Il mondo occidentale dalle contrapposizioni alle relazioni
Siamo in stand by, con tensioni crescenti. Non abbiamo cultura ed esperienza storica per risolvere il problema. Non conviene però rimanere fermi.
di Remo Lucchi, presidente dell'Advisory board di Eumetra Mr
Viviamo in un periodo di tensioni crescenti, che inondano tutto il mondo – quantomeno quello occidentale – di notizie negative, che turbano la testa e fanno stare male. Ed è una tendenza crescente, non più sopportabile, che sta innescando progressivi rifiuti: ci si allontana dalle notizie, sempre di più. Ci si allontana dalla vita che ci circonda.
È questa un’anomalia che è esplosa in questi ultimi anni, e non è provocata dal desiderio del giornalismo di voler essere attrattivo dando priorità alle tensioni, ma dalle effettive negatività sociali che sono esplose in epoca recente.
Gli studi condotti indicano che la causa innescante della gran parte delle negatività è il clima di contrapposizione sociale che si è creato negli ultimi anni, come manifestazione anomala innescata da una evoluzione “interrotta” di buona parte degli individui, che non è stata accettata, e nella quale viene coinvolto un numero sempre crescente di soggetti.
Cerchiamo di capire il perché della nascita di queste contrapposizioni. E capite le cause, individuiamo delle possibili soluzioni di rimedio. Cerchiamo innanzitutto di capire come è fatto il contesto sociale. Iniziamo dall’avvio della vita.
Il sistema sociale ed i vari movimenti evolutivi
La natura, alla nascita, dota l’individuo di un corpo, e di una testa con cervello. Per poter crescere, sia il corpo che la testa con cervello devono essere alimentati con quantità, qualità e ritmi corretti:
- Per il corpo, quantità e qualità corrette di cibo: l’importante è trovare equilibri, pur ripetitivi.
- Per la testa, quantità e qualità di formazione, però in continua evoluzione, nella qualità e nella quantità. Bisogna trovare continui nuovi ingredienti formativi, perché il contesto è di crescente complessità. Quindi c’è più problematicità nella crescita della testa/cervello, rispetto alla crescita del corpo.
Distinguiamo i tre momenti della possibile (ma non certa) evoluzione:
- La Fase 0: è il momento in cui il corpo cresce / è cresciuto, ma la testa non ha ancora avuto alcun investimento.
- La Fase 1: è il momento in cui la testa ha ricevuto un contributo basico: fondamentale, ma non sufficiente
- La Fase 2: è il momento in cui l’individuo è formato in tutta la sua completezza.
Analizziamo i tre momenti
La Fase 0
La “Fase 0”, come si è accennato, è la fase in cui solo il corpo viene formato, e non vengono fatti investimenti per la testa. Si può anche vivere con il solo corpo formato, come è successo per millenni, e fino a pochi anni fa. Ma se per la testa non viene fatto nulla, non si acquisiscono cognitività, ed il cervello non viene allenato a gestirle (cioè non si studia), non si diventa “individui”, e quindi non c’è coscienza di se stessi.
E se questo status permane, si vive in assenza di protagonismo individuale, e da adulti si è in totale remissività. L’unica manifestazione di eventuale protagonismo può avvenire attraverso la partecipazione a masse.
La Fase 1
La “Fase 1” viene acquisita se il periodo fondamentale della crescita della mente – cioè l’adolescenza (fino a 18/20 anni) – viene accompagnata dallo studio impegnato, portando a termine le medie superiori. E se questo avviene in modo serio, si raggiunge un primo vero traguardo importante). Si diventa “individui”, si scopre se stessi come persona che ha una sua unicità, una diversità dagli altri, alimentata anche da una buona “capacità critica”.
Scoprendo se stessi per la prima volta, si sviluppa però una fenomenologia importante: la centratura massima su se stessi.
È un momento fondamentale, è come se fosse un punto di partenza per la propria esistenza: rappresenta la base per poterci costruire sopra il futuro, che è la vita. Anche se non si sa ancora come farlo.
In ogni caso nel baricentro della Fase 1, quello che conta “sono io”: gli “altri” non sono ancora stati individuati, scoperti, capiti. La percezione prevalente è anzi che siano antagonisti, in qualche misura avversari per il raggiungimento dei propri obiettivi. Quindi si innesta la contrapposizione, che se dovesse permanere, potrebbe diventare sempre più violenta.
E ciò permane, fino a quando – nel caso – non si entri nella Fase 2 (qui di seguito) in cui si scopre la fondamentalità degli altri.
