Ecco perché l’idrogeno verde sarà protagonista nel sistema energetico integrato Ue
Oggi l’idrogeno è sempre più utilizzato nell’industria perché facile sia da trasportare che da stoccare. Ma occorre investire nello sviluppo delle tecnologie per ottenerlo in modo pulito.
di Toni Federico, coordinatore GdL ASviS 7 e 13
L’idrogeno, la materia più diffusa nell’universo, non è niente più che un protone circumnavigato da un elettrone. Ne sono ricchi il sole e la terra, dove si compone con l’ossigeno per dare acqua. La materia solare è un plasma, gas ionizzato ad alta temperatura dove nuclei leggeri di idrogeno, cioè protoni, possono collidere ad alta velocità dando luogo a fusione nucleare, per effetto tunnel sotto la barriera coulombiana di 280 keV, e a creazione di atomi più pesanti. La massa solare di 2*1030 kg è tenuta insieme dalle forze di gravità, capaci di creare pressioni dell’ordine delle 500 Gatm con densità 150 t/m3, equilibrate da un’energia cinetica che nel nucleo (10% in volume e 40% della massa) è pari alla temperatura di 13,6 milioni di Kelvin (1170 eV). Nel sole fondono 600 Mt di idrogeno al secondo di cui 4 Mt vengono resi in energia per 4 1026 W (Joule/sec). Sulla terra ne arriva un miliardesimo (10-9) sotto forma di fotoni, neutrini e vento solare (73% H2, 25% He, 2% elementi in tracce, con una velocità media 450 km/s). Il punto di ebollizione dell’idrogeno a pressione ambiente è a -252,766 °C.
L’idrogeno brucia producendo acqua (H2O). Ha un contenuto energetico per unità di massa superiore al gas naturale o alla benzina (120 MJ/kg) che lo rende attraente come carburante per i trasporti. Su base volumetrica, il contenuto energetico è relativamente basso (10,8 MJ/m3), il che significa che devono essere utilizzati volumi maggiori per soddisfare la stessa domanda di energia della benzina e del gas. L’idrogeno può essere trasportato sotto forma di composti che lo contengono come l’ammoniaca (NH3) o il metanolo (CH3OH), liquidi a temperature e pressioni relativamente vicine alle condizioni ambientali, che ne facilitano trasporto e stoccaggio, oltre a poter essere utilizzati come combustibili a sé stanti e come reagenti chimici nei processi di produzione industriale.
L’idrogeno in technicolor
L’idrogeno viene ormai universalmente associato a un colore, a seconda del metodo di produzione:
- Nero o marrone - prodotto utilizzando diversi tipi di carbone in reazione con il vapor d’acqua (syngas – CO + H2 - etc.) ed eliminando la CO2.
- Rosa – prodotto mediante elettrolisi del vapor d’acqua ad alta temperatura in un reattore nucleare.
- Grigio – Idrogeno prodotto dalla trasformazione del gas naturale con emissioni di CO2 in atmosfera (Steam reforming, pirolisi etc.). È l’attuale standard industriale.
- Blu – Idrogeno grigio in combinazione con la tecnologia di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS). La maggior parte della CO2 emessa con i gas di scarico, verrebbe immagazzinata nel sottosuolo.
- Green o verde – Idrogeno senza emissioni prodotto da un elettrolizzatore alimentato da energia rinnovabile.
La maggior parte dell'idrogeno generato oggi è grigio e proviene dallo steam reforming del metano con vapor d’acqua (SMR). Viene utilizzato in gran parte nella produzione di ammoniaca per i fertilizzanti o prodotti petrolchimici. La produzione mondiale nel 2021 si aggirava attorno ai 100 Mt. Il gas naturale viene fatto reagire con acqua per produrre H2 e CO2 attraverso due reazioni secondo cui si formano una mole di CO2 e quattro moli di H2 per ogni mole di metano.
Vengono così prodotti 0,5 kg di H2 e 2,75 kg di CO2 per ogni kg di metano consumato, 5,5 kg di CO2 per kg di H2 prodotto. Al netto di ogni perdita di processo, una mole di metano brucia producendo 891 kJ. Le due di idrogeno possono dare 572 kJ. Lo steam reforming esita 4 moli di H2 (1141 kJ), più del metano, ma le reazioni sono endotermiche per 165 kJ/mol, e con l’energia consumata il rendimento del processo non supera il 65% e si perdono non meno di 400 kJ/mol.
