Il “senso” della bellezza e il “poieo” che la ispira. Le parole del futuro devono indicare e stimolare "at-tese"
L’intensità, le idee che la parola "Bellezza" vorrebbe e dovrebbe esprimere e significare, sono cambiate nel tempo. Quali sono oggi?
di Davide Rampello
Nell’incanto terso di una notte di plenilunio, la visione della dea argentata, trionfante nella sua luminosità perfetta, ispirò a Saffo il verso “ kalan Selannan”, “la bella Luna”. Fu una delle prime volte che il sentimento, l’emozione che chiamiamo “Bellezza”, fu espresso e scritto. Ma l’intensità, le idee che questa parola vorrebbe e dovrebbe esprimere e significare, sono cambiate nel tempo. Ci sono parole come “Verità”, “Giustizia”, “Bene”, “Bellezza”, che più di altre perdono o mutano di senso. Probabilmente oggi la parola “Bellezza”, nel suo significare, ha smarrito i sentimenti di buono e di vero che anticamente le davano l’energia rassicurante e armoniosa del sacro che si svelava al cuore degli uomini. Il contadino, che costruiva pietra su pietra un muro circolare alto alcuni metri, per proteggere dal vento dell’isola una sola pianta del profumato arancio, radicava l’albero nel cielo affinché la luce fornisse energia che permetteva ai frutti di maturare. Ricchezza preziosa, alimento, tradizione, memoria di una bellezza nata nel giardino delle Esperidi e che, ad ogni stagione, lui rinnovava. Nei paesaggi, nelle chiese, nei borghi, nelle feste, nelle forme del pane quotidiano, rimane la testimonianza del fare di uomini che hanno formato il loro sapere nel sentimento profondo della bellezza. Orfani del profondo, del vero, del giusto, del buono, oggi sentiamo l’urgenza di rappresentare le contraddizioni e l’armonia del reale con quel sentimento che sostenne coloro che espressero tutta questa operosità, e si facevano incantare dal profumo caldo dell’arancio o dall’argentea luminosità sacra della Luna.
di Davide Rampello