I giovani e la politica: un binomio possibile?
I dati fotografano il disimpegno politico giovanile in Italia e la sfiducia ormai strutturale verso le istituzioni politiche. Tra le ragioni, la mancanza di proposte per le nuove generazioni nel dibattito pubblico.
di Giulia Di Donato, Diletta Di Marco, Flavio Proietti Pantosti, Maria Tomassetti
“In questa nuova Repubblica non ci somiglia nessuno”, cantava Antonello Venditti nel 1995, e la relazione tra la classe politica e le nuove generazioni di cittadini è tutt'oggi complicata e dibattuta. Da un lato la prima è spesso vincolata alla sua forma più tradizionale, che sembra di fatto incapace di raccogliere istanze da trasformare in cambiamento. Dall’altro i giovani, regolarmente accusati di disaffezione, disinteresse e pigrizia verso la vita partecipativa e il dibattito politico. Il risultato è un sentimento di sfiducia reciproca e l’idea che la partecipazione politica sia diventata inutile.
Come mostrato dal Report 2020 dell’Istat, la mancanza di partecipazione nei confronti dei temi politici riguarda circa il 30% dei giovani tra i 18 e i 34 anni e sfiora quasi il 50% tra i 14 e i 18. Emerge altresì che per il 74,8% la partecipazione politica è indiretta mentre solo l’8% è coinvolto attivamente. Tuttavia, il medesimo rapporto mostra come, a fronte di una partecipazione attiva scarsa ma stabile, anche la partecipazione politica indiretta sia in calo. Guardando invece ai dati sull’informazione, il 52,7% dei giovanissimi si tiene informato sulla politica, il 27,6% non si informa mentre solo il 15% ascolta dibattiti politici. Questi dati fotografano chiaramente il disimpegno politico giovanile del nostro Paese e la sfiducia ormai strutturale dei giovani verso le istituzioni politiche.
La disaffezione degli italiani, e dei giovani italiani in particolare per la politica nazionale ha prima di tutto un impatto sull’affluenza alle urne, in calo costante dagli anni ‘80. Questo fenomeno, però, non sembra essere dichiaratamente italiano. Nello studio di Eurobarometer dedicato alle elezioni europee 2019 viene evidenziato come il 54,3% dei cittadini del Bel Paese si sia recato alle urne, un dato in linea con la media europea del 50%. Quello che colpisce, come evidenziato dai dati del dipartimento alle Politiche giovanili, è piuttosto lo stacco esistente tra la cosiddetta “Gen Z”, nati dopo il 1996, e i “Millennials”, nati post-1980.
Se i secondi sono sembrati ancora trovare gli incentivi per votare, (quasi il 58% degli oltre 8000 intervistati in questa fascia d’età), i primi hanno invece disertato in massa le urne, con un'affluenza di appena il 43%. La causa di questo fenomeno viene spesso identificata nella mancanza di proposte attivamente per i giovani nel dibattito pubblico italiano, e questo sembra essere confermato dai fatti.
Secondo uno studio di Swg, i giovani italiani che hanno votato lo hanno fatto seguendo i trend delle generazioni più anziane, apparentemente scartando opzioni paneuropee o strettamente “green”, come invece molti prevedevano. Nessun partito ha proposto politiche strettamente per i giovani, conseguentemente solo i giovani sostenitori dei singoli partiti si sono recati alle urne, evidenziando l’assenza di proposte designate per le generazioni meno anziane che possano attrarre gli elettori più giovani.
Questo fenomeno evidenzia la mancanza di incentivi politici a portare avanti proposte espressamente giovanili, una delle tante ineludibili conseguenze della nostra demografia: meno del 40% degli italiani ha meno di 40 anni e questo indirizza inevitabilmente le proposte politiche. Lo stesso sistema determina, per esempio, la ripartizione della nostra spesa pubblica, dedicata per il 37-40% al sistema pensionistico e solamente per l’8% all’istruzione e ricerca.
È quindi interessante notare come siano rari, a livello italiano, gli esempi di iniziative che coinvolgano i giovani del dibattito politico. Un passo in avanti è stato fatto con l’istituzione del Consiglio nazionale dei giovani (Cng) nel 2018, cui è demandata la rappresentanza dei giovani e l’interlocuzione con le Istituzioni in merito alle politiche giovanili. Altro esempio, seppur numericamente limitato, è quello dei delegati italiani che partecipano al Summit youth 7 (Y7) e al Summit youth 20 (Y20). Tuttavia, il limitato ascolto da parte della classe politica nei confronti delle istanze giovanili ha impedito finora di invertire la rotta nel binomio giovani e politica.
Partendo da questa consapevolezza, e dalla volontà di reinstaurare un dibattito costruttivo, è nata nel luglio 2020 la Rete Giovani 2021, un insieme di più di 90 associazioni e realtà giovanili unitesi per attivare un confronto intergenerazionale tra giovani cittadini e decisori politici e per favorire la creazione di un rinnovato progetto per il Paese. L’obiettivo della Rete è quello di plasmare collaborativamente un’agenda lungimirante attraverso il confronto costante sul futuro dell’Italia in un’ottica di collaborazione tra differenti generazioni.
Quello che vuole inaugurare la Rete, tramite iniziative come la rubrica Generazione futuro, è dunque un’inversione di rotta. Coinvolgere maggiormente i giovani e far sì che loro si sentano attori proattivi in questo ambito e nei processi decisionali incentiverebbe infatti l’adozione di nuovi strumenti e canali digitali che possano intercettarli, a confrontarsi con prospettive innovative, e ad uscire dall’immobilismo che troppo spesso pare attanagliare il nostro Paese. Anche questo è un passo avanti per mantenere viva la nostra partecipazione al dibattito e per ribadire, ancora una volta, la centralità delle nuove generazioni per il futuro dell’Italia.
di Giulia Di Donato, Diletta Di Marco, Flavio Proietti Pantosti, Maria Tomassetti di Officine Italia per Rete Giovani 2021