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L’abuso del “politically correct” ostacola la parità di genere

Il “femminismo estremista” rischia di allontanare gli obiettivi da conseguirsi con il Next Generation Eu. Disperdendo le energie in una continua caccia alle streghe, le donne rischiano di perdere alleati preziosi. 03/03/21

di Annamaria Vicini

Il programma europeo Next Generation Eu, che i media italiani tendono a chiamare “Recovery Plan”, ha messo in moto energie e risvegliato le coscienze di diversi settori della società, interessati giustamente a non rimanere esclusi da un’opportunità unica e probabilmente irripetibile. Tra questi anche le associazioni rappresentative del genere femminile, che in realtà non è corretto definire “settore” in quanto costituisce la metà del genere umano.

Ciò che mi spinge a scrivere queste riflessioni è un timore: la paura che questo stesso soggetto, frammentato e perciò intrinsecamente debole, non abbia del tutto coscienza di quanto la partita sia importante, addirittura vitale se per vita non si intende solo quella meramente biologica.

Ma perché dico questo?

Perché vedo un agitarsi che ha l’indubbio vantaggio di occupare la scena mediatica e principalmente del più popolare dei social network, accompagnato però dal rischio dell’effimero e del poco incisivo sui processi economici, politici e sociali.

I social network, ma soprattutto quello a cui faccio riferimento ovvero Facebook, hanno la capacità intrinseca di polarizzare le diverse posizioni estremizzandole. Non mi sembra esagerato quindi affermare che si vedono sempre più spesso post, sia di singole utenti che di presunte esponenti di questa o quella associazione femminile/femminista, caratterizzati da toni estremisti, a caccia del minimo errore nell’uso del linguaggio che non sia rigorosamente in linea con le norme del politicamente corretto o di un atteggiamento che possa far pensare a una subordinazione femminile nei confronti del genere maschile.

Voglio precisare che anch’io ritengo molto importante l’uso corretto del linguaggio: l’utilizzo predominante di termini maschili toglie inevitabilmente visibilità al genere femminile; qualora poi venga utilizzato, come spesso accade, per indicare chi esercita professioni prestigiose, determina l’attribuzione del prestigio al solo genere maschile.

Quello che qui sto portando all’attenzione è l’esasperazione di questo “politically correct”, che finisce a volte per far criticare articoli e titoli giornalistici o post sui social in modo pretestuoso e fuorviante. Così come ritengo assurdo criticare una esponente politica perché durante una conferenza stampa teneva lo sguardo basso, assumendo che questo atteggiamento dovesse per forza indicare una sua subordinazione al capo del partito di riferimento (in merito a ciò rimando a un altro articolo di cui sono autrice).

Ma cosa c’entra tutto questo con il Recovery Plan?

C’entra perché, disperdendo le energie in una continua “caccia alle streghe”, i movimenti femminili/femministi rischiano di perdere di vista l’obiettivo fondamentale. Che non è nemmeno forse pretendere “la metà di tutto”, ma è essere parte attiva e indispensabile di un ripensamento della società che vogliamo e del genere umano che dovremmo diventare, composto in modo paritario da uomini e donne.

C’entra perché, in questo agitarsi a volte scomposto e massimalista, il genere femminile rischia di perdere alleati che invece dovrebbe riconoscere come tali stipulando patti di collaborazione (si veda a questo riguardo la recente polemica esplosa tra Massimo Recalcati e alcune posizioni espresse da femministe, che hanno fatto sì che lo psicoanalista paragonasse un certo femminismo da lui definito “estremista” al maschilismo). 

C’entra infine perché in Italia stiamo rischiando, come genere femminile, la nostra credibilità. Non è credibile chi più si agita, urla e inveisce, ma chi riesce con forza e determinazione a far valere le proprie ragioni.

 

di Annamaria Vicini, giornalista pubblicista, ha collaborato con alcune delle maggiori testate nazionali e cura un blog di successo. Ha fondato l’associazione CoderMerate, che promuove l’insegnamento del coding e della robotica educativa a bambini e adolescenti. Ha pubblicato il romanzo Non fare il male, e l’eBook Abbracciare il nuovo mondo. Le startup cooperative.

mercoledì 3 marzo 2021