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Femministe russe contro la guerra di Putin

In un incontro presso la Casa delle Donne di Milano, attiviste russe si schierano con il popolo ucraino e raccontano la difficile realtà delle donne nel loro Paese.

di Annamaria Vicini

Avere informazioni di prima mano dalla Russia è sempre molto difficile, ma in questo momento lo è ancor di più. Per questo ritengo un evento importante quello organizzato martedì 5 aprile dal Gruppo internazionale della Casa delle Donne di Milano con la partecipazione di due esponenti del femminismo russo, Maria Mikaelyan e Ella Rossman.

In collegamento online da Londra, dove attualmente si trova per motivi di studio, quest’ultima ha pronunciato parole chiare e forti contro la guerra di Putin, invitando le popolazioni europee a far pressione sui rispettivi governi affinché sospendano le importazioni di gas russo e inviino armi all’Ucraina. Tra le redattrici di un Manifesto contro la guerra, Ella Rossman è attiva all’interno di una rete internazionale che fa opera di controinformazione utilizzando soprattutto i canali social criptati come Telegram e in collegamento con un team di giornalisti fuoriusciti attualmente basato in Lituania.

Nel Manifesto, scritto in occasione dell’8 marzo, si invitano uomini e donne russi a gesti simbolici come deporre fiori davanti ai monumenti in ricordo della Seconda Guerra Mondiale e alle ambasciate ucraine sparse per il mondo perché, si legge, “le vittime di quella guerra sono spudoratamente usate dal governo Putin per giustificare i crimini di guerra che sta commettendo contro i civili di un altro paese. Dimostrate al popolo dell’Ucraina, alle donne e ai bambini dell’Ucraina, che voi state soffrendo con loro, dimostrate che le madri e le vedove della Russia non sono disposte a ricevere i loro fratelli e mariti in bare di zinco.”

L’ intervento dell’attivista non ha mancato di suscitare qualche contestazione tra le presenti all’incontro, preoccupate che l’invio di armi all’Ucraina possa innescare una spirale incontrollata e sostenitrici di una soluzione pacifica del conflitto. “Putin non tratterà mai, perché l’unico linguaggio che gli è congeniale è quello della forza”, ha tuttavia ribadito Rossman. “Io sono sempre stata pacifista, ma non possiamo ignorare che in questo momento c’è un Paese militarmente forte che ha aggredito uno più debole”.

È toccato invece a Maria Mikaelyan, da anni residente in Italia, raccontare quanto la Russia - anche in tempo di pace - non sia un Paese per donne, soprattutto se giornaliste o impegnate a livello sociale. Giornalista della Novaja Gazeta, su cui scriveva Anna Politkovskaja e da qualche giorno non più in attività, è per esempio Helena Milashina, attualmente espatriata all’estero.

Impegnate sul fronte dell’informazione sono anche Svetlana Anokhina, redattrice di Daptar e autrice di inchieste sui matrimoni forzati con giovanissime, e Olga Romanova, direttrice di Russia dietro le sbarre, che oggi vive e Barlino dopo essere stata più volte incarcerata nel suo Paese. Nel 2020 le donne incarcerate in Russia erano 42.000 con 423 figli minorenni.

È invece ex-parlamentare di Russia Unita (il partito di Putin) Oksana Pushkina, che insieme all’attivista per i diritti umani Alena Popova porta avanti la battaglia contro i femminicidi: nel 2018 i casi di donne sottoposte a violenza sono stati 23.518 e 253 le donne assassinate. Ma il dato va considerato inferiore a quello reale in quanto, ha spiegato Maria Mikaelyan, molte non denunciano per paura e la polizia spesso classifica i casi come generici omicidi.

Attiva su questo fronte è anche Mari Davtjan, avvocata e direttrice del Centro per la protezione delle vittime di violenza domestica, mentre Svetlana Gannushkina dirige la rete Migrazione e Diritto per la tutela delle donne migranti. Si stima che i migranti provenienti dalle ex repubbliche dell’Unione sovietica più povere siano sette milioni, di cui oltre il 40% è donna.

Infine Irina Maslova è la direttrice dell’associazione Rosa d’argento, che si occupa dei diritti delle prostitute. Ex prostituta lei stessa, aiuta le professioniste del sesso il cui numero è stimato in circa tre milioni. La prostituzione in Russia è reato e coloro che la esercitano, ha detto la relatrice, sono spesso ricattate dalle autorità e dagli agenti di polizia mentre la società le considera alla stregua di rifiuti umani.

Onore a queste donne, che si battono per i loro diritti in un contesto certamente più sfavorevole di quello europeo.

Il Gruppo internazionale della Casa delle donne organizzerà prossimamente un incontro che vedrà protagoniste le femministe dell’Ucraina.

di Annamaria Vicini

giovedì 7 aprile 2022