Di complotti e "disincanto del mondo"
Dai templari alla massoneria, dagli Ufo a QAnon, dalle scie chimiche alla meme magick, nel suo nuovo saggio Roberto Paura traccia una mappa della storia cospirazionista mondiale, frutto delle “crisi di senso prodotte dalle trasformazioni accelerate della società”.
di Flavio Natale
“Da quando gli uomini non credono più in Dio, non è che non credano più a nulla, credono a tutto”. Per addentrarci in Società segrete, poteri occulti e complotti. Una storia lunga mille anni (Diarkos editore), il nuovo saggio del giornalista, scrittore, divulgatore e futurologo Roberto Paura, possiamo cominciare da qui. Questa citazione, tratta da Il Pendolo di Foucault di Umberto Eco, appartenente all’apologeta cattolico G. K. Chesterton e ripresa nel saggio di Paura, è un buon punto d’ingresso per scandagliare i multistrati che abitano la storia del complottismo globale.
Parlare di complottismo è anzitutto un esercizio di immedesimazione e, dunque, di sospensione del giudizio: quello che Paura richiede al lettore è la comprensione non solo degli eventi storici, ma delle ragioni politiche, economiche, sociali, emozionali che viaggiano sotto la linea di galleggiamento cospirazionista. Questa predisposizione è essenziale perché, come ricorda Wu Ming 1 in un’intervista al podcast Ragù, percepire noi stessi come custodi della “realtà dei fatti” è, di fronte a un complottista, un’operazione fallimentare. Se dal nostro punto di vista l’altro è vittima della propria credulità, dalla sua le vittime siamo noi, e suo compito è quello di “risvegliarci dal sonno”, stendendo davanti ai nostri occhi la reale realtà dei fatti. Morale della favola: nessuno dei due si sposta di un millimetro dalla propria posizione. Questa sfumatura non implica, naturalmente, scadere in un generico relativismo interpretativo – pericolo di cui ci avverte spesso Paura – ma significa accettare di compiere uno sforzo in più, comprendendo i meccanismi e le insofferenze che attivano una teoria cospirazionista.
La tesi del saggio è dunque questa: l’idea che “esistano società segrete in grado di portare avanti, nel corso dei secoli, inquietanti piani di dominio globale” è considerata, da Paura, “la più pericolosa del mondo”, perché “in grado di influenzare il futuro”. Questa considerazione deriva anche da un intervento, pubblicato su FUTURANetwork, dove l’autore ragionava sulla domanda posta dalla rivista Foreign Policy: “Quale idea, se generalmente accettata, porrebbe la minaccia più grave al benessere dell’umanità?”
Società segrete, poteri occulti e complotti è dunque, prima di tutto, una risposta a questa domanda, strutturata sulla base di un capillare lavoro storiografico. Dai templari agli Illuminati, dai Rosa-Croce alla massoneria e ai Protocolli dei Savi di Sion, dall’omicidio di Kennedy agli Ufo, dai Rettiliani alle scie chimiche fino ad arrivare a QAnon, Paura traccia una mappa cronologica delle teorie che hanno sostanziato una narrazione lunga mille anni, identificando le occorrenze che ritornano ciclicamente a distanza di secoli.
“Le teorie del complotto hanno una loro evoluzione, come accade sempre con le idee. Si trasformano, si adattano a mutati contesti culturali e storici, cambiano volto e forma, ma la sostanza quasi sempre resta la stessa”, ricorda Paura nell’introduzione al saggio.
Questa “sostanza” è composta da numerosi ingredienti. Uno tra questi è l’esistenza di una verità sepolta, concetto che si può rintracciare nell’esegesi cabalistica della Torah o in quella cristiano-gnostica delle parole di Gesù: entrambe ci dicono che, andando oltre le apparenze, “sia possibile giungere al reale significato dell’insegnamento divino, esattamente come sotto il rivestimento di carne del nostro corpo giace la scintilla di luce divina attraverso la quale potremmo ricongiungerci alla verità”. A tenerci lontani da questa rivelazione agirebbe un Demiurgo folle, sostituto del vero Dio. Per accedere alla verità dietro la bugia, è necessario percorre un cammino iniziatico intriso di simbologie e messaggi cifrati (la cui ultima forma potrebbero essere le drops, i piccoli messaggi enigmatici che QAnon lancia sui forum online a uso e consumo dei suoi seguaci).
