Una casa ai giovani: criticità strutturali e trend del mercato
Il rapporto tra gli under 35 e il mercato immobiliare presenta notevoli criticità: sostenibilità economica e lavoro impediscono una pianificazione a lungo termine.
di Chiara Di Giambattista e Andrea Tenconi
Sicurezza economica e stabilità sociale costituiscono i fattori imprescindibili nella pianificazione di un solido futuro. Sono, allo stesso tempo, due condizioni che gravano pesantemente sui giovani, e sui giovani italiani nello specifico: il pessimismo legato al proprio futuro emerge con forza dall’ultimo elaborato dell’Osservatorio sulle Giovani Generazioni di Flowe, dove oltre il 66% degli intervistati esprime ansia e preoccupazione sul tema. Sempre più sentita è la necessità di una casa propria, un rifugio dove vivere serenamente ed esprimere liberamente il proprio io, perché se è vero che, come scriveva Plinio il Vecchio, “La casa è dove si trova il cuore”, è anche vero che la scelta costituisce sempre più il passo fondamentale verso il conseguimento della propria indipendenza, temuto e differito. I dati aggiornati ad Agosto 2020 mostrano come l’età media di uscita dalla casa dei genitori si attesta a 30,1 anni in Italia, contro una media europea pari a 26,2 anni: tra i numerosi fattori, strutturali e giunturali, che concorrono a tale dato, notevole importanza non può che essere riconosciuta alla mancanza di una solida prospettiva lavorativa a lungo termine.
La crisi socio-economica innescata dalla pandemia ha inoltre impattato in maniera diversificata sul mercato immobiliare. Come evidenziato dal sondaggio Assofin-Demetra dello scorso Dicembre, gli italiani, nonostante tutto, continuano a riporre particolare fiducia nel mercato del mattone: se il 46% ha dichiarato la volontà di acquistare un immobile entro i prossimi cinque anni, addirittura il 69% ritiene che questo sia un buon momento per acquistare. Il settore edilizio costituisce da sempre il bene rifugio per eccellenza in Italia: nel rapporto sullo stock immobiliare del 2019 sono state censite quasi 20 milioni di unità residenziali, eppure solo il 4% dei proprietari era costituito da under 35.
Le prospettive per l’immediato futuro sembrano però confermare un ritorno alla stabilità: si prevedono infatti scenari di crescita moderata in funzione di una serie di fattori, tra cui la somministrazione delle dosi vaccinali, il trend del livello occupazionale e dei tassi d’interesse. Il tutto considerando anche come la pandemia abbia mutato la percezione dello spazio domestico, indirizzando gli italiani alla ricerca di immobili sempre più grandi e in tranquille zone periferiche.
Nella ricerca, emergevano già alcune criticità legate al rapporto tra under 35 e mercato immobiliare. Partendo dalle conclusioni della ricerca, uno degli elementi focali è prima di tutto il nuovo rapporto tra i giovani ed il concetto di “abitazione” rispetto alla generazione precedente: se in passato si associava alle quattro mura l’idea di stabilità e di famiglia, e per questo si ricercava un’abitazione “servita” in termini di spazio e qualità, ad oggi è la casa stessa ad essere considerata un “servizio” funzionale allo svolgimento delle attività (di studio o lavoro), personalizzabile ma permanente.
Questo si riverbera nel mercato immobiliare con una propensione intensiva all’affitto nella fascia 18-34, a cui si affianca una parte di popolazione propensa all’acquisto di beni immobili da usare come abitazione primaria. La possibilità di accedere ad entrambe le opzioni è però segnata da un importante fattore socioeconomico, ovvero il sostegno economico ricevuto dalla famiglia d’origine, che marca una trincea significativa tra “chi può” e “chi non può”. Il supporto della famiglia, appunto, sembra ad oggi l’unica risorsa capace di avviare i giovani verso l’autonomia abitativa, che tuttavia spesso non coincide con l’autonomia economica.
Ai giovani che riescono ad abbandonare il tetto familiare si affianca poi una consistente fetta della popolazione under 35, pari al 50,3%, che per motivi economici sceglie di restare presso l’abitazione dei genitori. I dati SIDIEF mostrano esaustivamente la complessità della condizione abitativa delle giovani generazioni: da una parte l’assenza di stabilità economica e di prospettive di carriera determina per molti la ricerca di alloggi temporanei in affitto; dall’altra, una piccola fetta di mercato riconosce nell’acquisto di immobili ancora un buon potenziale - non più tuttavia per fini patrimoniali come per le precedenti generazioni, ma per scopi di abitazione diretta; un’ultima fascia, infine, non ha accesso a simili opportunità e attua scelte di studio e lavoro limitate alla città di provenienza, dove è sita l’abitazione dei genitori.
In questo panorama non bisogna trascurare la varietà del retroterra e delle condizioni di vita che riguardano il segmento dei “Millennials” che, fra le molte categorie, comprende anche lo studente universitario, il giovane lavoratore, le coppie e le famiglie monogenitoriali. Se da una parte le coppie senza figli ed i giovani che non hanno intrapreso gli studi universitari sembrano godere di una maggiore autonomia economica, resta critica la condizione degli studenti universitari, che spesso si trovano a fare i conti con una vera “corsa agli affitti” nelle grandi città universitarie. Sebbene il Covid abbia determinato un reset del mercato, si teme che la situazione possa presto tornare alle ingloriose speculazioni del passato, testimoniate soprattutto in città come Milano, Roma e Bologna. Dati alla mano, ciò che è stato rilevato durante il 2020 è stato uno spostamento della ricerca verso aree extraurbane, a discapito della città: il fatto che, nell’ultimo periodo, l’abitazione sia diventata il centro di tutte le attività, da quelle lavorative a quelle ricreative, ha portato molti a rivalutare le grandi case con giardino presenti nelle aree suburbane. Tra questi “molti”, tuttavia, figurano per lo più i nuclei familiari stabili e formati, mentre i giovani continuano a preferire la casa-servizio in aree strategiche.
In questa situazione di riassestamento, non sembra fuori luogo parlare di un rinnovo dei parametri di accesso al supporto abitativo, basandosi non più solo sul reddito ma anche su età, patrimonio, costo degli alloggi e figli a carico. Sebbene gran parte delle critiche mosse, ad esempio, al “Bonus prima casa” nascano dalla constatazione che alla base della questione abitativa ci sia prima di tutto il problema della disoccupazione giovanile, non bisogna trascurare il potenziale per un giovane delle opportunità offerte da un alloggio nella città dove vorrebbe studiare, consapevole delle maggiori opportunità di crescita individuale. È forse giunto il tempo di spezzare l’iter “lavoro stabile-abitazione-famiglia” che ha caratterizzato le precedenti generazioni per permettere a molti giovani la possibilità di congiungere gli anelli della catena in maniera più flessibile. Se quindi il mercato delle compravendite sembra adesso dire “periferie”, è forse questo il momento perfetto per aprire finalmente le città ai giovani attraverso politiche di supporto moderne e lungimiranti.
di Chiara Di Giambattista e Andrea Tenconi, Volàno per la Rete Giovani 2021