Decidiamo oggi per un domani sostenibile

Lo smart working: soluzione temporanea o futura frontiera del lavoro per i giovani

Gli studi dimostrano che il lavoro agile è preferito dalle nuove generazioni, per la flessibilità di luoghi, obiettivi e orari. La forma occupazionale ideale è però quella ibrida.

di Sante Filice

La sicurezza lavorativa è attualmente uno dei problemi principali che gravano sulle diverse economie globali. La questione diventa ancora più annosa se riferita alla fascia di popolazione under 35. Il problema connesso alla certezza del lavoro si dipana infatti, soprattutto in epoca quasi post-pandemica, in due direzioni.

Da un lato, la disoccupazione all’interno della generazione Z, i nati tra il 1995 ed il 2009, che, in Italia, nell’aprile 2021 era pari al 33% secondo i dati Istat. Dall’altro, la criticità è riferibile alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa sia nel settore pubblico che in quello privato. La pandemia ha infatti costretto lo sviluppo e la diffusione della formula dello smart working definito in Italia per la prima volta con la legge n. 81 del 15 novembre 2017. Il Dpcm del 1 marzo 2020, i cui effetti relativi a questo settore dell’emergenza si produrranno fino al 31 dicembre 2021, ha esteso l’utilizzazione del lavoro agile su tutto il territorio nazionale.

Nonostante lo smart working sia ormai diventato un punto fisso nelle nostre giornate, questo concetto viene spesso confuso con quello del telelavoro. Questa seconda opzione fa riferimento, in realtà, alla possibilità per il lavoratore di avere una postazione dislocata rispetto all’azienda, ma comunque fissa. Lo smart working, invece, include il canone della flessibilità, non prevedendo postazioni fisse, comprendendo anche il lavoro in presenza, e contemplando anche la dinamicità rispetto agli orari. Per poter implementare questa metodologia è necessario il possesso di apparecchiature informatiche, che consentano di collegarsi alla rete internet e dei know how specifici sul loro utilizzo. È, quindi, lapalissiano che la generazione Z, che non ha memoria diretta dell’epoca pre-internet, possa essere la fascia più avvantaggiata dal lavoro da remoto.

Gli smart workers si suddividono in due categorie di lavoratori, i dipendenti e i free lance, soggetti che prestano la loro attività in maniera autonoma, alla stregua dei professionisti. Sempre più under 35 sembrano preferire la strada del lavoro free lance. Dati Eurostat evidenziano che nel 2019, i free lance, che lavoravano in smart working, erano circa il 19,2% contro il 3,2% dei lavoratori dipendenti. Nel 2020 si è passati al 21,8% della prima categoria contro il 10,8% della seconda. Sempre secondo l’Eurostat, nel 2020 ha lavorato in smart working il 6,3% degli occupati tra i 15 ed i 24 anni e il 13% nella fascia tra i 25 ed i 49 anni. In Italia nel 2020, il 12% del totale dei lavoratori ha usufruito della modalità da remoto. Di contro, da un rapporto pubblicato da Accenture emergono dati che evidenziano come tra i giovani sia il modello ibrido ad essere considerato come ottimale.  Questa ulteriore forma prevede che lo smart working sia utilizzato tra il 25% ed il 75% del tempo utile. Questo perché i lavoratori appartenenti alla generazione Z (tre su quattro) talvolta, preferiscono il lavoro in presenza per sviluppare le conoscenze interpersonali tra colleghi, che altrimenti non potrebbero acquisire tramite l’interfaccia di un Pc.

L’ascesa del lavoro da remoto nel contesto italiano è destinata a proseguire per tutto il 2021, infatti, l’analisi dell’osservatorio “The world after lockdown”, guidato da Crif e Norisma, ha evidenziato come ormai circa il 16% dei lavoratori presta la sua attività da remoto. Il coinvolgimento dei millennials arriva fino al 27% della loro forza lavoro complessiva. È facile, dunque, pensare che lo smart working possa prendere sempre più piede, anche nei prossimi anni, consentendo a un numero sempre crescente di persone di avere una maggiore autonomia in ambito lavorativo.

A preoccupare gli attori del mercato del lavoro sono piuttosto gli squilibri che si registrano all’interno del nostro Paese. Il lavoro a distanza è adottato maggiormente, si stima una percentuale intorno al 31%, dalle aziende di grandi dimensioni, che contano più di 250 dipendenti. Le piccole aziende, con meno di 50 dipendenti, lo utilizzano, invece, appena per il 14%. Le aziende di grandi dimensioni, inoltre, faticano a trovare sbocco nel meridione del Paese e questo rischia di aggravare le sperequazioni sociali tra nord e sud. L’auspicio è quindi che le future politiche riescano anche a favorire la crescita del tessuto produttivo meridionale.

Studi recenti hanno dimostrato che lo smart working aumenta la produttività del 15-20%. La forma di lavoro cosiddetta ideale appare essere quella ibrida, che presuppone lo svolgimento in forma agile per tre giorni a settimana e che, in futuro, potrebbe richiedere una nuova regolamentazione del lavoro a distanza, considerando obsoleta la L.81 del 2017. La congiuntura socioeconomica appare quindi propizia a ripensare le dinamiche del lavoro, del welfare e di moltissimi altri settori. L’idea di smart working, per esempio, è spesso accostata a quella di didattica a distanza che ha trovato spazio in tutti i settori dell’istruzione. Anche l’università è stata investita dalla necessità di riorganizzarsi in seguito all’emergenza Covid 19. Il sondaggio di Quaestiones riguardante le opinioni e i pareri degli studenti sulla nuova modalità di apprendimento, rivela che circa il 67% di loro si dice favorevole alla DaD. Non mancano però i punti di criticità relativi alle infrastrutture tecnologiche necessarie. Il 40% degli interessati, infatti, ha riscontrato problemi relativi alla mancanza di una linea internet stabile e veloce, mentre il 20% ha avuto criticità legate alla dotazione dei dispositivi tecnologici idonei. È facilmente ipotizzabile, però, che anche la formazione universitaria del futuro sarà sempre più digitalizzata. Anche in questo ambito bisognerà far sì che l’emergenza si trasformi in un’opportunità di crescita ed evoluzione per l’intero mondo accademico.

di Sante Filice, Venti Blog per la Rete Giovani 2021

lunedì 19 luglio 2021