Decidiamo oggi per un domani sostenibile

Il ruolo della scuola e dello Stato negli scenari futuri dello sviluppo sostenibile

Una riflessione su come lo Stato sociale e l’educazione scolastica possano promuovere un futuro migliore, con un focus sulle soluzioni innovative sperimentate dal progetto di Educazione civica dell’Ufficio scolastico territoriale di Modena.

di Pier Paolo Cairo

Nella “policrisi” del mondo contemporaneo, tormentato da questioni sociali, economiche, geopolitiche e ambientali che si intrecciano e si alimentano a vicenda, sembra che l’umanità sia disorientata dalla complessità di questa crisi, indecisa su come affrontarla e talvolta persino disinteressata.

Il disorientamento del singolo si riflette, poi, in quello collettivo della politica e dello Stato.

Le modalità tradizionali di intervento statale – dall’uso di strumenti giuridico-repressivi[i] alle leve economiche della redistribuzione di risorse e delle prestazioni assistenziali tipiche del welfare state – si dimostrano oggi inadeguate o insufficienti. Crescenti difficoltà finanziarie e un impoverimento sempre più diffuso colpiscono tanto la vita di cittadini e imprese quanto, di conseguenza, le istituzioni pubbliche, che si finanziano prevalentemente attraverso le tasse. Mancano, d’altra parte, valori condivisi che suggeriscano scelte individuali e collettive per affrontare i problemi del mondo contemporaneo, anticipando ed evitando, ove possibile, l’intervento punitivo dello Stato. 

In un simile scenario, l’istruzione può svolgere una funzione cruciale. Può, anzitutto, affrontare a monte il grande tema della diseguaglianza sociale ed economica, offrendo ai giovani l’opportunità di scoprire, sviluppare e realizzare le proprie potenzialità e aspirare, così, ad una vita soddisfacente dal punto di vista personale e professionale. D’altra parte, la scuola ha il compito di dare al sapere un valore sociale e culturale, avvalendosi delle discipline scolastiche come strumenti per comprendere, interpretare e affrontare i problemi della società attuale e del suo modello di sviluppo.

Questa nuova centralità dell’istruzione ridisegna anche il ruolo dello Stato.

Da uno Stato che si limita a combattere povertà e diseguaglianze con imposte e sussidi, a finanziare le nuove tecnologie green o ad investire genericamente risorse nel settore sociale, si dovrebbe passare ad uno Stato che “ripensa” l’istruzione e il lavoro per consentire a ciascuno di esprimere attitudini, motivazioni e competenze e di trovare gratificazione in ciò che fa. Lo Stato dovrebbe, inoltre, promuovere una transizione ecologica non solo “tecnologica” – che peraltro non basta a fermare il cambiamento climatico – ma anche e soprattutto una transizione culturale, di stili di vita e modelli di lavoro, che costituisce la base per uno Sviluppo realmente sostenibile.

Si tratta però di capire, operativamente, con quali modalità e strumenti lo Stato potrà nei prossimi anni assicurare ai giovani un’educazione di qualità, che dia a ciascuno l’opportunità di esprimere il proprio potenziale e di contribuire, nel contempo, ad uno sviluppo sostenibile della civiltà.

Del resto, a fare educazione non è direttamente la burocrazia statale, ma le tante scuole e i tanti insegnanti che in esse operano, a stretto e quotidiano contatto con gli studenti.

La frammentazione del servizio di istruzione è peraltro favorita dall’autonomia degli istituti scolastici. Sul finire del secolo scorso, infatti, con l’ondata neoliberale dei processi di decentramento e “aziendalizzazione” dei servizi pubblici, il nostro Paese superava il modello centralistico di scuola pubblica, che prevedeva programmi e metodi d’insegnamento uniformi. In linea con lo scenario internazionale lo Stato dava spazio all’autonomia delle scuole[ii]. Queste ultime erano ritenute più idonee a proporre progetti formativi innovativi adeguati ai diversi contesti territoriali, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche degli studenti, all’interno di una società plurale e fortemente differenziata.

Tuttavia, dalla valutazione internazionale dei sistemi scolastici, effettuata dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), emerge che l’autonomia scolastica non ha portato sempre e ovunque ad un miglioramento delle scuole e dei risultati degli studenti.

Anzitutto, l’autonomia può accrescere l’iniquità del sistema. Innesca di per sé un meccanismo competitivo che non riduce, ma semmai accentua, il divario tra scuole che hanno livelli di qualità e contesti socio-familiari diversi[iii]. Presentando alle famiglie i propri progetti formativi, infatti, le scuole meglio “attrezzate” riescono ad accaparrarsi gli studenti (migliori) e maggiori finanziamenti opzionali. Quelle disagiate, invece, non sono in grado, in assenza di adeguato supporto, di offrire ai propri allievi opportunità di apprendimento soddisfacenti e rappresentano la “scelta obbligata” delle famiglie più povere, spesso di origine straniera[iv].

