L’impatto della piattaforma sull’insegnamento
La nuova piattaforma di Google per le scuole sta avendo un grande successo, grazie ai numerosi strumenti interattivi e didattici. Si pongono però problematiche in materia di logiche dell’azienda produttrice e sfruttamento di dati, da affrontare il prima possibile.
di Luca De Biase
Il successo di Google Classroom è certamente dovuto alla sua facilità d’uso, alla completezza delle sue soluzioni tecnologiche, alla sua gratuità. Anche in Italia, la stragrande maggioranza delle scuole l’hanno adottato nel corso dell’anno 2020, durante il quale l’insegnamento a distanza è diventato universalmente utilizzato a causa della scelta di bloccare l’insegnamento in presenza per contrastare la diffusione della pandemia Covid-19. Addirittura, un’indicazione governativa che ha suggerito alle scuole di adottare preferibilmente una sola piattaforma ha influito sul successo di Google Classroom che ha il pregio di avere strumenti che servono alle lezioni in video a distanza ma anche soluzioni per ogni genere di lavoro didattico condiviso. Secondo Carlo Perrotta, Kalervo N. Gulson, Ben Williamson e Kevin Witzenberger, autori di un paper intitolato “Automation, APIs and the distributed labour of platform pedagogies in Google Classroom”, Google Classroom non porta nelle scuole soltanto una tecnologia molto utile per risolvere i problemi di digitalizzazione dell’insegnamento ma anche la riconoscibile logica dell’azienda produttrice, con le sue scelte di definizione dei ruoli e delle funzioni dei partecipanti - insegnanti, studenti, genitori, ecc. - e con il suo modo di trattare i dati.
A questo proposito, non si può non notare che la registrazione dei dati generati nel corso di attività di insegnamento nelle scuole pubbliche avviene, con Google Classroom, su server che non sono sul suolo Europeo. Il che sembrerebbe contraddire le norme sulla privacy europee. Se l’accelerata digitalizzazione delle attività in Italia dovuta alle clausure decise contro la pandemia può anche aver condotto a scelte affrettate, pensare che queste scelte debbano necessariamente continuare nei prossimi anni senza un contraddittorio è del tutto irrealistico.
di Luca De Biase, giornalista