Ogni giovane è una start-up e Next Generation Eu è il fondo d'investimento
Bisognerebbe considerare ciascun giovane come una start-up, su cui il Paese scommette aiutandolo a sviluppare il proprio life-plan all'interno del quale inserire in modo coerente il proprio percorso formativo e professionale. Va quindi rimodellata l'infrastruttura tecnologica, sociale e amministrativa.
di Alessandro Rosina
Next Generation Eu non è una eredità che improvvisamente, in un periodo di vacche magre, ci è arrivata da uno zio lontano, da utilizzare per soddisfare una lista di desideri più o meno condivisibili. Va invece considerata come una dote che l'Italia deve gestire a favore delle nuove generazioni, perché possano ottenere una adeguata formazione e contare su strumenti avanzati ed efficienti per collocarsi nel mondo del lavoro e dare il proprio qualificato contributo nei processi di sviluppo economico, sociale e culturale del paese. Una dote che poi essi potranno ripagare migliorando la sostenibilità del paese sul piano del debito pubblico, del sistema di welfare in un paese che invecchia, del rapporto con l'ambiente.
I dati di una indagine promossa da Osservatorio giovani dell'Istituto Toniolo e condotta da Ipsos, mostrano come tra i giovani qualche perplessità ci sia. Il 56% degli intervistati tra i 18 e i 34 anni esprime un giudizio positivo su Next Generation Ue, ritenendo che i finanziamenti verranno comunque utilizzati in modo utile al Paese. Il 44 percento non è pienamente convinto e si divide a metà tra chi è del tutto scettico su come verranno utilizzati e chi invece è in attesa di vederli associati a progetti credibili.
Purtroppo l'approccio adottato in questi mesi è stato poco convincente. Le nuove generazioni non sono state messe al centro di un dibattito pubblico che abbia come fine la costruzione di un nuovo progetto per il paese. I giovani al centro del maggior interesse dei mass media sono quelli delle risse per strada, degli episodi di violenza e autolesionismo. Il mondo adulto, ancor più in Italia, continua ad essere molto più portato a giudicare che a capire. Molto selettivo nel dedicare privatamente una iperprotezione verso i singoli figli e poco propenso ad investire pubblicamente sulle nuove generazioni. Ed è per questo che oggi facciamo così tanta fatica ad interpretare nel modo più autentico lo spirito di Next Generation Eu. Non abbiamo capito che la risorsa più preziosa per crescere è la "Next Generation" stessa, ovvero i singoli membri della generazione che si prepara a farsi parte attiva all'interno dei processi di produzione di benessere dei prossimi anni e decenni. I finanziamenti europei servono per attivare al meglio tali risorse, metterle nelle condizioni di dare i propri migliori frutti.
L'approccio giusto è allora quello di considerare ciascun giovane una start-up, su cui il paese scommette aiutandolo a sviluppare il proprio life-plan all'interno del quale inserire in modo coerente il proprio percorso formativo e professionale. Va quindi rimodellata l'infrastruttura tecnologica, sociale e amministrativa in modo da riallineare l'Italia al meglio delle potenzialità che le nuove generazioni possono esprimere. Se invece prevarranno le usuali logiche, ai giovani non resterà - come si sono trovati a fare sinora - che aggiustare le proprie aspettative al ribasso in un paese pieno di inefficienze e di squilibri. Senza una transizione alla vita adulta di successo, senza la possibilità di immettere le proprie sensibilità nel cuore della società e le proprie competenze nel motore dell'economia, anche le transizioni verde e digitale sono destinata a rimanere deboli.
di Alessandro Rosina, docente di Demografia e Statistica sociale, Università Cattolica di Milano