L’elettrolisi dell'acqua alimentata con l'energia rinnovabile può dare le quantità di idrogeno verde necessarie per la transizione energetica ed è, in prospettiva, un metodo d’elezione per stabilizzare il carattere intermittente dell'energia rinnovabile, convertendo in idrogeno green l'energia prodotta in eccesso. Il costo è per ora dell’ordine di 3,56-9,08 US$/kg per l'energia eolica e 3,34-17,30 US$/kg per l'energia solare, superiore a quello dell’idrogeno da SMR, 0,91-1,69 US$/kg. La disponibilità di energia a basso costo è un fattore critico nello sviluppo della tecnologia di scissione dell'acqua; l'energia richiesta per liberare una mole di idrogeno dalla scissione dell'acqua è infatti sette volte superiore all'energia richiesta per liberare una mole di idrogeno dal metano con le tecnologie industriali correnti.
Un tipo di approvvigionamento tradizionale ma, per ora, avveniristico è quello dell’idrogeno naturale (gold), che si estrae dal sottosuolo mediante:
- Trappole. L'idrogeno potrebbe essere sfruttato come petrolio e gas, perforando serbatoi intrappolati in rocce porose sotto depositi di sale o altre rocce impermeabili.
- Diretta. Potrebbe essere possibile attingere direttamente alle rocce sorgenti ricche di ferro, se sono sufficientemente poco profonde e fratturate da consentire la raccolta dell'idrogeno.
- Enhanced. La produzione di idrogeno potrebbe essere stimolata pompando acqua nelle rocce ricche di ferro. L'aggiunta di anidride carbonica la sequestrerebbe dall’atmosfera, rallentando il cambiamento climatico.
Stoccaggio e trasporto dell’idrogeno
Sono in campo metodi di stoccaggio in grande quantità, Si vedrà con l’esperienza e caso per caso il metodo più conveniente:
Compressione. È il metodo attualmente più sviluppato e utilizzato per immagazzinare l'idrogeno. Sono stati sviluppati cinque diversi tipi di contenitori da 100 a 700 atm. Alle pressioni maggiori, impiegando il 10% del contenuto energetico, possono essere immagazzinati solo 0,81 kWh l−1 alla densità di 26 g l−1.
Liquefazione. Raffreddato a -253 °C, al costo del 30% della sua energia, l’idrogeno ha una densità di 70,8 kg m-3, 775 volte rispetto al gas in condizioni atmosferiche. La densità energetica del liquido è di 8,5 volte dei 36,3 MJ l−1 del gasolio al netto dello spessore del materiale isolante per i serbatoi.
Con i liquidi. Per lo più ammoniaca, NH3 che può essere usata come vettore per l’idrogeno e anche come combustibile. Si produce a temperature di 300-500 °C e pressioni di 150–200 atm facendo reagire l’idrogeno con l’azoto dell’aria. La reazione inversa per avere idrogeno richiede alte temperature, >450 °C, e la separazione dell’idrogeno in uscita dall’ammoniaca residua.
Con i solidi. Sono allo studio diversi metodi che immagazzinano H2 in materiali solidi: metalli che funzionano come spugne oppure polveri che rilasciano idrogeno a contatto con l'acqua o a temperature elevate. La capacità di immagazzinamento gravimetrico è ovviamente molto bassa e i metalli più leggeri sono più stabili e quindi danno legami più forti. Il litio, può formare LiH, 12,5% in peso e 944 °C per la deidrogenazione. L’idruro di magnesio MgH2, 7,7% in peso, 110 gH2 l−1 e 300 °C per il rilascio, ha il vantaggio che Mg è abbondante ed economico. Il boro, un metalloide, stocca H2 come NaBH4 e NH3BH3 con il 10,8% in peso e 125 gH2 l−1. Il rilascio può avvenire a 530°C ma anche in acqua guadagnando due moli di idrogeno mentre solo due sono immagazzinate nel boro:
NaBH4 + H2O → 4H2 + NaBO2
La reazione di idrolisi va catalizzata con il cobalto.
Trasporto dell’idrogeno. L’idrogeno può essere mescolato al gas naturale nella rete attuale fino al 20% senza compromettere il funzionamento dei macchinari e degli elettrodomestici. In condizioni standard, il metano ha tre volte il potere calorifico dell'idrogeno. L'idrogeno, con la sua minore densità, ha una velocità di flusso fino a tre volte maggiore. L'integrità dei tubi e dei raccordi in acciaio è sensibile all’idrogeno atomico e alle sollecitazioni dinamiche dovute alla fluttuazione della pressione ma, in condizioni operative normali, la pressione è costante e c’è solo idrogeno molecolare (H2). I compressori di linea devono essere invece potenziati e/o più numerosi. Non ci sono particolari problemi nell’uso degli attuali stoccaggi del gas naturale dove l’idrogeno potrà andare a pressione più alta.