La Fase 2
La condizione basica, per tutte le forme della vita, è che si esista come individuo: cioè che esista il punto di partenza (Fase 1, cioè se stessi) per sperare di poter avviare la relazionalità. Ricordandosi che senza relazionalità non c’è vita, nessuna forma di vita. Tuttavia la Fase 1 non è sufficiente per fare queste acquisizioni.
La relazionalità vera e costruttiva di tutte le forme di vita è il frutto finale solo della Fase 2.
La Fase 2 è raggiunta con il completamento dello studio; che in realtà, in una vita a complessità fortemente crescente, non dovrebbe mai interrompersi. L’università è necessaria per la vita in sé: quindi molto più per la formazione mentale, che professionale.
Curiosamente lo studio fa capire sempre di più la nostra insufficienza personale, ed il bisogno di complementarità: in ogni manifestazione, e per un qualsiasi obiettivo, noi siamo solo “una parte”, e per raggiungere equilibri costruttivi abbiamo sempre bisogno di complementi. La nascita della vita umana, che è la forma vitale più importante, ci fa capire il vero senso della complementarità degli individui: produrre vita da soli è impossibile. E tutte le forme di vita, posto che vita debba essere, sono del tutto simili.
La vita sociale nelle varie fasi: Fase 0 – Fase 1 – Fase 2
Da sempre, e fino a pochissimi anni fa, di fatto il mondo è sempre stato in Fase 0.
Parliamo dell’Italia: fino a circa 20 anni fa (diciamo fino al 2000), la stragrande maggioranza degli italiani (più dell’80%) non aveva studiato. La testa non aveva ricevuto contributi, e le persone non avevano raggiunto la Fase 1, cioè lo status di “individuo”: erano in Fase 0, cioè “masse”, di fatto acefale.
La società, quindi, aveva protagonismi solo da parte di una piccola minoranza (che aveva studiato), senza contrapposizioni. La grande maggioranza che era rimasta in Fase 0 non aveva obiettivi di partecipazione: rassegnata, come da sempre, se ne stava in disparte, con qualche richiesta collettiva. Gli “individui singoli” non esistevano.
Ma negli ultimi 20 anni, e con forte progressività, è successo qualcosa di veramente nuovo: le nuove generazioni sono entrate nell’adultità quasi tutte con una istruzione media superiore: sono entrati in Fase 1. Quindi attualmente i 2/3 della popolazione è in Fase 1.
Tuttavia qui si è fermata, non ha proseguito gli studi, non è entrata in Fase 2.
In realtà c’erano ambizioni per un protagonismo più evoluto, ma il contesto sociale non l’ha consentito: globalizzazione e crisi finanziarie che si sono succedute in quegli anni, hanno relegato la maggioranza di quegli individui nel precariato. Poi la pandemia ha ulteriormente aggravato la posizione delle nuove generazioni.
Ma quegli individui che erano arrivati alla Fase 1 si erano in realtà illusi di poter partecipare al protagonismo: ma l’”ascensore sociale” che erano convinti di aver preso si è bloccato, e li ha paralizzati.
E l’originaria centratura su loro stessi non ha avuto evoluzioni, anzi si è radicalizzata, ed è esplosa in contrapposizioni e rivendicazioni (con conseguenze nazionalistiche e populiste). Rivendicazioni che ai tempi della Fase 0 non esistevano.
E tutto ciò senza possibilità di rimedio:
- Non è mai esistito un progetto sociale che investisse su tutti i cittadini; ognuno è sempre stato abbandonato a se stesso
- Le famiglie non avevano risorse per finanziare la crescita, la formazione, ed il raggiungimento della Fase 2
Riflessioni su questo momento storico: è un momento non accettabile
Siamo in stand by, con tensioni crescenti. E non abbiamo cultura ed esperienza storica per risolvere il problema: è la prima volta che ci si trova in questa situazione, con paralisi sociali e tensioni crescenti. In passato non si era preso alcun “ascensore sociale”, e quindi non si aspirava ad alcun protagonismo. Negli ultimi anni invece, per la prima volta, si è saliti su questo “ascensore”, che però drammaticamente si è interrotto, con delusioni non accettate.
Pare urgente riflettere per trovare soluzioni.
Non conviene rimanere fermi e non pensare a strategie risolutive: si deve avere la convinzione che vivere in contrapposizione significa paralisi in ogni senso: mentre la vita è relazionalità.
Peraltro è soprattutto la fascia più giovanile che è in difficoltà, mentre dobbiamo renderci conto che l’unica vera ricchezza prospettica del Paese sono le nuove generazioni, e su di esse bisogna investire al massimo, aiutandole (ne parla anche la Costituzione, art. 3. Sulla necessità di aiuti parla ampiamente anche l’Agenda 2030).
