culturali riguardo alle tematiche di sostenibilità abbia prevalentemente a che fare con l’amplificazione – ancorché “intelligente” – del lavoro di “altri”. Inevitabilmente, l’analisi attorno a tre domande “secche” rende possibile un confronto fra differenti prospettive su quale sia la strategia migliore per parlare di cambiamento climatico e di come cultura e patrimonio culturale possano divenire allo stesso tempo attori e palcoscenico di ogni azione di mitigazione dei cambiamenti climatici.
Domanda 1: Responsabilità individuale o collettiva?
Dalla attività di ricerca svolta dalla Fondazione sul ruolo della cultura e dei beni culturali nel contrasto al cambiamento climatico, è emersa una forte polarizzazione sull’approccio alla sensibilizzazione della società civile. Alcuni propongono infatti una comunicazione incentrata sulla responsabilità individuale, altri su quella collettiva: quale può essere più efficace tra le due? Fino a che punto è efficace evidenziare la responsabilità personale riguardo al cambiamento climatico? Dall’altro lato invece, inquadrare collettivamente le cause dei cambiamenti climatici potrebbe smorzare l’incentivo ad agire individualmente?
Domanda 2: L’approccio alla perdita e al danno
Il report “The Future of our pasts: engaging cultural heritage in climate action” pubblicato da Icomos nel 2019 identifica “Loss & Damage” come una delle quattro categorie della Climate Action. Questa categoria comprende le azioni applicabili quando l’adattamento al cambiamento climatico non è più possibile. Questa categoria introduce l’idea che non tutto il patrimonio culturale potrà essere salvato o almeno non in condizioni ottimali. I relatori sono stati sollecitati ad analizzare se una prospettiva basata sull’idea di perdita possa essere efficiente nell’incoraggiare il cambiamento, al di fuori di qualsiasi prospettiva etica.
Domanda 3: Sfera cognitiva o emotiva?
Gran parte delle attività di sensibilizzazione sul tema del cambiamento climatico è affidata a dati statistici che possono essere recepiti solo dalla nostra sfera cognitiva. Probabilmente perché avvenga un cambiamento dei comportamenti è necessario che anche la sfera emotiva sia coinvolta. Che ruolo può avere la cultura in questa azione e in che modo può contribuire a costruire un immaginario di futuri possibili in un mondo segnato dal cambiamento climatico?
Il dibattito nato intorno alle tre questioni è stato particolarmente interessante proprio perché non “disciplinare”, toccando questioni di fondo sulla responsabilità che la cultura e gli operatori culturali hanno nell’innescare modalità diverse e cooperative di lavoro e di creazione. Il cambiamento climatico è una questione estremamente trasversale che non può essere affrontata attraverso specialismi e chiusure: non è possibile trovare soluzioni, nemmeno a problemi specifici, rimanendo all’interno di settori chiusi o del proprio ambito disciplinare. In quest’ottica, il tema della sostenibilità climatica non si separa più da quello più generale della sostenibilità e non appare fuori luogo chiedersi se il sistema culturale sia pronto ad affrontare questa ulteriore sfida. Da qui il dibattito continua durante il Festival. Vi aspettiamo a Bologna.
[1] l’iniziativa, promossa dalla Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali e dal Ministero della cultura, con il prestigioso supporto di Europa Nostra si è svolta nel 2022. Il testo completo è disponibile su https://www.fondazionescuolapatrimonio.it/wp-content/uploads/2022/11/Three-Key-Questions-on-Culture-Cultural-Heritage-Climata-Change_-Proceedings.pdf e comprende una introduzione di Andrew Potts e un’appendice dedicata a illustrare 30 progetti realizzati in questo ambito.
di Paola Dubini, professoressa di Management presso l’Università Bocconi, coordinatrice Gruppo di lavoro trasversale ASviS cultura per lo sviluppo sostenibile