2021: l’anno di svolta per il futuro dell’Ue?
Instaurare un dialogo generazionale, strutturare un politica comunitaria coesa, difendere i valori democratici, rappresentare la cittadinanza europea: il futuro dell'Unione parte da qui. 18/01/21
di Loredana Teodorescu
Questo anno potrebbe rappresentare un momento decisivo per il futuro dell’Unione europea.
Se la pandemia in corso ha costituito un ennesimo duro banco di prova per l’Ue nel suo insieme, ci ha anche ricordato quanto sia essenziale la cooperazione e una risposta comune a livello europeo per affrontare le sfide globali, spingendo l’Unione a fare dei passi importanti, confluiti nel piano Next Generation Eu. Anche la Brexit, triste capitolo della storia europea recentemente conclusosi, non solo non ha provocato il temuto effetto domino, ma ha finito per mettere in luce, con la sua complessità, quanto siano profondi i legami tra l’Ue e i suoi Stati membri.
Stiamo indubbiamente vivendo una fase storica importante, e mai come ora è necessario ragionare su quale direzione prendere.
Il volume “Riflessioni sul futuro dell’Europa. Un confronto generazione per rilanciare l’Ue”, che ho avuto il piacere di curare, muove da questa esigenza, promuovendo una riflessione collettiva sulle sorti del processo di integrazione europea, con spunti concreti e proposte. Si tratta del frutto di un progetto portato avanti dall’Istituto Luigi Sturzo, con il supporto del Ministero degli Affari Esteri, in vista della conferenza sul futuro dell’Europa, che, attraverso 20 contributi, si districa tra sfide e questioni politiche che interessano il presente e plasmeranno il futuro della nostra Europa.
Tempismo, responsabilità e partecipazione: sono queste le parole che accomunano i saggi, come evidenziato nell’introduzione da Armando Barucco e Lorenzo Vai. Per riflettere in maniera costruttiva sul futuro dell’Europa abbiamo bisogno innanzitutto di recuperare quella visione e quelli ideali che ispirarono i Padri fondatori, affiancandoli ad una dose di concretezza e pragmatismo, per adattarli alle sfide dei nostri tempi e recuperare lo slancio necessario per affrontare il futuro. Ma è necessario anche mobilitare nuove energie e rafforzare il dialogo tra politici, intellettuali e giovani, che rivestiranno un ruolo fondamentale in questa delicata fase di ripensamento dell’Ue. Il volume si propone di dare un contributo in questa direzione, instaurando un dialogo generazionale, attraverso il coinvolgimento di un gruppo eterogeneo di studiosi ed esperti, giovani e meno giovani, tutti accomunati da uno genuino spirito europeista e una competenza specifica in materia; e tentando di rafforzare il dialogo tra il mondo della politica, da una parte, e quello dell’accademia e della ricerca, dando valore alla conoscenza.
Per l’Ue è tempo di fare un salto di qualità, con coraggio e ambizione, trasformando quella che è la crisi più dura degli ultimi decenni in un’opportunità. È quanto emerge in tutti i saggi proposti.
In molti si interrogano innanzitutto sullo stato di salute della democrazia dell’UE, nella consapevolezza che l’architettura istituzionale di una democrazia non garantisca da sola i principi e i valori di libertà e eguaglianza di cui essa ha bisogno. Un esercizio non facile, data la complessità di una realtà sovranazionale, multilivello, o “sui generis”, come quella dell’Ue: in cui il popolo non è che la somma dei popoli delle democrazie che lo compongono; frutto di un costante bilanciamento tra interessi nazionali e quelli dell’Unione; in cui si alternano decisioni prese nell’ambito delle istituzioni comunitarie a quelle intergovernative; e caratterizzata da una governance complessa che fa parlare di un deficit democratico. Le varie sfide che l’Ue ha dovuto affrontare, da quella economico-finanziaria a quella migratoria fino ad arrivare alla recente pandemia, hanno contribuito ad alimentare una crescente sfiducia dei cittadini nelle istituzioni europee, sfociata in alcuni casi nell’illusione che il ripiegamento su nazionalismi possa essere la soluzione. È quanto emerso alle ultime elezioni europee, che hanno visto il numero più alto di rappresentanti di forze euroscettiche o sovraniste varcare la soglia del Parlamento europeo. La stessa Italia ne è un esempio: laddove sono state immaginate le origini del progetto europeo, lo spirito europeista si è affievolito nell’ultimo decennio, fino a farne il paese più scettico rispetto ai vantaggi della partecipazione all’Ue.
Da questa prima analisi, nascono una serie di proposte.