Ma anche le operazioni di cover-up, “termine con cui gli ufologi designano il presunto insabbiamento delle prove dell’esistenza degli extraterrestri da parte del governo degli Stati Uniti”, potrebbero essere annoverate tra le “verità sepolte” da scovare, così come accade per le false flag, presunte montature governative dietro eventi di enorme rilevanza storica (l’11 settembre sarebbe, ad esempio, un’operazione segreta per aumentare il potere interno ed estero del governo americano). Le numerose stragi generate dall’uso incontrollato delle armi da fuoco sarebbero invece farse messe in scena con la partecipazione di crisis actors, attori pagati per fingere di morire, con l’obiettivo di disincentivare il commercio delle armi negli Usa.
Gli esempi sopracitati ci mettono davanti a quella decodificazione artificiosa dei fatti che Umberto Eco, ne I limiti dell’interpretazione, definisce interpretazione sospettosa. “Un testo”, spiega Paura, “può essere interpretato in molti modi diversi, ma essenzialmente possiamo distinguere due programmi: la ricerca, nel testo, del senso autentico che l’autore ha voluto fornirgli; e la ricerca del vero significato del testo, indipendentemente dalle intenzioni dell’autore”, la cosiddetta semiosi ermetica. Leggere un testo ermetico può dunque generare un’interpretazione infinita, “perché è possibile fargli dire letteralmente tutto e il contrario di tutto”.
L’interpretazione sospettosa è la deriva distorta di questo ragionamento: “Il lettore opera una sopravvalutazione degli indizi, convinto che, una volta individuata la chiave interpretativa, ogni elemento del testo possa essere trasformato in un indizio a conferma di tale interpretazione”, errore in cui incorrono, tra l’altro, gli stessi protagonisti de Il Pendolo di Foucault. Proseguendo su questa strada, l’interpretazione sospettosa può produrre, secondo Eco, una “deriva ermetica”, ovvero “l’abilità incontrollata di slittare da significato a significato, da somiglianza a somiglianza, da una connessione a un’altra”.
Queste spiegazioni, oltre a essere laboriose, sono incredibilmente coriacee, resistenti alle critiche e alle evidenze. Leon Festinger le identifica come forme di dissonanza cognitiva:
“Supponete che un individuo creda ciecamente in una determinata cosa; supponete ancora che sia impegnato a investire in quella convinzione, che abbia intrapreso azioni irrevocabili in nome di essa; supponete infine che gli sia stato dimostrato in maniera inequivocabile e innegabile che si sbaglia; che cosa accadrà? Quell’individuo si dimostrerà spesso non solo indifferente ai dati di fatto che sconfessano la sua convinzione, ma anche più sicuro che mai della veridicità delle sue idee. Anzi, potrebbe dimostrare addirittura un nuovo fervore che lo porterà a cercare di fare proseliti”.
Secondo Paura, questo “fervore” complottista non è solo il frutto di una frenetica sovrainterpretazione: al nocciolo, pulsa un bisogno di rassicurazione dalle crisi che dominano l’epoca specifica. Ad esempio, fa notare l’autore, non è un caso che i principali bersagli di QAnon siano afroamericani e donne: questa è la “risposta alla percezione che il potere e i privilegi dei maschi bianchi siano minacciati dalle rivendicazioni e dalla rinnovata voce di afroamericani, donne e movimenti Lgbt”.
La conseguenza di questo senso di diffuso smarrimento – che, in altre epoche, poteva essere generato dal timore dell’infiltrazione sovietica in territorio americano o dal sospetto del monopolio economico ebraico in Germania – è l’identificazione e la distruzione del diverso, perpetrata attraverso la sua deumanizzazione. La teoria del complotto rettiliano elaborata da David Icke – per cui alieni con fattezze umanoidi sarebbero a capo delle famiglie più influenti del mondo – ne è un perfetto esempio.
“Queste persone non sono umane, ma demoni, alieni”, spiega Roberto Paura. “Se fossero davvero umane, potrebbero essere contrastate sul piano politico e ideologico, mentre il supercomplottismo le prende di mira per la loro disumana malvagità, esattamente come gli ebrei dei Protocolli dei Savi di Sion o le vittime della caccia alle streghe”.
La deumanizzazione, se trasferita alle istituzioni democratiche, diventa delegittimizzazione: un sistema di screditamento che ha agito con piena efficacia quando il Partito democratico americano, e in particolare l’entourage di Hilary Clinton, è stato accusato di far parte di una rete mondiale di pedofili, che si riuniva sotto il Comet Ping Pong per professare riti satanici (teoria della cospirazione conosciuta poi come Pizzagate).
