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Lo sviluppo di una mobilità sostenibile in Italia

La mobilità elettrica costituisce una straordinaria opportunità, se sapremo sfruttare le competenze che il Paese possiede e presidiare gli sviluppi tecnologici verso una totale decarbonizzazione dei trasporti. 19/02/21

di Dino Marcozzi

Lo sconvolgimento radicale dell’economia, causato dalla pandemia da Covid-19 interessa in modo particolare la mobilità per i suoi riflessi economici e per la creazione di nuovi paradigmi che governeranno il modo di spostarsi del nostro futuro. In particolare, la ricaduta sull’intera filiera industriale soprattutto nell’automotive richiede una risposta rapida ma anche lungimirante, per ridare slancio ai comparti, con l’obiettivo non solo di salvare le imprese ma, anzi, di accrescerne la competitività nel contesto europeo e mondiale.

Anche chi lavora per lo sviluppo della mobilità elettrica deve pertanto fare sentire la sua voce per battere quelli che, con la scusa della “ricostruzione”, vorrebbero ricostruire il mondo esattamente come era, e forse peggio, accantonando i temi ambientali. Sarebbe un errore irreparabile e dalle conseguenze peggiori di quello che possiamo immaginare.

 

Accelerare la transizione tecnologica

L’abbattimento dell’inquinamento delle nostre città e la decarbonizzazione dell’industria non rappresentano più una scelta, ma una necessità e un’opportunità anche di tipo economico-industriale. La mobilità gioca qui un ruolo determinante. Pur ritenendo legittime le richieste che mirano a una pronta ripresa di domanda e offerta, pensiamo tuttavia che sia comunque rischioso per l’Italia in questo momento frenare o rinviare la transizione tecnologica. Le ripercussioni negative in termini di divario tecnologico con gli altri Paesi potrebbero essere irrecuperabili. 

L’Italia è infatti in ritardo di almeno due anni rispetto ai maggiori Paesi europei. Il nostro Paese presenta una incredibile penetrazione di veicoli privati fossili, al primo posto in Europa (sei auto ogni dieci abitanti con un tasso di utilizzo del 5%), il 40% delle quali al di sotto degli standard Euro 4, un’età media di 11 anni e intere aree con scarsissima presenza di trasporto pubblico locale.

E tuttavia, a parte lo sconvolgimento del Covid-19 la rincorsa della mobilità elettrica è in pieno svolgimento. Il tasso di crescita delle vendite di BEV (Battery Elecric Vehicle) è raddoppiato ogni anno tra il 2017 ed il 2019, risultato piuttosto semplice da realizzare trattandosi di numeri assoluti molto piccoli rispetto all’immatricolato annuo di auto convenzionali (poco meno di due milioni). Il 2020, in assenza di misure di stop dovute alla pandemia, avrebbe certamente proseguito questo andamento con una probabile registrazione di circa 20 mila nuove nell’anno.

Le case automobilistiche sono mediamente in ritardo nella rincorsa alla decarbonizzazione e ora devono rapidamente adeguarsi: questo spiega i grandi investimenti in corso per nuovi modelli e la prossima proliferazione di “gigafactory” di batterie in tutta Europa. I costruttori dovranno anche cercare, attraverso modelli ibridi, di mitigare le emissioni del proprio venduto. La vera soluzione sarà comunque di dedicarsi all’evoluzione della tecnologia full electric.

 

Una grande opportunità di sviluppo per l’Italia

Tornando agli scenari di previsione in Italia, pensiamo che al 2030 almeno il 50% dei veicoli immatricolati nell’anno sarà elettrico e che, conseguentemente, il phase out totale dalle immatricolazioni di veicoli ad alimentazione fossile dovrà avvenire entro il 2035. Questo obiettivo è il minimo da raggiungere se si tiene a mente l’altro grande target europeo: la decarbonizzazione totale dei trasporti su strada al 2050. Il grafico riportato descrive quale scenario di vendite e circolante durante gli anni che ci separano dal 2030.