Innanzitutto, si avverte in molti la necessità di dare uno slancio politico all’Ue per completare il processo di integrazione europea iniziato tanti anni fa. La Brexit in qualche modo riflette la contraddizione tra due visioni diverse dell’Ue: da una parte chi vede l’Europa come mercato, in chiave soltanto economica, dall’altra chi continua a immaginarla come un progetto politico, da realizzare. È ora di superare questo fraintendimento e ritrovare innanzitutto una visione comune, riflettendo insieme sull’Europa che vogliamo.
“La costruzione dell’unità europea è certamente un processo lungo, che non avviene dall’oggi al domani”. Ce lo ricorda il Prof. Michele Nicoletti, che intravede nel futuro “un’Europa sociale, come ideale e politica”: per raggiungerla, sottolinea, occorrono “idee, determinazione e pazienza, ma anche persone, e in particolare nuove generazioni disposte a giocarsi con coraggio su questo orizzonte”, nella consapevolezza che, come evidenzia il Prof. Nicola Antonetti, “costruire l’Europa sia un compito morale e culturale, oltre che economico e sociale”.
Per dotare l’Ue dei poteri e strumenti necessari per rispondere alle sfide del tempo e svolgere il ruolo di attore nella sfera internazionale, servono riforme istituzionali e in termini di governance. Per la democrazia europea, in altre parole, come richiamato da Margherita Movarelli, “questa è l’occasione di dimostrare la propria capacità di sapersi rimodellare nel tempo, con un rinnovato slancio che sappia guardare alle necessità del futuro coerentemente agli ideali originari.".
Sono molte gli spunti, che vanno nel senso di aumentare la capacità decisionale delle istituzioni, non solo nei momenti di crisi: si tratta di creare un vero e proprio governo dell’Ue, fondato su un rapporto fiduciario più stretto tra legislativo ed esecutivo, che assicuri governabilità e credibilità democratica, e di rafforzare il Parlamento europeo, in modo da renderlo in grado di bilanciare la crescita delle istituzioni sovranazionali, da una parte, e la crescente domanda che arriva dal territorio, dall’altra, come suggerito da Cristiano Zagari. Ma anche di promuovere “una leadership di spessore, di qualità”, come sottolinea Dario Quattromani, districandosi tra questioni complesse e superando la dicotomia tra globalismo e sovranismo, con la precisione di “un orologiaio”, metafora utilizzata da Luisa Franchina e Federico Sergiani.
Per restituire significato e concretezza al progetto di integrazione europea, è fondamentale promuovere politiche davvero comuni in quei settori in cui il valore aggiunto rappresentato dal livello europeo è evidente e che i cittadini considerano prioritari. La politica di immigrazione ne rappresenta un chiaro esempio: nel mio articolo, sottolineo come questa politica sia fondamentale per il futuro dell’Europa, non solo perché richiama nodi irrisolti che riemergono ciclicamente in momenti di crisi, come il significato di solidarietà e il ruolo che l’UE dovrebbe ricoprire nella risposta a sfide transnazionali, ma anche alla luce delle alte aspettative che i cittadini rivestono nella capacità europea di affrontare efficacemente tale questione.
Ma in quali altri settori è possibile, e anzi necessario, promuovere un approccio comune europeo? Secondo Federico Reho, se l’Ue intende “preservarsi come unione vasta e diversificata, essa deve concentrare la sua limitata legittimità sull’integrazione di poche politiche d’importanza strategica, demandando tutto il resto alle competenze degli Stati membri”: un’integrazione europea più solida andrebbe accompagnata, cioè, ad una sussidiarietà più forte, riprendendo la visione di sussidiarietà democristiana, che per prima ha formulato il principio entrato a far parte dell’ordinamento comunitario sin dal trattato di Maastricht.
Per garantire il concetto di “unità nella diversità”, il processo di integrazione è stato sempre caratterizzato anche da un certo grado di differenziazione. Se in questa direzione si intende andare, è importante riflettere in maniera approfondita, come propone Nicoletta Pirozzi, sulle condizioni e le forme di differenziazione necessarie per prevenire tensioni politiche, mancanza di controllo democratico e anche una potenziale disintegrazione, a vantaggio di una maggiore efficacia e credibilità del progetto europeo”.