Questa è la dimostrazione, secondo Paura, “dell’inesausta capacità della mentalità complottista di ancorarsi a miti antichi di secoli per affrontare la percezione di sgomento e disorientamento di fronte a sempre nuove crisi di senso prodotte dalle trasformazioni accelerate della società”. Queste trasformazioni operano quelle che Ernesto De Martino definisce, ne Il mondo magico, “crisi della presenza”, ovvero momenti in cui l’orizzonte di significato degli individui o delle comunità viene meno. La risposta a questi momenti di smarrimento sarebbe, per De Martino, il pensiero magico, generato quando “il ‘ci sono’ è esposto al rischio di non esserci”.
Da qui il saggio di Paura approda a un’ulteriore stimolante considerazione: il complottismo è (anche) l’effetto di una diffusa perdita di magia e spiritualità a livello globale. Max Weber parlava a questo proposito di “disincanto del mondo”, depositato della scienza moderna. Karl Popper identificava invece nella cospirazione una forma di teismo:
“La teoria sociale della cospirazione è in effetti una versione di questo teismo, della credenza, cioè, in divinità i cui capricci o voleri reggono ogni cosa. Essa è una conseguenza del venir meno del riferimento a Dio, e della conseguente domanda: ‘Chi è al suo posto?’”
Questo desiderio di trascendenza è particolarmente rilevante in una teoria imbevuta di millenarismo e pratiche escatologiche quale QAnon, punto d’incontro perfetto tra la sfera spirituale e quella cospirazionista – tanto da meritarsi un termine autonomo, quale conspiritualità.
“Tutto ha inizio con l’omicidio di John Fitzgerald Kennedy, l’unico presidente che tentò di opporsi alla Cabala minacciando di smantellarla, a partire dalla Cia”, ricorda Paura, ricostruendo la narrazione alla base della teoria complottista di QAnon. “Da allora il governo degli Stati Uniti sarebbe caduto nelle mani del deep state, il ‘governo-ombra’ su cui da tempo va mettendo in guardia la destra suprematista radicale. Il deep state è composto da uomini dell’intelligence, politici progressisti, ma anche star di Hollywood: a unirli è il desiderio del potere e il segreto degli abusi rituali in chiave satanista che hanno per vittime minori rapiti in tutto il mondo e segregati come schiavi sessuali”. Da qui, si dipartirebbe “Il Piano” (The Plan) di Q, Trump e i “cappelli bianchi” (la marina militare) per distruggere il deep state e generare un “Grande risveglio” (Great awakening). Questo “risveglio” si concretizzerebbe tramite un annuncio di Trump, a cui seguirebbero tre giorni di blackout per impedire al deep state di riemergere, permettendo invece ai QAnonisti e all’esercito di operare arresti di massa, liberando milioni di bambini imprigionati nelle gallerie sotterranee e metropolitane abbandonate. Infine, Trump consegnerebbe le redini del Paese al figlio di Kennedy, John Fitzgerald Kennedy Jr., la cui morte sarebbe stata inscenata per sottrarlo alla Cabala.
Questo evento rappresenterebbe il culmine della battaglia tra le forze del Bene, guidate da Q, e quelle del Male, dirette dal deep state.
La diffusione di questa teoria, e la sua parziale trasposizione nella realtà (come è accaduto per l’assalto a Capitol Hill) sono state possibili grazie alla trasmissione virale di alcuni contenuti su internet: forum come 4chan, 8chan e Reddit hanno costituito la fucina delle ideologie razziste, sessiste e antisemite che nutrono il popolo di QAnon. Ed è proprio da questi forum che i meme – termine coniato dall’evoluzionista Richard Dawkins “per definire aspetti della cultura umana che, come i geni, hanno la capacità di replicarsi ed evolversi” – hanno iniziato a proliferare senza controllo. I meme, ricorda Paura, costituiscono l’ultima evoluzione del détournement di Guy Debord, ovvero la “manipolazione dei prodotti della società dei consumi di massa per veicolare significati politici”. Simbolo di questa crasi tra immagine e ideologie a sfondo antisistemico è Pepe the Frog, rana verde associata a Trump e ai suoi sostenitori, “simbolo della critica millenial al politicamente corretto e al progressismo moraleggiante”.
Come sottolinea Gary Lachman in La stella nera. Magia e potere nell’era di Trump, Pepe the Frog è diventato in breve tempo “una svastica anfibia postmoderna” che incarna “il troll definitivo”. Ma non solo. Per Paura questo meme costituisce “la rappresentazione di una profonda convinzione, che aleggia nella comunità alt-right (l’estrema destra nata sui forum sopracitati, ndr), secondo cui attraverso i meme sia possibile influenzare direttamente la realtà fuori dal web, realizzando i propri desideri e le proprie convinzioni”.