Motori, turbine e fuel cell
I motori a combustione di idrogeno non hanno avuto fortuna soprattutto per mancanza di idrogeno. Un moderno motore a idrogeno non è diverso da un motore a metano. Le differenze stanno nel modo in cui il carburante e l'aria vengono dosati e iniettati: si evita la preaccensione con l'iniezione diretta nei cilindri in un momento in cui la valvola di aspirazione è chiusa, piuttosto che nel collettore di aspirazione o nelle luci, cosicché non può esserci ritorno di fiamma. Se l'idrogeno brucia in eccesso di ossigeno, si formano pochissimi NOx, quindi i motori a idrogeno lavorano "magri", con un eccesso di aria >2. Rimane comunque necessario un sistema catalitico di trattamento dei gas di scarico per rimuovere gli NOx in eccesso. Questi motori si prestano per i veicoli pesanti, le cui emissioni sono tipicamente hard to abate, Tir, treni, navi etc.
Le turbine a idrogeno vengono impiegate per avere emissioni zero anche alle grandi potenze: generazione elettrica, aviazione etc. Progettate ad hoc per dimensioni e flussi, le turbine a idrogeno non sono affatto diverse dalle turbine oggi usate per il gas naturale, che però emettono da 305 a 380 g/kWh di CO2 in ciclo combinato (dati GE). Per effetto delle temperature di combustione più alte, fino a 1085 °C, danno più emissioni di NOx e qualche problema in più per il controllo della fiamma. Per ora i costruttori preferiscono seguire la strada del blending metano-idrogeno con percentuali crescenti di quest’ultimo, che si va a produrre localmente con gli elettrolizzatori green. Nella generazione elettrica queste soluzioni possono contribuire alla stabilità delle reti, alla produzione di potenza reattiva e allo stoccaggio dell’energia sotto forma di idrogeno.
La cella a combustibile utilizza idrogeno e ossigeno per generare elettricità emettendo solo calore e acqua, con un processo che è l’inverso dell’elettrolizzatore. Uno dei tipi più comuni di cella usa una membrana elettrolitica polimerica (Pem) inserita tra gli elettrodi. Il Pem è un composto organico sottile, solido, tipicamente della consistenza di un involucro di plastica e spesso circa da due a sette fogli di carta. Questa membrana funziona come un elettrolita: conduce ioni carichi (protoni), ma non elettroni. Anodo e catodo sono porosi, permeabili ad idrogeno e ossigeno, e sono in carbonio integrato con particelle di platino, metallo raro, prezioso e costoso, riciclabile almeno al 50%, che fa da catalizzatore, come per le marmitte catalitiche. Le piastre metalliche di contenimento convogliano i gas agli elettrodi, l'acqua e il calore lontano dalla cella e gli elettroni ai circuiti elettrici. La reazione elettrochimica produce 242 kJ di calore per mole.
I Tir, i bus e le macchine operatrici, lavorano per lunghe ore e generano oltre il 20% delle emissioni GHG dei trasporti. L’elettrificazione Bev richiederebbe enormi batterie e molte ore di ricarica ultraveloce, laddove il gasolio alla pompa viene pompato fino a 100 miglia al minuto. La soluzione ideale sono le fuel cell efficienti a tutti i livelli di potenza, dove una batteria serve solo per l'avviamento e l'immagazzinamento dell'energia di frenata. Le fuel cell contengono più energia per unità di massa delle batterie al litio e del gasolio. Aumentando le dimensioni del serbatoio dell'idrogeno, un Tir può disporre di una maggiore quantità di energia senza aumentare significativamente il peso. Il mercato dei veicoli commerciali a fuel cell (Toyota, Volvo, Scania, Nikola, Iveco etc.) è stato valutato a 2 GUS$ nel 2021 e dovrebbe crescere fino a 14 GUS$ entro il 2027.
Per questi vettori il problema è il serbatoio dell’idrogeno. L'idrogeno gassoso non è utilizzabile per il trasporto marittimo né per gli aerei e i droni. Per le navi si sta esplorando l'uso dell'ammoniaca, NH4, che, sfortunatamente, è tossica. L’idrogeno si libera a temperature modeste dall’azoto che, a sua volta, viene estratto dall'aria di cui costituisce circa l’80% in maniera molto più semplice e con meno energia della CO2. I volumi di stoccaggio dell’ammoniaca sono simili ai carburanti a base di carbonio come il metanolo. Per l’aviazione si pensa ai combustibili sintetici o all'idrogeno liquido che però costituisce solo il 18% del peso totale dei serbatoi contro il 78% del cherosene. La frazione in peso deve raggiungere almeno il 28% per competere con i fossili.
