La violenza di genere, una priorità anche per il Pnrr
Necessario un approccio sistemico per il contrasto alla violenza sulle donne. Tra le questioni al centro del dibattito: housing sociale, lavoro, giustizia, rigenerazione urbana.
di Monica Cerutti
Anche quest’anno la settimana del 25 novembre, la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, ha evidenziato dati preoccupanti che riguardano non solo il numero di femminicidi, ma anche gli episodi di violenza fisica, sessuale, psicologica ed economica.
La pandemia ha contribuito a far scoppiare situazioni già presenti di violenza fra le mura di casa e contemporaneamente è emerso un sommerso grazie a una maggiore consapevolezza e conoscenza dell’opportunità di uscita offerta dai centri antiviolenza e da altri servizi.
L’impegno nella prevenzione e nel sostegno alle donne vittime di violenza dovrebbe essere una priorità tutto l’anno, anche all’interno di strategie e politiche nazionali e locali, perché l’impatto di questo fenomeno sulle persone è drammatico, e pure i suoi risvolti economici sui servizi sanitari e sociali e più in generale sul mondo del lavoro.
Serve un approccio sistemico come indicato dai Piani nazionali per il contrasto alla violenza sulle donne, elaborati in questi ultimi anni e corrispondenti risorse, affrontando le criticità che emergono dai fatti di cronaca e dalle difficoltà che chi lavora in questo ambito denuncia.
In questi anni sono stati fatti sicuramente passi avanti, soprattutto per quanto riguarda il sistema di protezione delle donne vittime di violenza, ma non sufficienti. Siamo quindi di fronte a un problema a cui far fronte più efficacemente, se guardiamo al futuro del nostro Paese. Il Pnrr, Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonostante una delle tre priorità trasversali sia proprio la parità di genere, lo tocca solo di riflesso.
L’unica progettualità che cita in modo esplicito il contrasto alla violenza di genere è l’housing sociale che potrà “ridurre i contesti di marginalità estrema e a rischio di violenza che vedono maggiormente esposte le donne”. La questione abitativa è certamente una problematica da affrontare nell’accompagnamento all’uscita da situazioni di violenza, ma non è l’unica. L’altro aspetto centrale è il lavoro: in questo caso l’aumento dell’occupazione femminile è proprio uno degli obiettivi dichiarati esplicitamente dal Pnrr con indicatori precisi da raggiungere, pur non individuando target dal punto di vista qualitativo.
Un’altra criticità è la precarietà della rete dei centri antiviolenza, che ricevono finanziamenti decisi di anno in anno, quando invece siamo di fronte a servizi che dovrebbero essere considerati essenziali, stabili nel tempo. Il Pnrr avrebbe potuto prevedere una riforma in questa direzione, insieme all’inserimento come finalità dichiarata l’intervenire più efficacemente nei casi di violenza di genere nel sistema giudiziario.
Non dimentichiamo che la Corte Europea dei diritti umani (Cedu) ha condannato sette volte lo stato italiano per non avere protetto le donne vittime di violenza e i loro figli, quattro nel 2022. Anche il Cedaw, il Comitato delle Nazioni unite, ci ha condannato per i pregiudizi diffusi nei tribunali italiani. Servirebbe, come suggerito da più parti, un codice unico sul tema della violenza di genere, insieme alla formazione obbligatoria per la magistratura e le forze dell’ordine.
Nel Pnrr si rimanda invece ad azioni specifiche nella Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026, mentre altri Piani nazionali di ripresa, come quello spagnolo e portoghese, prevedono misure proprio rivolte al contrasto alla violenza di genere.
Un’occasione persa? Forse no, se la realizzazione delle progettualità finanziate con il Pnrr terranno conto della priorità della parità di genere e laddove possibile del contrasto alla violenza di genere.
Un esempio è l'investimento del PNRR che mira a utilizzare i beni confiscati alle mafie per favorire l'inclusione sociale e abitativa delle persone fragili, fra cui le donne vittima di violenza.
L’Osservatorio sul Pnrr a cui sto lavorando con l’Associazione Donne 4.0 ha come obiettivo proprio valutare l’impatto sul divario di genere, con un focus preciso sul digitale, suggerendo possibili correttivi perché si tenga concretamente presente questa priorità.
Un esempio sono i progetti di rigenerazione urbana per i quali non ci sono indicazioni sulla parità di genere dal governo, ma le amministrazioni locali possono attuarli con questo indirizzo, dimostrando un’attenzione che va al di là delle affermazioni di principio, scontate nelle ricorrenze.
di Monica Cerutti, referente Osservatorio Pnrr Associazione Donne 4.0