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Educazione civica nelle scuole: esperimento fallito o successo in divenire?

La nuova educazione civica è uno spartiacque tra passato e futuro dell'istruzione. Necessario puntare su inclusione e interculturalità.

di Riccardo Testa e Caterina D’Onofrio

L’interdisciplinarità come fondamento per la scuola del presente e del futuro. Questa è l’idea di fondo che ha permesso l’introduzione della “nuova” educazione civica tramite la Legge 92/2019, promossa ai tempi del Governo Conte I. Per 33 ore l’anno, gli studenti di tutti i cicli scolastici sono impegnati nell’approfondimento di tematiche al centro del dibattito pubblico, come la sostenibilità ambientale, la cittadinanza digitale e lo studio della Costituzione italiana.

“Cittadinanza e Costituzione”, invece, era la denominazione del precedente curricolo previsto nelle scuole per l’educazione civica. Questo insegnamento, introdotto nel 2008 e risultato poi un esperimento ben poco efficace, era stato strutturato in modo confusionario sin dalla partenza. Le conoscenze oggetto di studio non vennero esplicitate fino all’anno seguente l’emanazione della legge, mentre le prime linee guida circa il compito degli insegnanti vennero emanate a distanza di quattro anni. Inoltre, ruotando solo attorno a tematiche di stampo storico-geografico e storico-sociale, “Cittadinanza e Costituzione” si rivelò un insegnamento contenutisticamente incompleto. 

La nuova educazione civica si propone come uno spartiacque tra il passato e il futuro della scuola. Sono oggetto di discussione l’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile dell’Onu, le istituzioni nostrane e comunitarie, lo sviluppo del pensiero critico, la conoscenza dei propri diritti e doveri, l’educazione alla legalità e al contrasto delle mafie, l’educazione al rispetto e alla valorizzazione del patrimonio culturale e dei beni pubblici, la formazione di base in materia di protezione civile e l’educazione ambientale, oggi tema cardine del dibattito pubblico.

La percezione dell’emergenza educativa nel nostro Paese è stata il motore che ha mosso le forze politiche affinché questa legge venisse approvata celermente. Ciò non è accaduto senza ravvisare problematiche. In primis, le 33 ore dedicate all’educazione civica sono state inserite nel piano di studi senza aggiungere ulteriori ore curriculari. Con una sola ora di insegnamento a settimana, il rischio è l’esclusione di alcuni temi o la loro banalizzazione.

Anche il Consiglio superiore della pubblica istruzione ha espresso preoccupazione circa il nuovo insegnamento a margine dell’emanazione delle Linee guida. L’insegnamento è stato introdotto in via sperimentale per l’anno accademico 2019/2020 parallelamente alle attività di formazione dirette a insegnanti e dirigenti. All’epoca, era stato criticato il ristretto arco temporale intercorso tra formazione dei docenti e insegnamento in aula dell’educazione civica, segno di una preparazione molto affrettata. Da rilevare anche il fatto che non sia stato previsto un piano per l’assunzione di insegnanti specifici per la materia e siano incaricati di tale mansione docenti già in servizio.

Per quanto ampliato, lo studio dei temi inseriti nella Legge 92/2019 è forse ancora incompleto. Ai cittadini di domani è necessario fornire gli strumenti necessari per comprendere e interagire con la diversità nel rispetto reciproco, soprattutto nel contesto multiculturale determinato da globalizzazione e digitalizzazione. Per questo, il Piano Giovani 2021 propone di integrare l’insegnamento dell’educazione civica con tematiche rilevanti dal punto di vista sociale: inclusione, interculturalità, valorizzazione delle diversità e lotta alle discriminazioni. Temi che assumono ancor più rilevanza guardando ai dati di Amnesty International, secondo cui in Italia i fenomeni di hate speech si sono aggravati durante il periodo pandemico: nel mondo virtuale “un commento su dieci è offensivo, discriminatorio e/o hate speech, mentre i soli discorsi d’odio sono aumentati del 40% (rispetto al 2019, ndr).” 

Può inoltre essere utile formare i futuri elettori attraverso “un’educazione alla politica” digitale e interattiva, ad esempio tramite una piattaforma per l’insegnamento dell’educazione civica che includa gamification e giochi di ruolo. Un approccio al tema più al passo coi tempi può facilitare l’avvicinamento dei giovani alla politica, considerate anche le differenze generazionali legate all’informazione politica: nel 2019 l’Istat riportava che il 24,9% dei giovani tra i 14 e i 34 anni si informa soltanto tramite i social network, il 21,2% fa ricorso esclusivo a giornali, news e riviste on line e solo il 17,8% utilizza entrambi i canali di informazione.

La scuola deve farsi portatrice di contenuti, espressioni e competenze sociali e civiche. Uno degli elementi critici di questo processo riguarda l’inquadramento disciplinarista dell’educazione civica. La formazione politica, infatti, pervade il modo di fare e vivere la scuola: il percorso scolastico ha la capacità di stimolare sensibilità sociale, attenzione alla partecipazione e alla condivisione non solo mediante la proposta e l’attivazione di contenuti specifici, ma in quanto luogo di incontro intra e intergenerazionale, multi e interculturale.

di Riccardo Testa e Caterina D’Onofrio di Europa per l’Italia per Rete Giovani 2021

martedì 11 maggio 2021