D’altro lato, non può esserci equità senza qualità dell’istruzione. In una realtà come la nostra, il rischio maggiore è di avere un’equità “al ribasso”: pur nelle differenze tra scuole e tra studenti, complessivamente il livello di istruzione dei nostri ragazzi è piuttosto basso al confronto con altri Paesi Ocse (anche tenendo conto delle scuole migliori)[v].

Per queste ragioni, si ritiene che l’impatto positivo o negativo dell’autonomia scolastica dipenda in gran parte dal contesto sociale, culturale e istituzionale[vi].

In particolare, sembra decisivo il ruolo che lo Stato, con le sue istituzioni centrali e territoriali, è in grado di ritagliarsi nello spazio complesso e variegato dell’istruzione, in cui interagiscono diversi attori interni ed esterni alle scuole. Nello scenario educativo operano docenti, studenti, famiglie, dirigenti scolastici nonché soggetti del territorio (imprese, enti pubblici, organizzazioni del Terzo settore) impegnati sui temi sociali e ambientali, che si confrontano quotidianamente con i problemi della realtà contemporanea e hanno interesse a collaborare con il mondo della scuola per diffondere la cultura della sostenibilità. Possiedono, per questo, un grande potenziale educativo.

In tale scenario, il ministero dell’Istruzione e del merito può giocare un ruolo decisivo se non si limita ad emanare regolamenti e circolari, imporre adempimenti formali e fornire servizi amministrativi alle scuole, ma le accompagna, con il contributo della comunità esterna, nel progettare, valutare e migliorare il servizio di istruzione.

Ma come può conciliarsi quella che appare un’ingerenza dello Stato nel fare scuola con i principi di autonomia, decentramento e sussidiarietà, che dominano l’attuale sistema d’istruzione? Come, in altre parole, si può rispondere alle istanze di differenziazione e alle esigenze dei diversi contesti scolastici, pur mantenendo l’unità del sistema e garantendo a tutti opportunità formative di qualità?

Il progetto avviato dall’Ufficio scolastico di Modena, quale Ufficio territoriale del ministero dell’Istruzione, sperimenta una possibile soluzione. Disegna un ruolo di governance per l’autorità statale che è chiamata, anzitutto, a fornire una visione progettuale, un’idea di scuola da perseguire[vii].

In particolare, nell’ambito del progetto di valutazione e miglioramento dell’Educazione civica, l’Ufficio scolastico di Modena propone alle scuole un set di standard di qualità[viii], chiarendo e specificando le priorità su cui le scuole devono lavorare e i risultati che ci si aspetta da esse.

Le priorità individuate non riguardano tanto i contenuti dell’apprendimento (cosa gli studenti devono sapere)[ix] quanto soprattutto le condizioni di apprendimento (in che modo devono apprendere). Infatti, le conoscenze e le competenze non possono essere trasferite automaticamente nella mente degli studenti, ma devono essere da loro assimilate e sviluppate in modo autonomo. Il compito della scuola consiste nel metterli in condizione di apprendere efficacemente, di comprendere e utilizzare nozioni e procedure imparate a scuola e di sviluppare attitudini e interessi, confrontandosi con i contesti e i problemi del mondo contemporaneo.

Quali sono le condizioni di apprendimento più efficaci? Tenendo conto della letteratura internazionale[x], gli standard di qualità dell’Educazione civica mirano a rivedere la didattica scolastica attraverso percorsi formativi:

- interdisciplinari e fortemente integrati con i programmi delle materie scolastiche;

- co-progettati da docenti e soggetti esterni del territorio;

- rispondenti il più possibile agli interessi e alle attitudini degli studenti;

- che li coinvolgano attivamente nel proporre soluzioni ai problemi della civiltà attuale;

-che stimolino l’interazione e il confronto tra studenti e figure esterne[xi].

La peculiarità di questo modello di governance è quella di veicolare gli standard di qualità non come obblighi da adempiere, bensì come risultati utili che scuole e soggetti del territorio hanno interesse a raggiungere. In tal modo, la governance sollecita l’autonomia scolastica come capacità di trovare soluzioni per raggiungere i risultati desiderati.

Il modello si potrebbe definire di soft authority: lo Stato si avvale dei propri poteri istituzionali e della propria autorità non in maniera coercitiva, ma per proporre un progetto e motivare gli attori in campo a realizzarlo.

Oltre a guidare gli attori del sistema-scuola con gli standard di qualità, l’Ufficio scolastico di Modena supporta anche la valutazione dei percorsi didattici, analizza le criticità che ostacolano il raggiungimento degli standard e promuove le azioni di risposta al fabbisogno.

Da questi primi anni di sperimentazione del progetto, è emerso che il sistema-scuola necessita principalmente di risorse “immateriali”.