Il numero di veicoli totalmente elettrici nelle nostre strade a fine 2019 era di circa 40.000 unità, quindi solo poco più dell’uno per mille di un circolante di circa 39 milioni. Se pensiamo che il tasso di utilizzo delle auto è del 5% del loro tempo e che non vi dovrebbe essere un rilevante aumento di popolazione, è ragionevole ipotizzare che nel 2030, grazie allo sviluppo di pooling e sharing dei veicoli, non più di 32-33 milioni di veicoli continueranno a occupare le nostre strade. Conseguentemente si dovrà passare dall’uno per mille al 12-13% di BEV circolanti tra il 2019 e il 2030.

La mobilità elettrica costituisce dunque una straordinaria opportunità di sviluppo da non lasciarsi sfuggire. Bisogna concentrare le forze su questo tema valorizzando e sviluppando le competenze che il Paese possiede e presidiando gli sviluppi tecnologici e di sistema verso la decarbonizzazione dei trasporti al 2050. Occorre introdurre il concetto di Missione E-mobility Italia, a coordinamento operativo centrale, che definisca regole comuni su infrastrutture, piani di mobilità, politiche di supporto dell’industria e del mercato. In sintesi, fissare obiettivi al 2030 e 2050, stabilire la progressività e dotarsi di strumenti di misurazione di percorso.

Motus-E ha recentemente sottoposto al governo alcune proposte, evidenziando alcune delle azioni già presentate al Mise nell’ambito del tavolo Automotive, la cui concreta attuazione può consentire il rafforzamento del ruolo dell’Italia nella transizione, il pieno e concreto rilancio di tutte le aziende coinvolte e fungere da stimolo per la creazione di nuove imprese e nuove professionalità.

Le proposte possono essere sintetizzate delle seguenti linee d’azione.

Stimolo della domanda. Rafforzare l’attuale Ecobonus per i veicoli a zero o basse emissioni che si è dimostrando uno strumento fondamentale nell’accelerare la transizione ad una mobilità più sostenibile, in particolare tra i privati. E’ necessario incrementare i fondi dedicati all’Ecobonus, per evitare che gli esigui fondi stanziati per il 2020 e 2021 si esauriscano causando un ulteriore rallentamento del già fragile mercato. Occorre una cura shock per sostenere le piccole, medie e grandi imprese che decidono di ripartire investendo in veicoli a zero o basse emissioni rivedendo i meccanismi di deducibilità per le flotte aziendali e Partite Iva. Infine è importante incentivare l’acquisto di veicoli di trasporto merci elettrici, strumento importante per la decarbonizzazione dei centri urbani.

Sostegno alle infrastrutture. Per le infrastrutture di ricarica private è importante introdurre agevolazioni fiscali per l’installazione potenziandone il meccanismo di credito di imposta e rafforzare le agevolazioni per le imprese. Per le infrastrutture di ricarica pubbliche: semplificare l’iter per l’installazione delle infrastrutture di ricarica su suolo pubblico. Infine supportare un piano di investimenti dedicato all’installazione di infrastrutture di ricarica ad alta potenza sulle autostrade, attraverso l’introduzione di obblighi a carico dei concessionari.

Supporto all’offerta. Creare, rendere vantaggiosi e diffondere strumenti di aggregazione per le Pmi, aumentando i vantaggi fiscali per gli investimenti alle imprese che aderiscono a contratti di Rete. Estendere i programmi di formazione Industry 4.0 per includere le competenze dei lavoratori addetti ai processi produttivi, alla progettazione e fabbricazione dei prodotti, ma anche alle reti di vendita (concessionari) e assistenza post-vendita (officine). E, infine, prevedere sgravi fiscali per la riqualificazione del personale verso le nuove tecnologie.

di Dino Marcozzi, ingegnere, segretario generale Motus-E

venerdì 19 febbraio 2021