I combustibili sintetici e gli e-fuel
Il processo di trasformazione diretta del carbone in combustibile sintetico è stato sviluppato in Germania (Bergius) dove la produzione iniziò nel 1919. Anche la conversione indiretta, dove il carbone viene gassificato e poi convertito in combustibili sintetici è stata sviluppata in Germania da Fischer e Tropsch nel 1923. Durante la seconda guerra mondiale la Germania ha utilizzato il petrolio sintetico per i suoi mezzi militari facendone la principale fonte di benzina per aviazione di alta qualità, olio, gomma, metanolo, ammoniaca e acido nitrico e anche gas (syngas e metano) e gasolio. Hanno sintetizzato anche l'olio alimentare, che è stato testato sui prigionieri dei campi di concentramento. Nel 1937 le quattro centrali a carbone di lignite della Germania centrale producevano 4,8 milioni di barili di combustibile per anno. La produzione di sintetici divenne ancora più vitale quando l'Armata Rossa occupò i giacimenti di Ploiești in Romania, il 24 agosto 1944, negando alla Germania l'accesso alla sua più importante fonte di petrolio naturale.
Improvvisamente i carburanti sintetici sono balzati agli onori della cronaca per effetto della ben nota diatriba tra Germania, Italia e Commissione europea sul phase-out dei fossili al 2035. Si producono allo stesso modo dei progenitori sintetici ma usando idrogeno verde e CO2 dall’aria anziché carbone. I metodi sono i seguenti:
Metanazione della CO2. Usando il nickel come catalizzatore oltre i 400 °C e le 100 atm:
CO2 + 4H2 → CH4 + 2H20 ΔH = -156 kJ/mole
In un prototipo tedesco di reattore di metanazione (Elettrolisi + BECCS) si ha un'efficienza totale del 78%, con un conseguente costo energetico aggiuntivo per lo stoccaggio dell'idrogeno di circa 9 kWh/kg L'acqua si forma come sottoprodotto con cui la metà dell'idrogeno green viene perso.
Metanolo e acido formico green. A 230°C e 50 atm, con un catalizzatore che utilizza Cu/ZnO/Al2O3 si raggiunge una resa di equilibrio intorno al 30% con la reazione:
CO2 + 3H2 → CH3OH + H2O, ΔH = 50 kJ/mole
La perdita di idrogeno è di 1 su 3 moli. Per avere acido formico, utile solo per lo stoccaggio dell’idrogeno, la reazione è:
CO2 + H2 → HCOOH, ΔH = −32.2 kJ mol−1
La strategia europea per l’idrogeno
L’Europa è alla ricerca dell’autonomia energetica e della decarbonizzazione dell’economia al 2050. Un grande ruolo è riservato in Europa all'idrogeno perché può validamente sostenere la decarbonizzazione dell'industria, dei trasporti, della produzione di energia e degli edifici, alimentare settori che non sono adatti all'elettrificazione e fornire lo stoccaggio che serve per bilanciare i flussi variabili di energia rinnovabile.
La priorità è l'idrogeno green ma, a breve e medio termine, sono ammesse altre forme di idrogeno a basse emissioni per ridurre rapidamente le emissioni e sostenere lo sviluppo del mercato. Dal 2020 al 2024 si installeranno almeno 6 GW di elettrolizzatori e verrà prodotto fino a un Mt di idrogeno green. Dal 2025 al 2030, l'idrogeno diverrà protagonista del sistema energetico integrato Ue, con almeno 40 GW di elettrolizzatori e 10 Mt di idrogeno verde prodotto. Dal 2030 al 2050, le tecnologie dell'idrogeno rinnovabile devono raggiungere la maturità ed essere implementate su larga scala in tutti i settori hard to abate.
Nel nuovo regolamento EU del 2023 gli elettrolizzatori, per essere considerati rinnovabili, dovranno usare solo elettricità rinnovabile in eccesso su base oraria, senza distrarre l'energia rinnovabile dalla rete. La legge richiede che gli impianti di energia rinnovabile non abbiano più di 36 mesi di vita. La riduzione delle emissioni di gas serra derivanti dall'idrogeno verde e dai combustibili associati (che possono contenere carbonio) deve essere superiore al 70% rispetto ai combustibili fossili. Tutte queste condizioni entreranno in vigore non prima del 2028 mentre, per stimolare l'introduzione a breve termine degli elettrolizzatori, per ora verrà accreditato anche l’idrogeno semi-green prodotto da elettricità con meno di 65 gCO2/kWh, ovvero a condizione che il produttore sottoscriva un contratto a lungo termine per energia rinnovabile equivalente al suo consumo. Una vittoria per la Francia di Macron che potrà mettere nei tubi, non senza polemiche, il suo idrogeno rosa prodotto nelle centrali nucleari francesi mediante una elettrolisi del vapore ad alta temperatura, più efficiente dell’elettrolisi verde da rinnovabili.