Peraltro – a proposito dell’Agenda 2030 – va ricordato che se la gente non sta vivendo una vita accettabile, l’esigenza di un maggiore benessere attuale tende ad avere forte priorità su tutte le problematiche della sostenibilità: stante il loro status, la sostenibilità non è un problema che viene preso più di tanto in considerazione.
I doverosi aiuti
L’unica soluzione sulla quale concentrare l’attenzione è evitare che il percorso evolutivo si interrompa tra Fase 1 e Fase 2:
- o – per assurdo – si rimane in Fase 0, dove prevale la rassegnazione, e non ci sono tensioni
- oppure obbligatoriamente il percorso verso la Fase 2 deve essere massimamente accelerato, e quindi aiutato.
Si deve fare in modo che gli individui imparino a capire che la vita è relazionalità e non guerra, e quindi la relazionalità – sempre – deve prevalere sulla contrapposizione.
L’unico sistema è investire sugli individui, far capire loro la vita: e l’unico sistema è la formazione. Completarla da tutti i punti di vista, sia sul piano sociale/umano (istruzione), che professionale. Fra l’altro bisogna sempre ricordare che formare e dare sicurezza all’individuo significa anche renderlo più resiliente, cioè meno dipendente, più “forte” e capace di trovare soluzioni per se stesso anche in momenti di forti difficoltà. Capace di reinventarsi, evitando reazioni violente.
La formazione è duplice, ed in entrambe le direzioni è fondamentale:
- quella basica dello studio,
- e quella della formazione professionale.
- Iniziamo da quella basica, dello studio.
La formazione “come individuo”, quella che lo porta in Fase 2 – cioè la convinzione che la vita è relazionalità/aiuto, e non contrapposizione - è il completamento degli studi (università): più si studia e più ci si rende conto che si hanno sempre necessità di aiuti, consigli, conoscenze, che gli altri sono sempre indispensabili per confronti. Lo studio ci fa sempre di più rendere conto che la condivisione, lo scambio, l’aiuto, sono ingredienti fondamentali della vita, e quindi della relazionalità.
Gli aiuti che devono essere messi obbligatoriamente a disposizione sono di duplice natura:
- Nella formazione scolastica, a tutti i livelli, la scuola deve sempre aiutare: capire le eventuali difficoltà, e trovare le soluzioni, affinché l’individui non si scoraggino e ritrovino orgoglio in se stessi, e voglia di andare avanti e completare.
- Devono poi essere previsti – nel caso – gli aiuti economici per portare avanti gli studi fino al completamento. Se la Famiglia non ha le risorse, lo Stato deve provvedere. Si troveranno, nel caso, le soluzioni necessarie…Ma il completamento della formazione ha la priorità. Ed il raggiungimento della Fase 2 è il vero grande valore per tutta la società. È ricchezza costruttiva, e non più freno dell’evoluzione (come in questo periodo, che si è in Fase1).
Soffermiamoci ora sull’investimento che deve essere fatto in ambito professionale, dalle imprese. È anch’esso di grande importanza, tenendo conto dei problemi sociali di cui si è parlato. E presuppone una fondamentale attenzione per il wellbeing, in particolare per il work-life balance, con anche forte attenzione alla formazione dei dipendenti, per il loro Benessere, quindi, sia personale che professionale.
Il benessere – come si è fatto cenno - è un tema fondamentale, per evitare contrapposizioni alla sostenibilità. E il ruolo delle imprese è sempre più fondamentale, come complemento degli interventi basici visti sopra.
La crescita della persona, come individuo, e come professionista, rappresenta da tutti i punti di vista il vero grande obiettivo, per il sistema e per sé:
- migliora l’Impresa, avendo un doppio ritorno:
- sia per la migliore professionalità dei lavoratori, e migliori rendimenti
- sia per la gratitudine emotiva dei lavoratori, e per gli impliciti ritorni aggiuntivi a favore dell’impresa
- … e migliora anche il contesto sociale, perché gli individui che lo compongono sono più felici e meno contrappositivi. Si innescano i valori della relazionalità positiva, che producono vita felice.
E vita felice – il benessere individuale – come si è detto è la condizione basica perché tutti gli individui si debbano sentire portatori della sostenibilità, che è il grande obiettivo: che la vita sia felice anche in futuro, per sé e per chi verrà.
Ribadiamo: se non si ha benessere attuale, non ci può essere investimento sul futuro. Le ricerche sociali lo confermano: chi non è felice, non vuole sentire parlare di sostenibilità.
Quindi il benessere attuale favorisce la sostenibilità, riduce le contrapposizioni, favorisce le relazioni e la vita sociale.