Alla scoperta della carne coltivata con il Good food institute Europe
Intervista ad Alex Holst, senior policy manager della Ong impegnata nella promozione e diffusione di alternative alimentari sostenibili a livello globale: “Questi prodotti sono essenziali per raggiungere i nostri obiettivi climatici”.
a cura di Flavio Natale
Qualche settimana fa abbiamo pubblicato su FUTURAnetwork un focus di approfondimento sulla controversa discussione riguardante la “carne coltivata”: al centro del dibattito le parole forti del ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida, gli investimenti privati, lo scarso supporto pubblico. Pochi giorni dopo è arrivata una risposta dal Good food insitute Europe (Gfi Europe), Ong internazionale che “aiuta a costruire un sistema alimentare più sostenibile, sicuro e giusto trasformando la produzione di carne”, interessata ad approfondire alcune delle tematiche trattate nel focus, tanto a livello italiano quanto europeo. Da quello spunto ne è venuta fuori prima una chiacchierata informale, e poi questa intervista ad Alex Holst, senior policy manager di Gfi Europe.
Il dibattito sulle proteine sostenibili è all'ordine del giorno, in Italia come in Europa: come percepisce questo momento di grande interesse? Quali sono gli strumenti del Good food institute Europe per stimolare la discussione?
È bello vedere che l’attenzione sulle proteine sostenibili sia in crescita, ma c'è anche molta disinformazione. Al Good food institute Europe ci impegniamo a costruire un sistema alimentare più sostenibile, per dare alle persone la carne che desiderano, ma prodotta con sistemi migliori rispetto ai quelli di allevamento industriale utilizzati in gran parte dell'Europa e del mondo.
Consideriamo la carne di origine vegetale, fermentata e coltivata come parte della transizione olistica verso sistemi alimentari più green, capaci di collaborare con metodi agricoli sostenibili come l'agroecologia e l'agricoltura biologica.
Ci poniamo al centro della discussione sulle proteine sostenibili, assicurandoci che i policy maker comprendano i benefici che questi alimenti possono apportare: dal miglioramento della sicurezza alimentare, alla prevenzione della deforestazione, al raggiungimento degli obiettivi climatici del continente e alla lotta contro problematiche come la resistenza antimicrobica (fenomeno per cui un batterio risulta resistente all'attività di un farmaco antimicrobico, ndr).
Oltre a lavorare con i policy maker, collaboriamo a stretto contatto con gli scienziati, con l’obiettivo di costruire una fiorente comunità di ricerca nelle università europee e nelle imprese alimentari, identificando insieme le priorità necessarie per garantire che questo settore cresca strategicamente.
Qual è il rapporto, in termini di investimenti e azioni, tra settore pubblico e privato a livello europeo? Ha qualche esempio concreto?
Stiamo assistendo ad alcuni investimenti pubblici incoraggianti in Europa, come quello del governo olandese, che ha annunciato un finanziamento di 60 milioni di euro per sostenere la carne coltivata e la “fermentazione di precisione” (sistema di fermentazione utilizzato per produrre farmaci e additivi alimentari, al momento in fase di sviluppo anche per molti alimenti, ndr); oppure c’è il governo danese, che ha stanziato oltre 168 milioni di euro per promuovere gli alimenti a base vegetale. Ma la stragrande maggioranza del denaro che circola nel settore a livello globale proviene dal settore privato.
Per garantire che questi alimenti siano disponibili per tutti, abbiamo bisogno che i governi finanzino la ricerca e lo sviluppo open access (modalità di pubblicazione delle ricerche scientifiche che ne consente la libera fruizione, ndr), ma servono anche infrastrutture adeguate, affinché le innovazioni possano essere condivise, la produzione possa aumentare e i prezzi scendere.
Gli investimenti pubblici saranno fondamentali per far sì che l'Europa raccolga i benefici ambientali e sociali delle proteine sostenibili. Il nostro continente è il più grande mercato al mondo per la carne di origine vegetale e il luogo di nascita della carne coltivata. Con obiettivi climatici ambiziosi, alcune tra le migliori università al mondo e molte delle più importanti economie globali, l'Europa dovrebbe essere un leader in questo settore. Ma mentre Paesi come gli Stati uniti e la Cina iniziano a investire nelle proteine sostenibili, l'Europa rischia di restare indietro.
Alex Holst, senior policy manager del Good food institute Europe
Per entrare più nel tecnico: quali sono le differenze tra carne vegetale, coltivata e fermentazione?
La carne di origine vegetale ha l'aspetto e il sapore della carne convenzionale, ma è prodotta interamente da piante, senza gli svantaggi dell'allevamento industriale.
La carne coltivata viene dal manzo, maiale, pollo o frutti di mare, alimenti che le persone amano mangiare, ma è realizzata con un metodo differente, che consiste nel prelevare un piccolo campione di carne da un animale attraverso una procedura innocua per poi “moltiplicare” la carne in uno strumento noto come “fermentatore”, simile a quelli usati per fare la birra.
La fermentazione fornisce una gamma di tecniche innovative che utilizzano microrganismi per produrre alimenti in grado di offrire sapori e caratteristiche distintive dei prodotti animali.
Si tratta di metodi utili a creare un sistema alimentare più sostenibile, utile e vitale per il futuro, poiché su scala globale la domanda di carne è in crescita e non abbiamo semplicemente abbastanza terra per soddisfare questa domanda con gli attuali strumenti di agricoltura intensiva destinata ad alimentare gli animali.
Quindi quali sono gli effetti della “soluzione proteica sostenibile” per l'ambiente, e in particolare per il consumo di carne e gli allevamenti?
