Le disuguaglianze generazionali impoveriscono il futuro di tutti
L'attuale vulnerabilità rischia di peggiorare ulteriormente con l’impatto della pandemia, sia per il rischio di indebolimento dei percorsi formativi, sia perché chi ha meno risorse socio-culturali si sente ancor più schiacciato in posizione difensiva.
di Alessandro Rosina
Le indagini condotte dall’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo hanno documentato, dopo la recessione del 2008-13 non solo il consolidarsi di squilibri generazionali maggiori in Italia rispetto agli altri paesi europei, ma anche una evoluzione del sistema di opportunità e rischi che interagisce con la condizione sociale di partenza. Questo non riguarda solo la partecipazione al mercato del lavoro, ma anche altre sfere dell’impegno attivo dei giovani. In un approfondimento sul tema del Bene comune e delle priorità per il Paese, condotto attraverso una indagine realizzata a fine 2019 e una svolta in pieno lockdown (fine marzo), emerge come la domanda di partecipazione (sociale e politica) sia più elevata di quanto i giovani riescano a esprimere. Tra i temi più sentiti, con maggior capacità mobilitante, non c’è solo l’ambiente, ma anche la giustizia sociale e più in generale la promozione di un modello di benessere equo e sostenibile.
Chi però ha meno risorse socio-culturali risulta più preoccupato dalle condizioni presenti proprie e del paese che sentirsi coinvolto in scelte collettive che impegnano verso il futuro. Chi considera “molto importante” la promozione del Bene comune è il 65% dei laureati contro il 46% di chi si è fermato alla scuola dell’obbligo. A ritenere che la partecipazione alle elezioni politiche possa contribuire a cambiare le cose nel Paese è il 58% di chi ha titolo di studio elevato rispetto al 45% di chi ha basso livello di istruzione.
Questo significa che la carenza di investimento sulla formazione dei giovani e l’inasprimento delle difficoltà di accesso al mondo del lavoro, tendono a depotenziare non solo il contributo economico delle nuove generazioni al sistema produttivo e alla crescita economica, ma vanno anche a ridurre più in generale la partecipazione attiva al miglioramento sociale e culturale del territorio in cui vivono.
Questa vulnerabilità rischia di peggiorare ulteriormente con l’impatto della pandemia, sia per il rischio di indebolimento dei percorsi formativi, sia perché chi ha meno risorse socio-culturali si sente ancor più schiacciato in posizione difensiva.
A ritenere che l’emergenza sanitaria influirà negativamente sul Bene comune è il 56% di chi ha titolo basso contro il 43% dei laureati. Diventa quindi indispensabile, attraverso i fondi di Next generation Eu, rimettere al centro la formazione solida delle nuove generazioni, con pari opportunità per tutti. Non solo per ridurre i costi sociali della pandemia, ma per rendere le nuove generazioni protagoniste attive di una nuova fase di sviluppo, più inclusivo e sostenibile, del Paese.
di Alessandro Rosina, docente di Demografia e Statistica sociale, Università Cattolica di Milano