L’industria Ue rischia di perdere la sfida nelle filiere strategiche della transizione
Il brief di Cdp sulle materie prime critiche: Europa penalizzata da limitata produzione interna e dipendenza da Paesi con un elevato rischio geopolitico. Le tre mosse per puntare all’autonomia.
di Andrea De Tommasi
L’Europa è a rischio approvvigionamento di materie prime critiche (Crm - Critical raw materials) essenziali per lo sviluppo di settori ritenuti strategici per la transizione ecologica e digitale. I Paesi Ue dipendono, infatti, all’80% dalle importazioni, con significative ricadute sulla capacità di soddisfare il proprio fabbisogno, considerando che l’offerta globale è concentrata in un numero limitato di Paesi. L’industria europea riveste anche un ruolo marginale anche nelle altre fasi delle catene del valore delle nuove tecnologie legate alle materie prime, in particolare per batterie, motori di trazione e pannelli fotovoltaici. Fanno eccezione le filiere dei beni lavorati per le celle a combustibile e per la stampa 3D, o per la fase di assemblaggio per l’eolico e la robotica, dove l’Europa è riuscita a ritagliarsi un ruolo importante.
A rivelarlo è un policy brief di Cassa depositi e prestiti (Cdp), che ha realizzato una mappatura delle risorse minerarie critiche in Europa incluse nelle supply-chain di nove tecnologie strategiche. Se per alcune materie prime, come lo stronzio e lo scandio, i produttori sono interni all’Ue o comunque Paesi caratterizzati da “buona affidabilità”, per altre materie la dipendenza risulta concentrata in Paesi contraddistinti da un elevato rischio geopolitico e da delicati rapporti commerciali e diplomatici con l’Occidente. “L’industria europea rischia di non riuscire a perseguire una leadership nelle filiere strategiche per la transizione ecologica e digitale”, si legge nello studio, “ma anche di compromettere la capacità di centrare gli obiettivi di sviluppo sostenibile, inclusivo e duraturo alla base di Green Deal e Digital Compass”.
La Cina è, di fatto, il principale player mondiale nel mercato delle materie prime critiche in Europa e principale esportatore dell’Ue di terre rare (95%). Gli Stati Uniti stanno puntando a rafforzare la propria attività estrattiva, avvalendosi delle deroghe previste dal Defense production act, che considera l’autonomia tecnologica un tema di difesa nazionale. Nell’attuale contesto di fragilità degli equilibri internazionali, rileva lo studio, l’Ue risulta, dunque, assai esposta a potenziali interruzioni nelle forniture di materie prime critiche, soprattutto se si considera che al 2050 la domanda annua di litio da parte dell’Ue potrebbe aumentare di 56 volte rispetto ai livelli attuali, quella di cobalto di 15, mentre per le terre rare decuplicherebbe.
Diventa, quindi, strategico migliorare il contributo dell’economia circolare: entro il 2040, tramite il riciclo delle batterie esauste, l’Unione europea potrebbe soddisfare oltre la metà della domanda di litio (52%) e di cobalto (58%) attivata dalla mobilità elettrica. In particolare, potenzialità interessanti potrebbero arrivare dal riciclo di prodotti tecnologici dismessi, in forte crescita e a elevata concentrazione di materie prime critiche, e rifiuti estrattivi, in Italia stoccati in grandi quantità e possibile fonte alternativa di materie prime seconde.
Il riciclo da solo non è, tuttavia, sufficiente ad assicurare l’autonomia strategica dell’Ue. Secondo lo studio, bisogna aumentare gli investimenti in tecnologie, capacità e competenze per gestire all’interno dei confini europei il ciclo di vita delle materie prime critiche, incrementando la resilienza degli ecosistemi industriali. È poi necessario puntare sul rilancio delle attività di estrazione mineraria in chiave sostenibile. A gennaio la società mineraria statale svedese Lkab ha dichiarato di aver scoperto a Kiruna, a nord del circolo polare artico, il più grande deposito europeo di metalli delle terre rare, oltre un milione di tonnellate. Tuttavia, includendo tale rinvenimento, la quota di riserve europee di terre rare passerebbe dall’1% a poco meno del 2%. Anche in Italia sono presenti giacimenti di materie prime critiche: cobalto, metalli del gruppo platino e terre rare nell’arco alpino (Piemonte e Lombardia) e litio geotermico nella fascia peritirrenica (Toscana-Lazio-Campania). Ma visti i lunghi tempi di attivazione dell’attività mineraria, nel breve periodo il contributo delle risorse nazionali alla riduzione della dipendenza estera è da ritenersi modesto.
Infine, serve puntare su partenariati strategici che consolidino le relazioni commerciali con Paesi terzi ricchi di materie prime critiche. Tra il 2021 e il 2022 l’Ue ha chiuso accordi con il Canada, l’Ucraina, il Kakistan e la Namibia.
La Commissione europea vuole affrontare questi temi nel prossimo Critical raw materials act, che sarà pubblicato a marzo, che conterrà norme per aumentare l'estrazione mineraria all'interno del continente.