Gary Lachman identifica questa contaminazione, dal web alla realtà, come meme magick – mutuato dalla Chaos magick di Aleister Crowley:
“Invece di porre troppa attenzione alle bacchette magiche, alle campanelle e all’incenso, e a ricordare il nome perfetto di quel demone specifico, chi pratica la Chaos magick usa qualsiasi cosa sia a portata di mano. Oggi, per esempio, i meme che si propagano su internet. Per loro, e per molti altri occultisti contemporanei, internet ha la stessa funzione del “piano astrale” usato dai maghi tradizionali: è come un etere psichico in grado di trasmettere i propri propositi. Ci troviamo di fronte a un caso di meme magick quando qualcosa creato su internet contagia il mondo reale e lo modifica”.
Quest’operazione di creazione della realtà, questo abracadabra (in aramaico, “creo mentre parlo”) renderebbe gli stessi meme eggregore, ovvero idee che, secondo la tradizione occultista, riescono a tramutarsi in realtà.
Meme e alt-right sono così legati che nella seconda stagione di The Boys (serie televisiva su un gruppo di antieroi gestiti, per fini commerciali, dalla multinazionale Vought), il personaggio di Stormfront catalizza su di sé i più smaccati attributi della destra nata sul web: complottista, scaltra utilizzatrice di meme, viene da Portland (culla dei Proud Boys) e ha (spoiler) un passato nelle file naziste. Inoltre, nonostante il personaggio (nel fumetto da cui è tratta la serie tv) sia stato creato prima dell’ascesa di Trump, è curioso pensare che il suo nome richiami la “Calm before the storm”, una frase del futuro presidente che, su 4chan, fece pensare molti all’inizio della rivoluzione.
Questa relativizzazione della realtà, veicolata dai meme, genera diffuse forme di postverità – tendenza a basare le nostre considerazioni “non più su fatti oggettivi, dati scientifici, verità inconfutabili, ma su credenze, convinzioni personali, narrazioni e storytelling, che possono facilmente influenzare e farsi influenzare”. Queste postverità sono il risultato della diffusione di “fatti alternativi” (temine coniato proprio sotto la presidenza di “The Donald”): non interpretazioni della realtà, ma “fatti modificati che possono prendere il posto dei fatti veri, al punto da mettere in dubbio l’esistenza stessa di una verità”.
Un mondo dominato dalla postverità è un terreno fertile anche per la proliferazione della pseudoscienza: Roberto Paura propone, in risposta, di guardare a una “scienza postnormale”. Concetto proposto da Silvio Funtowicz e Jerome Ravetz negli anni Novanta, questa idea viene applicata a questioni scientifiche dove “il dominio tradizionale di ‘fatti’ sui ‘valori’ si inverte”, richiedendo alla scienza, in alcune specifiche questioni (come l’impiego del nucleare, gli Ogm, l’uso degli embrioni umani per produrre cellule staminali) di considerare non solo il dato tecnico, ma anche gli aspetti valoriali coinvolti, per tenere conto di tutta quella gamma di incertezze da cui possono germinare le teorie pseudoscientifiche. Ciò non vuol dire che ogni dato sia opinabile, ma soltanto che “certe decisioni basate sui fatti scientifici richiedano valutazioni di tipo sociale e politico”.
Discorso simile può applicarsi alle teorie del complotto che, come abbiamo visto, sono espressione del senso di sofferenza e smarrimento di intere generazioni. Per un efficace debunking – la confutazione “di una notizia falsa, fantasia di complotto, leggenda urbana, credenza pseudoscientifica o truffa basata sul paranormale” – si deve dunque tenere conto anche degli aspetti politici, sociali, economici in cui una teoria complottista nasce e prolifera. Questo mi sembra l’aspetto nevralgico del nuovo libro di Paura, che ha inoltre il pregio di lasciare una significativa impronta nella saggistica sul cospirazionismo, dove la narrativa contemporanea ancora fatica a innovarsi e a emanciparsi dall’ingombrante eredità di George Orwell o Philip K. Dick.
Tutto questo discorso, poi, si potrebbe riassumere in un uso, accorto e profondo, della nostra razionalità, che, come ricorda Roberto Paura, è “apertura verso ciò che si ignora piuttosto che compiacimento nei confronti di quel che si sa, disponibilità a rivolgere al mondo domande prima che cercare risposte”.
di Flavio Natale