Anzitutto, ha bisogno di risorse motivazionali e organizzative. I dirigenti scolastici coinvolti nel progetto sono stati motivati e aiutati ad esercitare la leadership nell’organizzazione scolastica in quanto hanno beneficiato del supporto istituzionale e autorevole del Ministero, per poter veicolare il progetto nelle loro scuole, in particolare nei Consigli di classe, e condividerne gli obiettivi con i docenti.

Questi ultimi, a loro volta, avevano bisogno di rinforzare la motivazione intrinseca verso il loro lavoro educativo, grazie ad un progetto che definisse una direzione chiara da seguire e i risultati da raggiungere. Questa è, insomma, un’opportunità per rompere gli schemi e le routine dell’insegnamento – dettate spesso dai libri di testo - e consentire a ciascun docente di confrontarsi con una sfida ambiziosa e potenzialmente gratificante per sé e per i propri studenti.

In tal modo, il progetto mira a potenziare anche il capitale professionale della scuola, proponendo ai docenti una formazione con obiettivi comuni e ben precisi e ricadute concrete sul lavoro quotidiano di insegnamento[xii]. Serve, infatti, ad accompagnare gli insegnanti nella progettazione di percorsi didattici di qualità, grazie al coinvolgimento da parte dell’Ufficio scolastico di realtà del territorio dotate di competenze ed esperienze adeguate.

In definitiva, il principio dell’autonomia scolastica non è rivolto soltanto alle scuole. E’, prima di tutto, un richiamo per lo Stato, sollecitato ad un ripensamento del suo ruolo - non più burocratico ma di stimolo e di governo - e ad un’assunzione di responsabilità verso l’istruzione che garantisca l’unità e la qualità del sistema scolastico, di fronte alle sfide complesse che ci attendono nel prossimo futuro.

di Pier Paolo Cairo, funzionario project manager dell’Ufficio scolastico regionale Emilia-Romagna, ambito territoriale di Modena

 

[i] Dal contenimento dell’immigrazione alla tutela dell’ambiente, si punta spesso sul diritto penale e sull’azione repressiva dello Stato, anziché pensare se in alternativa, o comunque in modo complementare ad essa, non sia più efficace lavorare sulla prevenzione, educazione, sensibilizzazione.

[ii] La legge che introduce l’autonomia scolastica è la n. 59/1997 e il regolamento attuativo è il D.P.R. 275/1999. L’autonomia delle istituzioni scolastiche viene poi riconosciuta anche dalla Costituzione con la riforma del Titolo V (legge cost. n. 3/2001).

[iii] Cfr. M. G. Dutto, L’autonomia delle scuole in Europa e altrove, Tecnodid, Napoli, 2019, p. 50.

[iv] Cfr. C. Ranci, Separati a scuola. La segregazione scolastica a Milano, OCIS - Social Cohesion Papers, n. 1/2019.

[v] Vedi dati dell’Indagine OCSE-PISA 2018, reperibili al link: www.oecd.org/pisa/publications/pisa-2018-results-volume-i-5f07c754-en.htm

[vi] Cfr. Dutto, cit., pp. 92-93. Sul punto v. anche OCSE, How decentralised are education systems, and what does it mean for schools?”, OECD Paris, 2018, pp. 3-4, reperibile al link: www.oecd-ilibrary.org/education/how-decentralised-are-education-systems-and-what-does-it-mean-for-schools_e14575d5-en

[vii] La governance statale dell’istruzione è già implicita nella Costituzione, la quale assegna allo Stato il compito di garantire una scuola unitaria, equa ed inclusiva, che promuove il pieno sviluppo della persona e la partecipazione di tutti alla vita politica, economica e sociale (artt. 2, 3, 33 e 34 Cost.).

[viii] Per conoscere il progetto si rimanda allo spazio web dedicato: https://mo.istruzioneer.gov.it/pagine-tematiche/progetti-di-ricerca/

[ix] Contenuti già definiti a grandi linee dalle Indicazioni ministeriali e dettagliati dalle scuole nella propria progettazione curricolare. Le Linee guida sull’educazione civica (D.M. n. 35/2020) indicano le aree tematiche da affrontare nei percorsi scolastici (Costituzione e legalità, sviluppo sostenibile e Cittadinanza digitale), gli obiettivi di apprendimento e i traguardi di competenza da raggiungere.

[x] Cfr. A. Schleicher, Una scuola di prima classe. Come costruire un sistema scolastico per il XXI secolo, Il Mulino, Bologna, 2020; CERI-OCSE, Apprendere e innovare, Il Mulino, Bologna 2011.

[xi] Per avere un quadro dei risultati di qualità attesi dal progetto si veda il link: https://mo.istruzioneer.gov.it/wp-content/uploads/sites/6/2022/03/Guida-operativa-progetto.pdf e https://mo.istruzioneer.gov.it/wp-content/uploads/sites/6/2022/03/Standard-di-qualita-Educazione-civica.pdf

[xii] Cfr. G. Argentin, Nostra scuola quotidiana. Il cambiamento necessario, Il Mulino, Bologna, 2021, pp. 88-89.

martedì 17 gennaio 2023