Questi prodotti sono essenziali per raggiungere i nostri obiettivi climatici. Il nostro attuale sistema convenzionale di produzione di carne sta già generando il 20% delle emissioni globali di gas serra e la domanda globale di carne crescerà del 52% entro il 2050. La carne di origine vegetale e coltivata può soddisfare questa domanda, con emissioni che costituiscono solo una piccola frazione di quelle dei prodotti agricoli destinati agli animali.
La carne coltivata può ridurre l'impatto climatico della carne fino al 92%, l'inquinamento atmosferico fino al 93% e utilizzare fino al 95% in meno di terra e il 78% in meno di acqua, mentre la carne a base vegetale può generare fino al 98% in meno emissioni rispetto alla carne convenzionale. Le proteine del siero di latte (proteine chiave nei prodotti lattiero-caseari), prodotte attraverso la fermentazione di precisione, generano fino al 97% in meno di emissioni di gas serra rispetto alle proteine del siero di latte delle mucche.
Il fatto che questi metodi di produzione alimentare utilizzino molto meno terreno rispetto all'agricoltura animale convenzionale è un incredibile potenziale, tanto per un’agricoltura più sostenibile quanto per l'espansione delle foreste e il ripristino degli ecosistemi. Ad esempio, uno studio su Nature ha rilevato che la sostituzione del 20% della carne bovina con carne ottenuta dalla fermentazione potrebbe dimezzare la deforestazione globale.
Le proteine sostenibili generano anche benefici per gli animali stessi, in quanto non li mettono in pericolo. E, a differenza della carne convenzionale, sono completamente prive di antibiotici, quindi possono aiutare a ridurre il rischio di resistenza antimicrobica mortale, che causa circa 133mila morti all'anno in Europa.
Alcune persone sono preoccupate per le conseguenze sui lavoratori agricoli: sarà possibile riqualificarli? Quali sono le prospettive?
Oltre a creare uno spazio per un'agricoltura rispettosa della natura che soddisfi la domanda con un minore utilizzo di terreni, lo spostamento verso le proteine sostenibili potrebbe offrire altre opportunità agli agricoltori, che hanno un ruolo chiave da svolgere in questa transizione e devono essere sostenuti dai governi per adattarsi.
Il passaggio a proteine di origine vegetale potrebbe consentire agli agricoltori di coltivare legumi e colture di maggior valore, invece di colture di bassa qualità per l'alimentazione animale. La carne coltivata offre inoltre agli allevatori l'opportunità di diversificare, producendo ingredienti per l'alimentazione cellulare o fornendo cellule animali di ottimo livello.
Maggiori investimenti in ricerca e sviluppo possono svolgere un ruolo cruciale nell’ottica di garantire nuove opportunità per gli agricoltori, poiché consentono loro di prendere decisioni aziendali basate su prove e fatti: da questo punto di vista, stiamo iniziando a vedere alcuni esempi interessanti. Nei Paesi bassi, RespectFarms ha lanciato uno studio per esaminare se le piante da carne coltivate su piccola scala possano essere inserite nelle fattorie già funzionanti, mentre nel Regno unito la Royal agricultural university e altri soggetti stanno conducendo uno studio per verificare se la carne coltivata possa rappresentare un'opportunità per gli agricoltori.
Abbiamo bisogno di assistere ad altri esempi di questo genere di pensiero collaborativo e abbiamo bisogno che i governi europei mettano in atto le politiche, gli incentivi e le strutture adeguate per coinvolgere gli agricoltori in questa transizione.
Pensa che il mercato delle proteine sostenibili si diffonderà nei prossimi anni? In che modo la definizione di “carne sintetica” influenza la percezione dei consumatori?
Sappiamo che c'è già un enorme appetito per le proteine sostenibili in tutta Europa e il mercato è destinato a crescere nei prossimi anni. Ad esempio, un nostro recente sondaggio ha rilevato che il 61% dei consumatori italiani ha già ridotto il consumo di carne, uno su due mangia carne di origine vegetale su base mensile e il 55% è disposto ad acquistare carne coltivata, quando viene da un mercato. Le vendite al dettaglio della carne di origine vegetale sono cresciute del 19% in Europa occidentale e hanno raggiunto i 2,3 miliardi di euro nel 2021. Si tratta ancora di una piccola parte del mercato della carne, ma con gli investimenti pubblici, la carne di origine vegetale e quella coltivata potrebbero occupare il 22% del settore entro il 2035.
Questi alimenti amplieranno le opzioni disponibili, forniranno pietanze apprezzate dalle persone e prodotte secondo logiche più sostenibili. Ma dobbiamo ricordarci che la maggior parte dei consumatori compie le proprie scelte alimentari in base a ciò che ha un buon sapore e che è conveniente, e non sceglierà questa opzione in massa fino a quando non sarà competitiva su questi due punti chiave con i prodotti animali convenzionali, cosa che accadrà solo con una migliore ricerca pubblica. Naturalmente, la carne coltivata non è ancora disponibile in Europa e le autorità di regolamentazione dovranno svolgere un ruolo importante nel garantire che le persone possano avere fiducia in questo nuovo alimento.
Sulla questione del modo in cui chiamiamo questi alimenti, “carne coltivata” è il termine più adeguato, in quanto viene cresciuta in un “coltivatore”. Questa espressione è usata quasi universalmente a livello industriale.
Non ho mai provato la carne coltivata, ma mi piacerebbe: com'è?
Neanch'io l'ho mai provata, ma molti miei colleghi sì. Mi dicono sia deliziosa: profumata, gustosa e preparata esattamente come la carne convenzionale.
Le degustazioni di carni coltivate, come quella che si è svolta durante la Cop 27, si stanno diffondendo sempre di più nel mondo, quindi spero di avere l'opportunità di provarla presto – ma in realtà spero di potermi sedere in un ristorante europeo e ordinare una bistecca coltivata dal menù.
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