Verso la catastrofe dell’informazione
Secondo il fisico Melvin Vopson, nel futuro produrremo così tanti contenuti digitali che i bit supereranno gli atomi presenti sulla Terra. Propone di considerarli una materia, come i solidi, liquidi, gas e plasmi. L’interrogativo è se il pianeta riuscirà a sostenerne la produzione.
di Flavio Natale
“Sulla base delle tendenze attuali, tra circa 350 anni, potrebbero esserci più bit di informazioni digitali di atomi di materia sulla Terra”. Melvin Vopson, fisico dell'Università di Portsmouth, chiama questo fenomeno la “catastrofe dell’informazione”, e sostiene che le informazioni digitali rappresenteranno la metà della massa della Terra entro l'anno 2500, rendendone impossibile la crescita. Vopson cita un quadro teorico che definisce il “principio di equivalenza massa-energia-informazione”, riunendo dentro di esso una serie di teorie fisiche distinte, tra cui la teoria della relatività generale di Alfred Einstein (che collega massa ed energia) e quella di Rolf Launder per cui esiste un costo energetico fondamentale legato all’elaborazione di informazioni. Vopson, in base a queste teorie, sostiene che i bit digitali dovrebbero essere considerati materia insieme a solidi, liquidi, gas e plasmi. “Sebbene le informazioni si manifestino in molti formati (analogiche, codificate nel Dna biologico, digitali), la forma più diffusa sarà il bit digitale binario, perché può rappresentare o duplicare con successo tutte le forme di informazione esistenti”, ha detto Vopson a Zme Science. Le opinioni di Vopson richiamano l'attenzione su una questione cruciale e spesso trascurata: un'infrastruttura digitale in continua crescita potrebbe un giorno richiedere una quantità di energia insostenibile per il pianeta stesso. “Quindi la domanda è: dove conserveremo queste informazioni? Come le alimenteremo? È un campanello d'allarme per le industrie dei big data, i giganti di Internet, le aziende high tech, la ricerca energetica e quella ambientale”, ha aggiunto Vopson. “La chiamo la crisi invisibile, perché oggi è davvero un problema invisibile, ma le proiezioni mostrano una storia diversa”.
di Flavio Natale