Pur nella diversità di interessi e preferenze, e in presenza di iniziative all’insegna della differenziazione, l’Ue si basa su un nucleo di valori costituzionali comuni, che dà senso e significato all’Unione. Tommaso Virgili ci ricorda a tal proposito come “il futuro del sogno europeo passa per la riscoperta dei suoi valori universali”, mentre altri autori si focalizzano sullo Stato di diritto. Nel ricordarci che la Commissione europea lo definisce “la spina dorsale di ogni democrazia costituzionale moderna”, il Prof. Raffaele Torino evidenzia come lo stato di diritto sia stato sottoposto a significative tensioni per le riforme avvenute in particolare in Polonia e Ungheria e propone dei meccanismi per garantirne una maggiore protezione e tutela, mentre il Prof. Giulio Salerno evidenzia come tale tutela sia fondamentale anche per “mantenere e accrescere la fiducia nei cittadini nelle istituzioni pubbliche, in quanto strumento di protezione dall’esercizio ingiusto e arbitrario dei poteri”.
Il rinnovamento dell’Ue deve fare affidamento su un’ampia partecipazione, affinché non sia percepito come imposto dall’alto e distante dai bisogni dei cittadini. In questo senso, il Prof. Luigi Moccia propone “un cambio di prospettiva nella costruzione dell’unità europea: che metta al centro i cittadini europei e i loro bisogni”. Ecco allora che i temi della rappresentanza e della cittadinanza europea devono rivestire un ruolo di primaria importanza nella riflessione attuale. Tra gli spunti offerti al riguardo: riorganizzare anche le istituzioni rappresentative in chiave sussidiaria, ristrutturare l’offerta politica dei partiti secondo quanto avviene già a livello nazionale (cleavage destra/sinistra e intorno a singole issues) piuttosto che lungo l’asse di accettazione/rifiuto della legittimità stessa dell’Unione, e favorire la partecipazione dal basso, come proposto dal Prof. Maurizio Serio.
Un esercizio concreto di coinvolgimento dei cittadini nella riforma dell’Ue potrebbe essere offerto dalla Conferenza sul futuro dell’Europa, momento importante per raccogliere le visioni dei cittadini sull’Europa unita in maniera dialettica e partecipativa, ma anche per legittimare indirettamente le decisioni prese a Bruxelles. Tale occasione non sfugge agli autori. Francesco Tufarelli e Monica Didò auspicano che si apra una vera e propria fase costituente dell’Europa, come risposta ai nazionalismi, evitando gli errori compiuti quindici anni fa con il progetto fallito di una Costituzione europea. Lo sottolinea in altri termini, ma con altrettanta forza, anche Piervigilio Dastoli, invocando la predisposizione di “un nuovo Trattato che doti tale entità delle opportune competenze esclusive, in tutti i settori dove l’azione dei singoli Stati risulti inadeguata, delineando un vero sistema costituzionale che le consenta di esercitarle con efficacia e metodo democratico”.
In questa nuova fase che si prospetta, infine, emerge il ruolo fondamentale dei giovani, perché oggi, più che mai, il progetto europeo ha bisogno di energie nuove. I giovani possono attivare quei cambiamenti sociali e culturali di cui abbiamo bisogno, attraverso “lo spirito, il pensiero e l’azione, l’ispirazione e la conoscenza”, come ci ricorda Michele Gerace; e proprio tra le nuove generazioni sta emergendo, anche attraverso esperienze come quella dell’Erasmus, uno spirito unificante, un senso di comune identità europea, richiamato da Diva Ricevuto. Qui entra in gioco anche il piano culturale. Da una parte, il tema fondamentale dell’educazione, su cui riflette Luisa Borghesi, e in particolare dell’insegnamento all’Unione europea e ai suoi valori nelle scuole, di cui si avverte sempre di più l’esigenza. Dall’altro, in senso più ampio, la necessità di costruire una nuova narrativa, che accompagni il processo di riforma dell’UE, attraverso una più incisiva ed efficiente campagna di comunicazione e informazione, recuperando anche esempi positivi del passato come il Servizio Informazione Donne, di cui parla Maria Pia Di Nonno.
Una riforma, quella dell’Ue, che può più essere rimandata: è giunto il tempo di affrontare questioni a lungo accantonate e aprire una nuova stagione di rilancio del processo europeo.
Per farlo, avremo bisogno della volontà politica degli Stati membri, del coinvolgimento e della fiducia dei cittadini, di giovani disposti a mettersi in gioco e a spendersi per questo progetto, e infine di una leadership e di istituzioni ambiziose a livello europeo che sappiano portare avanti il processo. Ci vorranno tempo, pazienza, coraggio, ma anche chiarezza sull’Europa che vogliamo perché, come le parole di Seneca ci ricordano, “Nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa a quale porto vuole approdare”.
di Loredana Teodorescu, responsabile Affari europei e internazionali Istituto Luigi Sturzo